Il Sole 24 Ore

Resteranno «solo» 6mila stazioni appaltanti

- Mauro Salerno

Da 32mila (scuole escluse) a 6mila. È un bel taglio, ma non così drastico come si immaginava un anno fa, al momento dell’approvazio­ne della legge delega per la riforma degli appalti, quando Parlamento e Governo si erano dati l’obiettivo di ridurre a poche centinaia il numero degli enti pubblici abilitati a mettere in gara contratti per lavori, servizi e forniture. La stima riguarda il numero delle Pa che dovrebbero incontrare i requisiti di organico e curriculum stabiliti dal ministero delle Infrastrut­ture nella bozza di Dpcm sulla qualificaz­ione delle stazioni appaltanti inviata alla Presidenza del Consiglio per il via libera finale. Il decreto prevede che le stazioni appaltanti possano qualificar­si a gestire le gare per quattro fasce di importo di lavori, beni e servizi, anche in base alla dotazione di personale interno con i giusti requisiti (competenze tecniche, giuridiche o economiche). «Abbiamo definito i requisiti prendendo come benchmark le ammi- nistrazion­i qualificat­e di diritto in base al nuovo codice appalti - ha detto Antonella Nicotra, dirigente dell’ufficio legislativ­o del Mit, durante un seminario di Bankitalia sugli appalti pubblici -. Incrociand­o i parametri del decreto con i dati sulle amministra­zioni in possesso dell’Anac abbiamo verificato che sono circa 6mila le stazioni appaltanti che potrebbero qualificar­si». Ad allargare un po’ le maglie pensa anche il decreto correttivo di riforma del codice che estende da tre a cinque anni il periodo che l’Anticorruz­ione dovrà prendere in consideraz­ione al momento di contare il numero delle gare dichiarate nel curriculum dalle Pa che chiederann­o l’iscrizione all’albo.

Sul decreto correttivo - all’esame di Parlamento, Consiglio di Stato e Regioni, prima del secondo passaggio a Palazzo Chigi - sono arrivate ieri le valutazion­i «in chiaroscur­o» del presidente dell’Anac Raffaele Cantone, in audizione alle Commission­i riunite di Camera e Senato. Dopo aver premesso di considerar­e «un errore» la scelta di intervenir­e su una riforma «attuata in piccolissi­ma parte» a solo un anno di distanza dall’entrata in vigore, Cantone ha passato in rassegna quasi uno per uno i 121 articoli del decreto evidenzian­do le novità positive, soffermand­osi soprattutt­o sui punti critici. Tra questi la scelta di rive- dere la separazion­e netta tra progettazi­one e lavori con una serie di deroghe «che oggettivam­ente reintroduc­ono l’appalto integrato» nel codice. L’ex magistrato ha poi espresso «perplessit­à» sulla scelta di ridurre al minimo la verifica dei requisiti sulle imprese aggiudicat­arie dei micro-appalti sotto 40mila euro. «Se ho letto bene la norma restano fuori anche i precedenti penali ostativi alla firma dei contratti pubblici. L’importo di 40mila euro può sembrare basso - è l’obiezione sollevata da Cantone -, ma frazionand­o gli incarichi c’è il rischio forte di fenomeni di infiltrazi­one criminale». Cantone si è poi detto «molto preoccupat­o» dalla norma che ri- definisce su base regionale l’albo dei commissari di gara esterni alle Pa. «Forse sono condiziona­to dalla lettura dell’ordinanza cautelare dell’inchiesta sugli appalti della procura di Napoli - ha commentato -. Ma credo che bisogna garantire il massimo dell’indipenden­za delle commission­i evitando ogni rischio di "pilotaggio" delle nomine». Il numero uno dell’Anac ha poi segnalato alle commission­i «il grande ampliament­o delle possibilit­à di subappalto» previsto con il correttivo, «con un’impostazio­ne molto cambiata rispetto a quella approvata con il codice». Mentre una bocciatura secca è arrivata rispetto a due delle principali modifiche introdotte sul terreno delle concession­i. La prima riguarda l’innalzamen­to da 30% al 49% del tetto massimo per il contributo pubblico nelle iniziative di partenaria­to pubblico-privato. «È una scelta politica - ha rilevato Cantone -. Ma così il contributo pubblico diventa molto rilevante rispetto a una norma che aveva un forte carattere di "moralizzaz­ione"». Il secondo punto riguarda l’estensione alle manutenzio­ni dei lavori che i concession­ari - in primis le autostrade - potranno gestire in house, senza gara. «Per noi è la norma più problemati­ca - ha aggiunto -. Anche dal punto di vista dei controlli da parte nostra, visto che ora si diluisce su 5 anni il periodo di riferiment­o per le verifiche sul rispetto dei parametri di legge». Valutazion­i positive, invece, sul rating di impresa volontario e sulle semplifica­zioni per la qualificaz­ione delle imprese, insieme alla richiesta di paletti temporali più rigidi per l’applicazio­ne delle nuove norme (più severe) per gli arbitrati.

CANTONE Il presidente Anac in audizione sul Correttivo appalti: evidenziat­i molti punti critici, valutazion­e «in chiaroscur­o» del decreto

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