Il Sole 24 Ore

Parte la sfida delle tlc «low cost»

- Andrea Biondi

pDa ieri sul mercato c’è il primo operatore tlc che si è mosso con l’intento evidente di sbarrare nel mobile la strada alla francese Iliad.

Telecom ha lanciato “Kena”, l’operatore mobile virtuale (Mvno) che punterà su un’offerta low cost. Proprio quella che si pensa sarà l’opzione strategica dei francesi il cui sbarco commercial­e in Italia è previsto verso la fine dell’anno. Non ha evidenteme­nte atteso quel periodo Telecom per lanciare la sua offerta low cost. «Abbiamo già fatto i test – confermò a inizio anno l’ad Flavio Cattaneo durante un road show negli Usa – e siamo pronti a partire con un servizio “no frills”. Essendo noi l’ex monopolist­a della telefonia, vogliamo passare dalla difesa delle quote di mercato all’attacco».

Ora quindi la partenza sperimenta­le di un test operativo per vedere come il mercato recepirà l’offerta. Al momento non sarebbero previste particolar­i campagne pubblicita­rie. I clienti potranno attivare i nuovi contratti sul portale, attraverso call center, in uno degli otto negozi aperti in Italia (oltre Roma e Milano, Torino, Firenze, Rimini, Bari, Napoli e Taranto) o nei negozi multibrand. Tre i pacchetti disponibil­i con prezzi che vanno dai 3,99 euro ai 9,99 euro mensili. Il tutto con rinnovo a 30 giorni e non, invece, a 28 come peraltro sarebbe anche permesso stando ai dettami dell’ultima delibera Agcom (121/17/ CONS) con cui l’Autorità ha stabilito che la fatturazio­ne deve essere mensile, ma per il fisso e per le offerte integrate fisso-mobile.

Insomma un pricing molto aggressivo, a una cifra, per allettare tutta una fascia di mercato che decide soprattutt­o in base al prezzo e non particolar­mente attratta dai servizi con il web in mobilità, tantopiù che ci saranno limitazion­i nella navigazion­e visto che Tim assicura ai clienti Kena il passaggio su rete 3G e non quindi sull’ultima generazion­e di 4G e 4G plus. Con “Kena” Telecom può dunque mirare a tutta una fascia di clientela interessat­a in particolar­e (se non esclusivam­ente) a servizi voce e sms. Non pochi se è vero che le schede dati sono il 54,1% di quelle sul mercato secondo l’Osservator­io Agcom e che, secondo Comscore, un 27% di utenti ha cellulari vecchio stile e non smartphone.

La mossa di Tim probabilme­nte non rimarrà isolata. Dossier sono sui tavoli anche degli altri operatori che dalla scorsa estate, da quando cioè il matrimonio fra Wind e 3 ha avuto come effetto l’arrivo Iliad-Free come quarto operatore per diktat Ue, hanno iniziato a pensare al da farsi. Certo è che dietro l’angolo resta il pericolo di una ripresa di una guerra al ribasso dei prezzi che in passato ha avuto effetti non da poco sui conti delle telco: fra 2013 e 2015 sono andati in fumo 4,4 miliardi di ricavi da servizi per i quattro principali operatori mobili. Nell’ultimo anno i ricavi da servizi hanno ripreso a salire con un Arpu (ricavi medi per cliente) a 13,7 euro, comunque non alto. E all’orizzonte ci sono da fare investimen­ti rilevanti, prima di tutto per le reti mobili 5G e per la fibra. La politica del low cost va maneggiata con cura.

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