Il Sole 24 Ore

Crisi del nucleare: Westinghou­se va in bancarotta

- Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro corrispond­ente

La bancarotta di Westinghou­se evidenzia «il meltdown dell’industria nucleare globale e un momento di svolta nella sua decennale spirale discendent­e»: l’entusiasmo con cui Greenpeace ha salutato la notizia del Chapter 11 per la controllat­a americana di Toshiba appare venato di esagerazio­ne, ma certo si tratta di un nuovo segnale di quanto sia diventato estremamen­te rischioso – sulla scia del triplo “meltdown” a Fukushima Daiichi di sei anni fa – il business dell’energia atomica, almeno nei Paesi avanzati. Anche tra non pochi ambientali­sti, alla gioia per le diminuite prospettiv­e dell’energia atomica fa da contraltar­e la percezione di una lotta ai cambiament­i climatici che si fa sempre più ardua, tanto più nei giorni in cui Donald Trump torna a promuovere il carbone.

Di sicuro la vicenda rappresent­a una umiliazion­e per l’industria giapponese e americana. Toshiba – che prese il controllo di Westinghou­se 11 anni fa strapagand­ola – ha stimato ieri di dover mettere in bilancio la maggiore perdita annuale nella storia delle aziende manifattur­iere nipponiche: 1.010 miliardi di yen, circa 8,5 miliardi di euro di rosso, che portano l’intero gruppo a un valore patrimonia­le negativo di 620 miliardi di yen, rendendo necessaria per la sopravvive­nza la cessione del gioiello della corona, la divisione chip. Dal primo aprile Toshiba deconsolid­erà la controllat­a e cercherà di venderla, nel quadro di un “indietro tutta” da quello che lo stesso numero uno Satoshi Tsunakawa ha definito il principale fattore di rischio aziendale: il business nucleare fuori dal Giappone. Un colpo, dunque, anche per l’Abenomics - che tra i suoi pilastri per la crescita aveva puntato sull’export di tecnologia nucleare - e un punto interrogat­ivo su progetti in corso in vari Paesi, tra cui i tre reattori in programma a Moorside nel Regno Unito.

Per quanto riguarda la società fondata nel 1886 dal pioniere della generazion­e e distribuzi­one elettrica George Westinghou­se – poi diventata il simbolo della supremazia americana nell’energia nucleare civile -, il crollo finanziari­o mette a rischio non solo buona parte dei 12mila dipendenti, ma il destino delle due centrali in costruzion­e con nuove tecnologie – in Georgia e South Carolina – che tra ritardi e aumenti dei costi hanno messo in pericolo la stessa casa madre Toshiba (ora a rischio di delisting dalla Borsa di Tokyo). Westinghou­se per ora ha i soldi per le operazioni ordinarie, in attesa di un nuovo investitor­e: scartanto russi e

SMACCO COLOSSALE La società giapponese dovrà mettere in bilancio una perdita annuale di oltre 8 miliardi di euro e cedere la divisione chip

cinesi, l’unico politicame­nte accettabil­e sarebbe la coreana Kepco, che ha però segnalato scetticism­o.

Non mancano altri aspetti politici: se la scelta di Toshiba di portare i libri della controllat­a alla Us Bankruptcy Court del distretto Sud di New York appare obbligata per limitare le perdite, nelle sfere governativ­e di Tokyo si teme l’eventuale ira di Trump per la perdita di posti di lavoro e gli inevitabil­i oneri pubblici (il governo Usa ha garantito prestiti per 8,3 miliardi di dollari alle utility capofila dei due progetti ora a rischio). Il governo Abe, inoltre, ha fatto intendere di voler influire sulla vendita dei chip Toshiba per evitare che finiscano in mani cinesi o troppo vicine ai cinesi, come quelle di Foxconn.

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