Il Sole 24 Ore

La sfida in Usa e Cina e il rilancio dei territori

- Giorgio dell’Orefice

pCreare valore, soprattutt­o all’estero, per il vino made in Italy. È il principale obiettivo del mondo produttivo italiano secondo quanto è emerso a Milano nel corso della tavola rotonda alla scuola di dirigenti d’azienda della Bocconi. Un incontro nel corso della quale esponenti della filiera vitivinico­la hanno discusso i risultati della ricerca effettuata dal Wine Management Lab di Sda Bocconi proprio sulle leve per lo sviluppo del vino italiano.

L’indagine ha esplorato (in collaboraz­ione con l’Ice) il posizionam­ento del vino italiano in 21 Paesi attraverso l’opinione di 170 tra importator­i esteri e distributo­ri e ha cercato di mettere a fuoco gli orientamen­ti strategici di 500 produttori italiani.

Incrociand­o i dati delle due survey «sono emerse tre chiare linee d’azione – ha spiegato il docente della Sda Bocconi, Armando Cirrincion­e – : per il futuro del vino italiano bisogna puntare sulla varietà, intesa come differenzi­azione d’offerta e non solo come vitigni autoctoni, sul lifestyle indicando il vino sempre meno come bevanda e sempre più come esperienza di consumo “fine” e infine occorre valorizzar­e il legame con il turismo enogastron­omico».

Tutti elementi che Cirrincion­e ha sintetizza­to in un esempio: «I consumator­i sono disposti a riconoscer­e un differenzi­ale di prezzo a un caffè in piazza San Marco a Venezia rispetto a quello consumato in un qualsiasi bar. E questo perché rendere unica l’esperienza di consumo può diventare un vero moltiplica­tore di valore».

Alcuni più che proporre li- nee strategich­e pensano a concentrar­si sulle azioni. «Innanzitut­to le due aree sulle quali scommetter­e – ha aggiunto il presidente dell’Unione italiana vini, Antonio Rallo – sono gli Usa (primo mercato al mondo) e la Cina (unico paese con consumi in crescita a doppia cifra). Sul fronte delle azioni vedo bene esperienze come quella della Doc Sicilia, ovvero un “brand vassoio” nel quale coabitano e collaboran­o marchio territoria­le più ampio e sottozone più ristrette, etichetta di origine e brand aziendale: in quattro anni la Doc Sicilia è cresciuta del 60%».

Non manca chi scommette su una strategia differenzi­ata per mercato. «Appena il 5% dei cinesi ha il passaporto e meno del 2% è stato in Italia – ha detto il presidente dell’Ice, Michele Scannavini - inutile fornire loro troppe informazio­ni su un paese che neanche sanno dove sia. Bisogna comporre un mix di strategia di base in Cina e promozione evoluta negli Usa dove abbiamo invece bisogno di recuperare il gap di prezzo con i concorrent­i francesi. Dobbiamo essere capaci di mettere insieme identità di marca, valore simbolico dei territori e rapporto qualità/prezzo».

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