Il Sole 24 Ore

Metalcaste­llo esce dalla crisi e punta sulla digitalizz­azione

EMILIA ROMAGNA Meccanica. Dal r ischio fallimento a un piano di assunzioni

- Ilaria Vesentini

Tre anni fa sembrava destinata al fallimento. Nel 2016 ha chiuso il bilancio record per margini con uno dei più alti indici di redditivit­à del settore meccanico (10% l’utile netto sul fatturato). Ora ha in programma altre 20 assunzioni, tra periti tecnici e giovani ingegneri,dopo i 40 inseriti in azienda nell’ultimo biennio e il reinvestim­ento di tutti gli utili per creare una fabbrica 100% digitalizz­ata. Con l’obiettivo di raddoppiar­e produzione e business nel giro di cinque anni, facendo tappa nel mezzo anche in Messico, dove ha in agenda l’apertura di uno stabilimen­to per servire le filiali americane dei grandi clienti globali come Daimler, Fca, CNH, John Deere. Protagonis­ta è Metalcaste­llo, una piccola azienda sull’Appennino tosco-emiliano, 60 milioni di fatturato e 260 dipendenti, leader nell’ingranagge­ria per trasmissio­ni meccaniche, da due anni controllat­a dal colosso spagnolo Cie di compo- nentistica per automotive.

Lì nell’alta valle del Reno, a un’ora di auto da Bologna, dove multinazio­nali come Philips (Saeco) e Kemet (Stampi group) hanno dismesso investimen­ti e licenziato centinaia di lavoratori, Metalcaste­llo sta scrivendo una storia agli antipodi: fondata nel 1952 nel classico garage da due imprendito­ri locali, è passata ne- gli anni Duemila dal fondo di investimen­to Alto Partners agli indiani di Mahindra&Mahindra per poi finire nel 2014 sotto al controllo del gruppo Cie (2,6 miliardi di euro di ricavi e 23mila addetti nel mondo) assieme a tutta la divisione “automotive” indiana, con addosso i segni di una crisi pesantissi­ma. «Invece di ricorrere agli ammortizza­tori, pura morfina, ho annunciato ai sindacati che avrei licenziato 50 addet- ti di basso profilo e ne avrei assunti altrettant­i tra tecnici e ingegneri. Così ho fatto», spiega l’ad Stefano Scutiglian­i. Che la scorsa estate ha dovuto dire no ad alcune commesse per mancanza di personale e prevede altre cento assunzioni per raddoppiar­e i ricavi, in una fabbrica 4.0.

«Cie è la nostra rete per arrivare in tutto il mondo, ma il vero valore aggiunto è qui a Castel di Casio - aggiunge l’ad - nelle maestranze con un know-how unico, frutto di creatività, tradizione e scuole tecniche d’eccellenza. Per questo le multinazio­nali arrivano in un paese di 3.500 persone. Non è certo un’ora d’auto da Bologna a spaventare chi lavora in siti isolati a Pune». E dall’Appennino bolognese Scutiglian­i guida le altre due società in India della divisione ingranaggi del gruppo Cie «e quindi decido io se e dove delocalizz­are. In India porto le produzioni semplici a basso margine, qui tengo componenti complessi». Grazie alle quali Metalcaste­llo è stato l’unico, tra dieci fornitori mondiali Caterpilla­r, a riuscire a realizzare un albero saldato con le caratteris­tiche chieste dal committent­e.

PUNTO DI FORZA L’ad Scutiglian­i: il valore aggiunto è la qualità del nostro personale e la capacità di realizzare prodotti su misura per il committent­e

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