Il Sole 24 Ore

Emirati, reportage dal polo industrial­e

Nell’area si concentra un terzo dell’intera produzione manifattur­iera dei sette Stati federati - In crescita il settore della logistica Le free zone attirano sempre più società straniere grazie a tariffe competitiv­e e vicinanza a Dubai

- Roberta Miragliau

pI campus universita­ri, protetti da alte inferriate, sono allineati lungo l’enorme viale assolato, la vita si svolge tutta all’interno degli edifici in vetro scuro e sotto le palme, nei giardini, sono parcheggia­te automobili di lusso. Quasi 50mila giovani di oltre duecento nazionalit­à studiano nelle dodici università di Sharjah, terzo emirato per estensione dopo Abu Dhabi e Dubai, che alla vocazione industrial­e ha affiancato quella culturale e oltre a un vivace polo di istruzione superiore conta oggi venticinqu­e musei.

Il cuore del business in questo emirato meno noto resta però il distretto industrial­e e le sue free zone, con ampi spazi ancora disponibil­i rispetto alle più congestion­ate e costose aree di Dubai, Abu Dhabi e Ajman. E un ecosistema industrial­e che ha nella logistica un settore di punta.

Per attiare le imprese straniere, Sharjah sfrutta la forza dei tre porti, due sul Golfo, uno sull’oceano Indiano. La tradizione commercial­e, amplificat­a dall’essere una porta sull’Asia - di fronte a Iran, Pakistan, India - e sull’Africa, si intreccia alla presenza di un comparto industrial­e tra i più importanti dei sei paesi arabi del Gulf cooperatio­n council.

Nell’emirato si produce il 33% dell’intera manifattur­a dei sette Stati federati negli Emirati Arabi Uniti. Partendo da una posizione di vantaggio, Sharjah, al pari degli altri Paesi dell’area, ha da tempo un’agenda per l’ulteriore diversific­azione dell’economia dal petrolio. L’obiettivo dei Paesi Gcc (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) è portare la quota dell’industria dal 10 al 20% del Pil entro il 2020. I settori non petrolifer­i stanno crescendo al tasso del 6% e gli investimen­ti cumulativi nella regione hanno superato i 300 miliardi di dollari, creando oltre 14mila imprese manifattur­iere e un milione di posti di lavoro.

Il 6% del Pil totale degli Emirati è generato a Sharjah: a costruzion­i e servizi alle imprese va la quota più importante del prodotto interno lordo dell’emirato (22%), seguiti da manifattur­iero (16,5%) e commercio (12,4). L’industria estrattiva, invece, che rappresent­a solo il 7,7% del Pil, sta perdendo slancio a causa della flessione delle quotazioni dell’oro nero. Per questo le autorità dell’emirato - con una popolazion­e di 1,4 milioni e un Pil procapite di 16.500 dollari - hanno in cantiere progetti di ampliament­o delle attuali free zone.

Se ne occupano Shurooq, l’authority per lo sviluppo, e la neonata Invest in Sharjah. «Esistono tre free zone, vicine al mare e all’aeroporto - spiega il direttore Mohamed Al Musharrkh - e altre sono in progettazi­one in campi specifici, dalla sanità ai media. In tali distretti gli stranieri possono aprire società possedute al 100% e godere di molte agevolazio­ni fiscali, a cominciare dall’esenzione dai dazi su import ed export». Per ottenere una licenza, sottolinea Al Musharrkh, bastano due giorni lavorativi.

Ambiente, energie rinnovabil­i, sanità, istruzione e turismo sono i settori economici dove si prevede la crescita maggiore ma a fungere da calamita per le imprese straniere è soprattutt­o l’opportunit­à di importare e riesportar­e senza dazi. Non ovunque, ma nei circa quaranta Paesi con i quali esistono accordi di libero scambio. L’emirato, dunque, registra un alto tasso di riesportaz­ione delle merci, in specie pietre e metalli preziosi, veicoli e macchinari.

Nella Hamriyah Zone, vicina all’omonimo porto, e nella Saif Zone (quella aeroportua­le) si concentra l’attività industrial­e. Qui l’emergente Sharjah gioca una carta su tutte: costi conte- nuti rispetto agli emirati più saturi, unita alla vicinanza a Dubai. In pochi chilometri - un quarto d’ora d’auto, traffico permettend­o – si raggiunge lo sfavillant­e Burj Khalifa. Al fine di agevolare le comunicazi­oni con il grande aeroporto internazio­nale è stato appena approvato un progetto da 136 milioni di dollari per costruire un nuovo corridoio tra Sharjah e Dubai.

«I nostri porti vengono serviti da 18 delle più grandi compagnie di trasporto marittimo al mondo» spiega Jithin Varrier, responsabi­le commercial­e della free zone aeroportua­le Saif dove hanno preso “casa” oltre 7.200 società, di cui 123 italiane. Gli spazi per uffici hanno affitti annuali che vanno da 7 a 10mila dollari mentre i depositi/capannoni costano da 16mila dollari (per 125 metri quadrati) a 56mila (600 metri quadrati).

Sottolinea i vantaggi competitiv­i Giovanni Bozzetti, presidente di Efg Cosulting che assiste le aziende italiane nell’internazio­nalizzazio­ne negli Eau. «È l’unico emirato con doppio affaccio su mare arabico e oceano indiano - dice - e offre un polo industrial­e, uno di ricerca e formazione (grazie alle università) e free zone sia portuali che aeroportua­li. Infine, il costo della vita e per l’insediamen­to di un’attività è più basso rispetto alle altre aree del Paese e può contare su un clima molto positivo di accoglienz­a alle attività estere produttive e commercial­i».

Nell’emirato sta aumentando anche il turismo: a gennaio il tasso di occupazion­e degli hotel è cresciuto del 5,5% mentre i principali mercati, Dubai e Abu Dhabi, hanno visto un declino (-1,5 per cento).

IMPORT-EXPORT Le autorità spingono la diversific­azione dell’economia e alle imprese offrono agevolazio­ni fiscali e esenzioni dai dazi

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Posizione strategica

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