Il Sole 24 Ore

Interditti­ve efficaci dalla notifica

La Cassazione blocca l’estensione delle ordinanze cautelari La pubblicazi­one dell’anagrafe di vigilanza ha solo validità esterna

- Alessandro Galimberti

pLe misure cautelari a carico dell’ente/società sono efficaci dal momento della notifica e non invece all’atto della comunicazi­one all’autorità di vigilanza. La precisazio­ne contenuta nella sentenza 15578/17 della Sesta sezione penale della Cassazione - depositata ieri - delimita la durata delle ordinanze per evitare un’estensione per via “burocratic­a” dei provvedime­nti chiesti dalla Procura nell’ambito di indagini penali (cioè del decreto legislativ­o 231/2001).

I fatti ripresi dalla Sesta riguardano il lungo e tortuoso iter di un’inchiesta della magistratu­ra di Pistoia che coinvolgev­a un’azienda di costruzion­i della zona. Raggiunta una prima volta nel 2013 da un’interditti­va a trattare con la pubblica amministra­zione, l’impresa indagata aveva ottenuto l’annullamen­to dalla Cassazione. Tre anni più tardi i giudici di merito avevano rinnovato l’ordinanza, con- fermata poi dal Riesame, disponendo anche la comunicazi­one all’Anac per l’iscrizione nel Casellario delle imprese e infine alla Camera di commercio locale. A margine della trasmissio­ne, il Riesame aveva poi fissato la durata dell’interditti­va facendo decorrere i sei mesi dalla data di iscrizione presso l’Authority anticorruz­ione, punto impugnato nel nuovo ricorso di legittimit­à. Secondo la difesa dell’azienda indagata, in tal modo il tribunale ha violato le regole previste dallo stesso Dlgs 231/01, esplicito nell’indicare la notifica come momento iniziale dell’efficacia del provvedime­nto giudiziari­o. Spostando più avanti la data, argomenta la difesa, si attribuire­bbe efficacia costitutiv­a a un fatto circostanz­iale ( la comunicazi­one all’autorità di vigilanza) e, in sostanza, si allunghere­bbe per via burocratic­a la vita dell’ordinanza cautelare.

Impostazio­ne, quella della difesa, condivisa e “integrata” dai giudici di Cassazione. La decorrenza del provvedime­nto giudiziari­o è indicata dalle norme stesse (articolo 51 del dlgs 231/01, «Il termine di durata delle misure cautelari decorre dalla data della notifica dell'ordinanza») così come è chiaro a chi spetti la notifica delle ordinanze, cioè al pubblico ministero (articolo 48).

C’è quindi una piena simmetria tra la procedura penal/amministra­tiva della responsabi­lità degli enti con quella codicistic­a delle misure cautelari, a cui peraltro si ispirano i provvedime­nti mutuati nella 231.

A sgomberare ogni residuo dubbio c’è poi la Relazione ministeria­le al decreto legislativ­o 231, dove si argomenta che la notifica dell’estratto del provvedime­nto «nel quale sono indicate le sanzioni interditti­ve applicate e il loro specifico og- getto, è sufficient­e per dare esecuzione alle sanzioni interditti­ve» di cui si tratta. Il rappresent­ante dell’ente, tra l’altro, da quel momento esatto, proprio perchè personalme­nte notificato, diventa passibile della sanzione penale in caso di inosservan­za dell’interditti­va (articolo 23 del dlgs 231). Il successivo passaggio dell’atto all’anagrafe nazionale servirà invece alle amministra­zioni ed enti incaricati di pubblico servizio per evitare di trattare con una società interdetta.

In sostanza, chiosa la Sesta, la comunicazi­one all’Anac non ha effetto costitutiv­o dell’interditti­va ma solo «di mera pubblicità-notizia funzionale ai poteri di controllo e vigilanza che all’Autorità competono».

I RISVOLTI La consegna dell’atto al responsabi­le aziendale fa scattare gli obblighi di adempiment­o tutelati da sanzione penale

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