Parte la sfida delle tlc «low cost»
pDa ieri sul mercato c’è il primo operatore tlc che si è mosso con l’intento evidente di sbarrare nel mobile la strada alla francese Iliad.
Telecom ha lanciato “Kena”, l’operatore mobile virtuale (Mvno) che punterà su un’offerta low cost. Proprio quella che si pensa sarà l’opzione strategica dei francesi il cui sbarco commerciale in Italia è previsto verso la fine dell’anno. Non ha evidentemente atteso quel periodo Telecom per lanciare la sua offerta low cost. «Abbiamo già fatto i test – confermò a inizio anno l’ad Flavio Cattaneo durante un road show negli Usa – e siamo pronti a partire con un servizio “no frills”. Essendo noi l’ex monopolista della telefonia, vogliamo passare dalla difesa delle quote di mercato all’attacco».
Ora quindi la partenza sperimentale di un test operativo per vedere come il mercato recepirà l’offerta. Al momento non sarebbero previste particolari campagne pubblicitarie. I clienti potranno attivare i nuovi contratti sul portale, attraverso call center, in uno degli otto negozi aperti in Italia (oltre Roma e Milano, Torino, Firenze, Rimini, Bari, Napoli e Taranto) o nei negozi multibrand. Tre i pacchetti disponibili con prezzi che vanno dai 3,99 euro ai 9,99 euro mensili. Il tutto con rinnovo a 30 giorni e non, invece, a 28 come peraltro sarebbe anche permesso stando ai dettami dell’ultima delibera Agcom (121/17/ CONS) con cui l’Autorità ha stabilito che la fatturazione deve essere mensile, ma per il fisso e per le offerte integrate fisso-mobile.
Insomma un pricing molto aggressivo, a una cifra, per allettare tutta una fascia di mercato che decide soprattutto in base al prezzo e non particolarmente attratta dai servizi con il web in mobilità, tantopiù che ci saranno limitazioni nella navigazione visto che Tim assicura ai clienti Kena il passaggio su rete 3G e non quindi sull’ultima generazione di 4G e 4G plus. Con “Kena” Telecom può dunque mirare a tutta una fascia di clientela interessata in particolare (se non esclusivamente) a servizi voce e sms. Non pochi se è vero che le schede dati sono il 54,1% di quelle sul mercato secondo l’Osservatorio Agcom e che, secondo Comscore, un 27% di utenti ha cellulari vecchio stile e non smartphone.
La mossa di Tim probabilmente non rimarrà isolata. Dossier sono sui tavoli anche degli altri operatori che dalla scorsa estate, da quando cioè il matrimonio fra Wind e 3 ha avuto come effetto l’arrivo Iliad-Free come quarto operatore per diktat Ue, hanno iniziato a pensare al da farsi. Certo è che dietro l’angolo resta il pericolo di una ripresa di una guerra al ribasso dei prezzi che in passato ha avuto effetti non da poco sui conti delle telco: fra 2013 e 2015 sono andati in fumo 4,4 miliardi di ricavi da servizi per i quattro principali operatori mobili. Nell’ultimo anno i ricavi da servizi hanno ripreso a salire con un Arpu (ricavi medi per cliente) a 13,7 euro, comunque non alto. E all’orizzonte ci sono da fare investimenti rilevanti, prima di tutto per le reti mobili 5G e per la fibra. La politica del low cost va maneggiata con cura.