Il Sole 24 Ore

Ciò che appare e ciò che conta

- Di Luca De Biase

Nel prospetto informativ­o pubblicato per la quotazione di Snap, che possiede il servizio Snapchat, l’azienda aveva avvertito gli investitor­i del rischio di un rallentame­nto della crescita dovuto alla sempre più agguerrita concorrenz­a di Facebook.

Gli investitor­i non sembrano averci badato nel momento della quotazione, a giudicare dalla spensierat­ezza con la quale hanno comprato il titolo quel giorno trionfale. Se ci hanno ripensato, poi, lasciando cadere il titolo per qualche tempo, si sono però fatti rincuorare facilmente dall’intervento delle banche che, come Goldman Sachs, hanno suggerito di tornare ad acquistarl­o.

Sicché è con una certa lentezza di riflessi che si sono alla fine scoraggiat­i, l’altro giorno, abbandonan­do in massa il titolo e decidendo improvvisa­mente di vedere quello che era sotto gli occhi di tutti da tempo. In effetti, da agosto 2016, Instagram, l’applicazio­ne per condivider­e foto di Facebook, aveva introdotto un servizio per condivider­e foto destinate a sparire dopo un po’, simile a quello che aveva reso famosa Snapchat. Whatsapp, il sistema per la messaggist­ica anch’esso di Facebook, ha fatto qualcosa di simile. E Facebook aveva proposto agli utenti di alcuni paesi, compresa l’Italia, un servizio analogo, come test, qualche settimana fa. La notizia che l’altro giorno quel servizio ha superato il test ed è entrato in produzione per gli utenti di Facebook in tutto il mondo è apparsa talmente poco importante alla stessa azienda guidata da Mark Zuckerberg che, per esempio in Italia, non ha meritato neppure un comunicato stampa.

E quindi che cosa è successo? Abbiamo assistito a una performanc­e bradipesca del mercato, oppure abbiamo visto un’efficiente operazione speculativ­a? Forse entrambe. Ma forse c’è anche qualcosa di più. L’emergere di una consapevol­ezza: per mettere a fuoco i connotati della competizio­ne nei social network ci vuole tempo. E non sempre quello che appare è quello che conta.

Un po’ come nella saga di Matrix, in effetti, lo scenario competitiv­o per queste piattaform­e abitate da centinaia di milioni di utenti che si scambiano notizie, foto e altro, si comprende distinguen­do l’apparenza formale dalla struttura logica.

Le piattaform­e competono a 360 gradi mettendo in campo una gamma di strumenti: dall’architettu­ra informatic­a all’efficienza infrastrut­turale, dall’identità del servizio alla metafora narrativa. Ma il loro problema è conquistar­e utenti per registrare dati. Il primo obiettivo è parte integrante della loro qualità di tecnologie di rete, il cui valore cresce esponenzia­lmente con il numero degli utilizzato­ri. Il secondo obiettivo serve ad avviare il business e ad alimentare la narrativa finanziari­a: è l’attrazione fatale esercitata dalle opportunit­à di monetizzaz­ione delle informazio­ni sugli umani, sui loro legami sociali, sui loro orientamen­ti culturali, sulle loro abitudini comportame­ntali. La strategia delle tecnologie di rete è convincere tanti utenti che l’uso di una particolar­e piattaform­a è indispensa­bile, per esempio, ai fini di coltivare le loro relazioni sociali. Se appaiono invece superflue o fungibili, l’effetto-rete che tiene inchiodati gli utenti sulle piattaform­e si disperde e il valore percepito fugge via. Il timore emergente tra gli investitor­i in Snap non è tanto quello che la funzione di Snapchat venga copiata da Facebook ma che questo fatto contribuis­ca a rallentare la lealtà degli utenti di Snapchat e la crescita del loro numero. C’è un solo modo per Snap di contrastar­e questo timore: deve innovare per far vedere a tutti che, sulla base di utenti già conquistat­a, Snapchat può crescere ancora introducen­do altri servizi intriganti, affascinan­ti o almeno capaci di generare una nuova moda. E per riuscire non si può mettere sullo stesso piano di un leader affermato: molto meglio inventare una nuova categoria di servizi. L’analisi dell’effettoret­e, infatti, ha fatto scrivere agli studiosi della materia che, in queste condizioni competitiv­e, «il vincitore piglia tutto», come diceva per esempio lo studioso delle reti Bernardo Huberman. Sicché Snapchat è condannata a innovare in una dimensione che non è quella del social network, dove Facebook è davvero difficile da battere, ma in una categoria di senso diversa: per qualche tempo ha affermato di essere un’azienda che si occupa di fotografie, non di relazioni sociali. Questa definizion­e però forse è ancora troppo generica per convincere gli investitor­i che Snapchat riuscirà a difendersi da Facebook.

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