Il vizio antico della «riqualificazione»
pU n diffuso senso di disorientamento in chi opera nel mondo del M&A e delle operazioni straordinarie: questo l’effetto della sentenza 6758.
La pronuncia riguarda il caso della combinazione conferimento ( o apporto) – share deal, riqualificato (sarebbe meglio dire, oramai, “qualificato”), ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti, in asset deal sub specie di vendita diretta dei beni di primo grado ai sensi dell’articolo 20 Tur. Tale giurisprudenza nasce con riferimento a fattispecie elusive/abusive, se non addirittura evasive (cessione di azienda “spezzatino” e conferimenti immobiliari con accensione di mutui accollati alla conferitaria), ma finisce oggi per riguardare operazioni che di elusivo/abusivo non hanno nulla. E ciò muovendo dalla tesi circa la natura “interpretativa” e non già antielusiva dell’articolo 20 Tur.
Il timore che tale giurisprudenza venga confermata anche con riferimento a sequenze negoziali diverse (per esempio share deal che segue una scissione) o, addirittura, al caso del solo share deal avente a oggetto la totalità delle partecipazioni dell’involucro societario (e perché non anche allora quelle di solo controllo ?) - pure questo, secondo un orientamento delle Entrate, da (ri)qualificare, ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti, in asset deal - determina così una situazione di incertezza nell’area delle operazioni straordinarie.
Il ricorso allo share deal, che sia preceduto o seguito da una operazione straordinaria, è infatti divenuto rischioso e finisce con l’orientare le parti, dove possibile e se non si è disposti a gestire il rischio della (ri)qualificazione, verso la circolazione diretta dell’azienda (asset deal). Gestione che è non è affatto indolore se si pensa ai costi dell’eventuale conten- zioso e comunque dell’impegno che richiede la contrattualistica necessaria a fronteggiare la solidarietà delle parti ai fini dell’imposta di registro dovuta per effetto della riqualificazione.
Senza considerare, peraltro, che la (ri)qualificazione può attivare ulteriori iniziative e tra queste un accertamento di maggior valore dell’azienda o del ramo d’azienda trasferito con lo share deal (ri)qualificato (con conseguente applicazione di sanzioni).
Cosa fare dunque per superare l’impasse in cui si trovano oggi le operazioni straordinarie?
Già escludere che la (ri)qualificazione da articolo 20 Tur possa riguardare la cessione di partecipazioni (totalitarie) isolatamente considerata, cioè non preceduta o seguita da altre operazioni, sembrerebbe, alla luce della sentenza 6758, un risultato importante.
Per i casi di share deal preceduti o seguiti da conferimenti (o apporti in genere), scissioni o fusioni, nonostante la contraria opinione manifestata dai giudici di legittimità, in teoria esisterebbe lo spazio per un intervento delle Se- zioni unite che riconduca la (ri)qualificazione in oggetto nel suo ambito naturale ossia nell’ambito della strumentazione anti-abuso di cui all’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Esistono infatti precedenti della Suprema corte in cui si afferma che un conto è cedere partecipazioni, altro il bene sottostante (bene di primo grado); e il conferimento, la scissione o la fusione che preceda o segua lo share deal non si vede come possa determinare una diversa conclusione.
Del resto, una volta esclusa la legittimità della (ri)qualificazione ai sensi dell’articolo 20 Tur, l’amministrazione finanziaria non rimarrebbe senza tutela posto che vi sarebbe la protezione dell’articolo 10 bis dello Statuto e comunque quella fornita, per i casi di vera e propria evasione, da specifiche disposizioni del Tur. Latitante la Suprema corte, non rimarrebbe altro che intervenire sul Tur integrando l’articolo 20 con la previsione che consenta la (ri)qualificazione solo in presenza dei presupposti previsti dall’articolo 10 bis dello Statuto.
LA SOLUZIONE Opportuno un intervento delle Sezioni unite L’articolo 10 bis dello Statuto tutela l’amministrazione