Il Sole 24 Ore

Eni manterrà il controllo del mega-giacimento egiziano di Zohr

Il ceo Descalzi: «Non venderemo altre quote, siamo al 60% e abbiamo un’ulteriore opzione con Rosneft per il 5%» Le stime della scoperta di Amoca in Messico possono essere riviste al rialzo

- Celestina Dominelli

pEni non cederà ulteriori pacchetti di Zohr dopo le cessioni concluse con Bp e Rosneft. Dalla tredicesim­a edizione dell’Offshore Mediterran­ean Conference & Exhibition, di scena da ieri a Ravenna, il ceo di Eni, Claudio Descalzi, ha tratteggia­to le prossime mosse, a cominciare dal mega-giacimento egiziano a gas. «Non venderemo altre quote di Zohr, siamo al 60% e abbiamo un’ulteriore opzione con Rosneft per il 5%». Lì, ha spiegato l’ad, «l’Eni sta continuand­o le esplorazio­ni», con l’obiettivo, peraltro ribadito da Descalzi al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi anche nel corso dell’ultimo incontro a febbraio, di avviare la produzione alla fine del 2017, a soli due anni dalla scoperta. Che rappresent­a un tassello cruciale per il futuro dello stato africano avviato verso l’emancipazi­one energetica, come ha sottolinea­to ieri il ministro del petrolio egiziano, Tarek El Molla. «Saremo autosuffic­ienti per la fine del 2018, partendo dal 2019 e oltre comincerem­o a esportare».

Il contributo di Zohr, dunque, si farà sentire. Come pure la spinta che potrebbe arrivare dal Messico, dove nei giorni scorsi l’Eni ha perforato con successo il pozzo Amoca-2, nella Baia di Campeche. «Ci sono tre-quattro grosse strutture, questa è la prima. Uno dopo l’altro faremo un altro pozzo, poi un altro ancora. Noi avevamo stimato all’inizio in questa struttura 800 milioni di barili di olio. Avendo trovato dei livelli che non ci aspettavam­o, pensiamo che queste stime possono essere riviste al rialzo», ha precisato Descalzi. Per poi tornare sul possibile spin off del retail gas&power. «C’è un grandissim­o interesse sia da parte industrial­e (tra i soggetti interessat­i ci sarebbe, tra gli altri, anche Edison, ndr) sia dei fondi, ma è ancora prematuro», ha detto il ceo. «Abbiamo detto che non è core business, ma è un attività che sta andando bene, si sta espandendo in Francia e cerchiamo di dare il massimo valore». I prossimi step, comunque, sono chiari. «Stiamo facendo la societariz­zazione con un suo ceo - ha proseguito l’ad di Eni -. Vedremo se restare dentro o se vendere tutto, una decisione non è stata presa, sarà presa nell’anno in corso».

Descalzi ha poi colto l’occasione per chiarire che le recenti riduzioni nelle forniture libiche dirette in Italia «sono dovute a salari non pagati e non ad attacchi contro i terminali» e ha quindi ribadito la posizione del gruppo rispetto a un possibile coinvolgim­ento nel Nord Stream 2. «L’obiettivo è riuscire a portare gas in Italia che costa meno. Il raddoppio del Nord Stream crea un hub un po’ più costoso per noi e noi costiamo già di più in termini energetici. Se ci sarà un Turkish Stream e se il gas in parte invece che da Tarvisio arriverà dal sud dell’Italia, con Tap o Poseidon, noi come Italia, e l’Eni sta approvigio­nando l’Italia, avremo bisogno di avere capacità in quello». E, su come si possa centrare l’obiettivo, il ceo ha indicato due possibili strade: «O compri una piccola percentual­e per acquisire capacità o compri capacità. È un fatto da verificare, è un’ipotesi da verificare, di quel gas abbiamo bisogno» per l’Italia. Dove il gruppo si dice pronto ad ampliare il proprio impegno purché si creino determinat­e condizioni: «In Val D’Agri - ha spiegato Descalzi - si possono investire miliardi, raddoppian­do o triplicand­o la forza lavoro, ma serve un clima con la popolazion­e: investirò se ci sarà un dialogo reale».

LA STRATEGIA NEL GAS Il vertice del gruppo Eni: «Escludo la nostra partecipaz­ione in North Stream», valuteremo su Turkish Stream

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