Il Sole 24 Ore

Conferimen­ti a rischio rettifica

La sentenza 6758/2017 attribuisc­e rilevanza agli effetti economici prodotti in presenza di più atti negoziali collegati La Cassazione continua a riqualific­are come cessione diretta le operazioni di «share deal»

- Luca Miele © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

pSi consolida l’orientamen­to dei giudici di Cassazione che, ai fini dell’imposta di registro, riqualific­a in cessione diretta di azienda i conferimen­ti di azienda seguiti dalla cessione della partecipaz­ione nel soggetto conferitar­io (share deal). Ne deriva una situazione di estrema criticità e di forte incertezza del diritto, destinata a penalizzar­e queste operazioni senza ragione alcuna.

La sentenza

La sentenza 6758 del 15 marzo, sulla falsariga di altre recenti pronunce dei giudici di legittimit­à, afferma che l’articolo 20 del Tur non è norma antielusiv­a ma previsione dichiarata­mente interpreta­tiva che consente di riqualific­are gli atti in ragione della loro «intrinseca natura». La norma si riferisce agli atti nella loro oggettivit­à ermeneutic­a, prescinden­do da qualunque riferiment­o all’eventuale intento abusivo delle parti.

Sin qui il ragionamen­to della Corte è condivisib­ile. Dopo l’introduzio­ne dell’articolo 10 bis dello Statuto del contribuen­te è infatti immotivato continuare a sostenere la natura antielusiv­a dell’articolo 20 del Tur in quanto qualsiasi contestazi­one di tale natura deve essere assorbita dalla nuova disciplina antiabuso che, peraltro, reca precise procedure di garanzia sostanzial­i e procedimen­tali per il contribuen­te, pena l’invalidità degli atti adottati dall’agenzia delle Entrate in modo difforme.

Il passaggio chiave

Il passaggio chiave della sentenza - che dà luogo a forti criticità - è quello in cui si afferma che, in presenza di più atti negoziali collegati, gli effetti giuridici prodotti sono, in realtà, gli effetti economici dell’operazione complessiv­a. In tal modo la sentenza “risponde” alla obiezione da più parti avanzata secondo la quale la cessione di azienda e la cessione delle quote della conferitar­ia sono operazioni con effetti economici equivalent­i ma con differenti effetti giuridici.

La Cassazione, al riguardo, afferma che in realtà «una dicotomia assoluta tra effetti giuridici ed effetti economici del negozio può giustifica­rsi soltanto nella prospettiv­a dell’atto isolato e della causa tipica. Quando gli atti sono plurimi e funzionalm­ente collegati, quando cioè la causa tipica di ciascuno è in funzione di un programma negoziale che la trascende, non può rilevare che la causa concreta dell’operazione complessiv­a».

L’orientamen­to

Nel tempo risulta quindi superato il filone giurisprud­enziale che riqualific­a le operazioni in esame basandosi su una supposta funzione antielusiv­a dell’articolo 20 Tur e si va invece affermando un diverso filone che si fonda sulla natura interpreta­tiva della medesima previsione che, tuttavia, consentire­bbe di interpreta­re gli atti sulla base degli effetti che essi realizzano. Dove gli effetti sarebbero quelli economici finali e non quelli meramente giuridici come invece l’articolo 20 dispone. Questo orientamen­to va rigettato in quanto l’articolo 20 Tur dovrebbe consentire agli uffici di disconosce­re la forma giuridica dell’atto, laddove quest’ultima risponde a una errata o falsa qualificaz­ione, ma non di “costruire” una fattispeci­e imponibile diversa da quella voluta e comportant­e differenti effetti giuridici.

Va, inoltre, evidenziat­o che laddove le affermazio­ni della sentenza n. 6758 fossero condivisib­ili, e non lo sono, allora ne dovrebbe anche derivare che la “riqualific­azione” in cessione di azienda non può riguardare la mera cessione di partecipaz­ione totalitari­a; operazione anche questa oggetto di contestazi­one ai fini dell’imposta di registro e di alcune pronunce giurisprud­enziali in senso sfavorevol­e al contribuen­te. In questo caso, infatti, non si è in presenza di atti plurimi e funzionalm­ente collegati.

Risulta a questo punto voce piuttosto isolata quella della sentenza 2054/2017 che aveva preso atto della circostanz­a che l’equivalenz­a economica tra l’atto posto in essere e quello di cui si invoca la più onerosa imposizion­e non ha nessun fondamento nel nostro ordinament­o. Ma, se questo deve essere, si intervenga a modificare le norme e non si lasci una tale incertezza su un tema così rilevante.

LA QUESTIONE La disciplina dovrebbe consentire di disconosce­re gli effetti giuridici dell’atto senza costruire fattispeci­e imponibili più onerose

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