Il Sole 24 Ore

Tensioni nel governo. Renzi: «Stimo Padoan»

- Barbara Fiammeri

pLa scadenza del 10 aprile, entro cui è prevista la presentazi­one del Def, fa salire le fibrillazi­oni nella maggioranz­a. È da lì che infatti si capirà - prima ancora che dalla manovrina correttiva attesa anch’essa per metà aprile - la portata e la direzione della prossima legge di stabilità. I temi sono noti, primo fra tutti la sterilizza­zione o meno delle clausole di salvaguard­ia sull’iva che solo per il 2018 valgono circa 20 miliardi. Matteo Renzi non ne vuole sapere. L’ipotesi di puntare sul fisco per aggiustare il bilancio non la prende in consideraz­ione. E il niet all’aumento delle accise nella manovrina di aggiusta- mento, tanto quanto le bordate riservate a Bruxelles contro «la disastrosa politica di austerity», lo confermano. Di presentars­i alle primarie del 30 aprile per la riconferma al leader del Pd e in prospettiv­a alla premiershi­p, con la dote di un aumento della pressione fiscale per venire incontro alle richieste di Bruxelles, non se ne parla. Non a caso dalla maggioranz­a Pd nelle ultime ore lasciano fil- trare l’apprezzame­nto per le misure a favore delle zone terremotat­e che potrebbero essere incluse nella manovrina di aggiustame­nto.

La prossima settimana, a ridosso del Def e della stessa manovrina, si terrà molto probabilme­nte un incontro chiarifica­tore tra Padoan e i parlamenta­ri del Pd. Nel frattempo però Renzi ci tiene a mostrarsi particolar­mente conciliant­e verso il titolare dell’Economia al quale - scriveva ieri sulla sua Enews - lo lega «un rapporto personale di stima e amicizia che nessun retroscena giornalist­ico riuscirà a mettere in discussion­e». Un modo per stemperare quelle tensioni con Padoan che da più parti e da tempo venivano segnalate. Silenzio invece su Carlo Calenda. Con il ministro dello Sviluppo ormai i contatti sono interrotti dopo le prese di posizione esplicite di Calenda contro i bonus elettorali. Un deterioram­ento che avrebbe potuto presagire ricadute sul governo, scongiurat­e però dalla decisione del consiglio dei ministri di calendariz­zare per la prossima settimana la fiducia sul Ddl concorrenz­a.

Ma per Renzi la difesa dell’operato del suo Governo è il cuore della campagna per le primarie. L’ex premier come al solito opta per l’attacco e nel mirino finiscono anzitutto i suoi predecesso­ri: «I conti sono peggiorati con i governi Berlusconi, Monti e Letta». Una stilettata contro chi, a partire dal suo predecesso­re a Palazzo Chigi, ovvero Letta, anche negli ultimi giorni non ha risparmiat­o critiche al renzismo. «In queste ultime settimane - stigmatizz­a ancora Renzi - si parla delle scelte dei mille giorni in modo improvvisa­to, specie sul lavoro e sul bilancio pubblico. Non vi tedio. Dico solo a chi ha voglia di discutere nel merito che la verità non è un optional. Quando si parla di numeri andrebbero rispettati i fatti».

Parole a cui i lettiani, schierati con il principale competitor di Renzi alla guida del Pd, il Guardasigi­lli Andrea Orlando, replicano altrettant­o duramente: « Nella sua ultima eFake-News», attacca il deputato Marco Meloni l’ex premier «non spiega come mai il governo Letta abbia ottenuto l’uscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivo aperta ai tempi di Berlusconi e invece ora dopo 1000 giorni di Renzi l’Italia sia nuovamente a rischio della stessa procedura di infrazione». Lo stesso Orlando - ieri a Bruxelles - ci ha tenuto a far sapere che pur condividen­do le critiche di Renzi sull’austerità nella Ue, bisogna poi essere in grado di passare «a una proposta politica» per evitare di confondere «le nostre parole con quelle dei populisti e degli euroscetti­ci».

E un primo timido segnale di questa «proposta» potrebbe arrivare proprio dalle misure previste dalla manovrina di aggiustame­nto. Un modo anche per evitare che la guerra nel Pd deflagri sul governo. E anche per prendere tempo in attesa della partita che si aprirà dopo le primarie e le amministra­tive con la legge di stabilità.

IL SILENZIO SU CALENDA Nessun riferiment­o invece alla posizione del ministro dello Sviluppo economico che nei mesi scorsi aveva criticato i bonus elettorali

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