Resteranno «solo» 6mila stazioni appaltanti
Da 32mila (scuole escluse) a 6mila. È un bel taglio, ma non così drastico come si immaginava un anno fa, al momento dell’approvazione della legge delega per la riforma degli appalti, quando Parlamento e Governo si erano dati l’obiettivo di ridurre a poche centinaia il numero degli enti pubblici abilitati a mettere in gara contratti per lavori, servizi e forniture. La stima riguarda il numero delle Pa che dovrebbero incontrare i requisiti di organico e curriculum stabiliti dal ministero delle Infrastrutture nella bozza di Dpcm sulla qualificazione delle stazioni appaltanti inviata alla Presidenza del Consiglio per il via libera finale. Il decreto prevede che le stazioni appaltanti possano qualificarsi a gestire le gare per quattro fasce di importo di lavori, beni e servizi, anche in base alla dotazione di personale interno con i giusti requisiti (competenze tecniche, giuridiche o economiche). «Abbiamo definito i requisiti prendendo come benchmark le ammi- nistrazioni qualificate di diritto in base al nuovo codice appalti - ha detto Antonella Nicotra, dirigente dell’ufficio legislativo del Mit, durante un seminario di Bankitalia sugli appalti pubblici -. Incrociando i parametri del decreto con i dati sulle amministrazioni in possesso dell’Anac abbiamo verificato che sono circa 6mila le stazioni appaltanti che potrebbero qualificarsi». Ad allargare un po’ le maglie pensa anche il decreto correttivo di riforma del codice che estende da tre a cinque anni il periodo che l’Anticorruzione dovrà prendere in considerazione al momento di contare il numero delle gare dichiarate nel curriculum dalle Pa che chiederanno l’iscrizione all’albo.
Sul decreto correttivo - all’esame di Parlamento, Consiglio di Stato e Regioni, prima del secondo passaggio a Palazzo Chigi - sono arrivate ieri le valutazioni «in chiaroscuro» del presidente dell’Anac Raffaele Cantone, in audizione alle Commissioni riunite di Camera e Senato. Dopo aver premesso di considerare «un errore» la scelta di intervenire su una riforma «attuata in piccolissima parte» a solo un anno di distanza dall’entrata in vigore, Cantone ha passato in rassegna quasi uno per uno i 121 articoli del decreto evidenziando le novità positive, soffermandosi soprattutto sui punti critici. Tra questi la scelta di rive- dere la separazione netta tra progettazione e lavori con una serie di deroghe «che oggettivamente reintroducono l’appalto integrato» nel codice. L’ex magistrato ha poi espresso «perplessità» sulla scelta di ridurre al minimo la verifica dei requisiti sulle imprese aggiudicatarie dei micro-appalti sotto 40mila euro. «Se ho letto bene la norma restano fuori anche i precedenti penali ostativi alla firma dei contratti pubblici. L’importo di 40mila euro può sembrare basso - è l’obiezione sollevata da Cantone -, ma frazionando gli incarichi c’è il rischio forte di fenomeni di infiltrazione criminale». Cantone si è poi detto «molto preoccupato» dalla norma che ri- definisce su base regionale l’albo dei commissari di gara esterni alle Pa. «Forse sono condizionato dalla lettura dell’ordinanza cautelare dell’inchiesta sugli appalti della procura di Napoli - ha commentato -. Ma credo che bisogna garantire il massimo dell’indipendenza delle commissioni evitando ogni rischio di "pilotaggio" delle nomine». Il numero uno dell’Anac ha poi segnalato alle commissioni «il grande ampliamento delle possibilità di subappalto» previsto con il correttivo, «con un’impostazione molto cambiata rispetto a quella approvata con il codice». Mentre una bocciatura secca è arrivata rispetto a due delle principali modifiche introdotte sul terreno delle concessioni. La prima riguarda l’innalzamento da 30% al 49% del tetto massimo per il contributo pubblico nelle iniziative di partenariato pubblico-privato. «È una scelta politica - ha rilevato Cantone -. Ma così il contributo pubblico diventa molto rilevante rispetto a una norma che aveva un forte carattere di "moralizzazione"». Il secondo punto riguarda l’estensione alle manutenzioni dei lavori che i concessionari - in primis le autostrade - potranno gestire in house, senza gara. «Per noi è la norma più problematica - ha aggiunto -. Anche dal punto di vista dei controlli da parte nostra, visto che ora si diluisce su 5 anni il periodo di riferimento per le verifiche sul rispetto dei parametri di legge». Valutazioni positive, invece, sul rating di impresa volontario e sulle semplificazioni per la qualificazione delle imprese, insieme alla richiesta di paletti temporali più rigidi per l’applicazione delle nuove norme (più severe) per gli arbitrati.
CANTONE Il presidente Anac in audizione sul Correttivo appalti: evidenziati molti punti critici, valutazione «in chiaroscuro» del decreto