Ciò che appare e ciò che conta
Nel prospetto informativo pubblicato per la quotazione di Snap, che possiede il servizio Snapchat, l’azienda aveva avvertito gli investitori del rischio di un rallentamento della crescita dovuto alla sempre più agguerrita concorrenza di Facebook.
Gli investitori non sembrano averci badato nel momento della quotazione, a giudicare dalla spensieratezza con la quale hanno comprato il titolo quel giorno trionfale. Se ci hanno ripensato, poi, lasciando cadere il titolo per qualche tempo, si sono però fatti rincuorare facilmente dall’intervento delle banche che, come Goldman Sachs, hanno suggerito di tornare ad acquistarlo.
Sicché è con una certa lentezza di riflessi che si sono alla fine scoraggiati, l’altro giorno, abbandonando in massa il titolo e decidendo improvvisamente di vedere quello che era sotto gli occhi di tutti da tempo. In effetti, da agosto 2016, Instagram, l’applicazione per condividere foto di Facebook, aveva introdotto un servizio per condividere foto destinate a sparire dopo un po’, simile a quello che aveva reso famosa Snapchat. Whatsapp, il sistema per la messaggistica anch’esso di Facebook, ha fatto qualcosa di simile. E Facebook aveva proposto agli utenti di alcuni paesi, compresa l’Italia, un servizio analogo, come test, qualche settimana fa. La notizia che l’altro giorno quel servizio ha superato il test ed è entrato in produzione per gli utenti di Facebook in tutto il mondo è apparsa talmente poco importante alla stessa azienda guidata da Mark Zuckerberg che, per esempio in Italia, non ha meritato neppure un comunicato stampa.
E quindi che cosa è successo? Abbiamo assistito a una performance bradipesca del mercato, oppure abbiamo visto un’efficiente operazione speculativa? Forse entrambe. Ma forse c’è anche qualcosa di più. L’emergere di una consapevolezza: per mettere a fuoco i connotati della competizione nei social network ci vuole tempo. E non sempre quello che appare è quello che conta.
Un po’ come nella saga di Matrix, in effetti, lo scenario competitivo per queste piattaforme abitate da centinaia di milioni di utenti che si scambiano notizie, foto e altro, si comprende distinguendo l’apparenza formale dalla struttura logica.
Le piattaforme competono a 360 gradi mettendo in campo una gamma di strumenti: dall’architettura informatica all’efficienza infrastrutturale, dall’identità del servizio alla metafora narrativa. Ma il loro problema è conquistare utenti per registrare dati. Il primo obiettivo è parte integrante della loro qualità di tecnologie di rete, il cui valore cresce esponenzialmente con il numero degli utilizzatori. Il secondo obiettivo serve ad avviare il business e ad alimentare la narrativa finanziaria: è l’attrazione fatale esercitata dalle opportunità di monetizzazione delle informazioni sugli umani, sui loro legami sociali, sui loro orientamenti culturali, sulle loro abitudini comportamentali. La strategia delle tecnologie di rete è convincere tanti utenti che l’uso di una particolare piattaforma è indispensabile, per esempio, ai fini di coltivare le loro relazioni sociali. Se appaiono invece superflue o fungibili, l’effetto-rete che tiene inchiodati gli utenti sulle piattaforme si disperde e il valore percepito fugge via. Il timore emergente tra gli investitori in Snap non è tanto quello che la funzione di Snapchat venga copiata da Facebook ma che questo fatto contribuisca a rallentare la lealtà degli utenti di Snapchat e la crescita del loro numero. C’è un solo modo per Snap di contrastare questo timore: deve innovare per far vedere a tutti che, sulla base di utenti già conquistata, Snapchat può crescere ancora introducendo altri servizi intriganti, affascinanti o almeno capaci di generare una nuova moda. E per riuscire non si può mettere sullo stesso piano di un leader affermato: molto meglio inventare una nuova categoria di servizi. L’analisi dell’effettorete, infatti, ha fatto scrivere agli studiosi della materia che, in queste condizioni competitive, «il vincitore piglia tutto», come diceva per esempio lo studioso delle reti Bernardo Huberman. Sicché Snapchat è condannata a innovare in una dimensione che non è quella del social network, dove Facebook è davvero difficile da battere, ma in una categoria di senso diversa: per qualche tempo ha affermato di essere un’azienda che si occupa di fotografie, non di relazioni sociali. Questa definizione però forse è ancora troppo generica per convincere gli investitori che Snapchat riuscirà a difendersi da Facebook.