Krizia sempre più internazionale
I piani del ceo Simona Clemenza, scelta tre mesi fa dalla proprietà cinese
pUn’italiana anomala incontra una cinese forse altrettanto anomala e un direttore creativo a sua volta non facilmente inquadrabile. Parliamo di Simona Clemenza, Zhu Chong Yun e Cristiano Seganfreddo, rispettivamente amministratore delegato, proprietaria e artistic director di Krizia, lo storico marchio italiano acquistato dall’imprenditrice cinese nel 2014, un anno prima della scomparsa della fondatrice Mariuccia Mandelli, in arte Krizia.
«Sono nata a Torino nel 1973 e a 18 anni sono uscita di casa per un desiderio di autonomia e libertà. Finita l’università ho scelto di lavorare nella moda anche perché mi avrebbe permesso di viaggiare ed entrare in contatto con culture e mondi diversi – racconta Simona Clemenza –. Ed è stato così: ho lavorato per Kenzo e vissuto a Parigi, poi per Karl Lagerfeld, dividendomi tra la capitale francese e Amsterdam, dove ho casa. Quando, pochi mesi fa, è arrivata l’offerta della signora Zhu, ho visto l’occasione per mettere a frutto in Italia la mia esperienza all’estero. Partendo dalla sua storia di simbolo della creatività e capacità artigianali italiane, Krizia può diventare il più internazionale dei brand italiani di abbigliamento donna».
Una visione condivisa da Zhu Chong You, che quando aveva 29 anni (oggi ne ha 52) fondò Shenzhen Marisfrolg Fashion, un grup-
Simona Clemenza, amministratore delegato di Krizia dal gennaio 2017. Accanto a lei, il nuovo direttore artistico del brand, Cristiano Seganfreddo
po che oggi gestisce cinque marchi e 400 punti vendita fra Cina, Corea del Sud, Singapore e Macao, con un fatturato 2015 di oltre 500 milioni di euro e che in giugno ha in programma la quotazione parziale della holding.
Quando l’imprenditrice e stilista cinese acquisì Krizia, qualcuno pensò che potesse snaturare il marchio, magari portandolo in patria, dove è distribuito dal 1994 ed è molto conosciuto. Niente di più falso: «La produzione è made in Italy al 100%: la signora Zhu conosce molto bene la nostra filiera del tessileabbigliamento perché fa produrre qui alcuni dei suoi brand e sa quanto sia apprezzato il made in Italy in tutta l’Asia». Non solo: tra i primi investimenti della nuova proprietà c’è stata la riapertura dello storico negozio di via Spiga, la strada dello shopping più cara di Milano dopo via Monte Napoleone, e in occasione dell’imminente Salone del mobile sarà riaperto lo Spazio Krizia, inaugurato nel 1985 e pen- sato per ospitare scrittori, performance, mostre, concerti, dibattiti politici. Della programmazione si occuperà Cristiano Seganfreddo, appena nominato direttore artistico di Krizia, creativo dal curriculum eclettico e grande esperto d’arte, nonché docente di estetica e ideatore del Premio Marzotto per l’innovazione. Ma cosa intende Simona Clemenza per brand sempre più internazionale? «Il percepito del marchio, in tutti i Paesi europei, asiatici e negli Stati Uniti, è altissimo. Però è legato soprattutto all’idea di italianità. Il che va benissimo, ma dev’essere un punto di partenza: i Millennials pretendono uno story telling autentico e sono affamati di nuovi contenuti, coerenti con la storia del brand. Intensificheremo le collaborazioni con artisti e creativi di ogni ambito, anche per visual e vetrine, e ci piacerebbe creare dei minifilm: su internet, YouTube insegna, sono i video brevi ad avere maggior successo».
Importante inoltre lo sviluppo retail: in Cina sono già stati aperti cinque negozi, altrettanti arriveranno entro l’anno. Il brand fu acquistato per una cifra (mai confermata) di 35 milioni di euro, a fronte di un fatturato inferiore ai cinque. L’obiettivo è tornare ai momenti d’oro, all’inizio degli anni 2000, quando i ricavi avevano abbondantemente superato i 200 milioni. «Apriremo anche nelle capitali europee, dove Krizia ha avuto boutique bellissime e di grande successo – conclude Simona Clemenza –. La visione della signora Zhu è di lungo periodo: è decisa a investire molto ma non ha fretta. Tra le parole che usa più spesso ci sono studiare e riflettere». Approccio rivoluzionario, nell’era del fast fashion e di Snapchat.
Focus su retail, made in Italy e collaborazioni con artisti