Ma le difese del mercato sono ancora in piedi
Il pugno di ferro di Trump a difesa delle frontiere americane potrebbe abbattersi sulle esportazioni di alcuni tra i prodotti orgoglio degli europei e preferiti dagli americani: i tartufi, il Roquefort, il prosciutto, i pomodori e diversi altri. Un’ottima e facile occasione a basso costo per il Presidente per nutrire la famelica pancia populista. Ma, per quanto simbolicamente assai grave e onerosa per le imprese colpite, non è necessariamente il primo passo di una deriva protezionistica.
Le misure farebbero gran rumore, ma non violerebbero gli accordi globali sul commercio (essendo già state autorizzate) e dunque l’Europa non avrebbe a sua volta modo di rivalersi. Sono il residuo di una vecchia diatriba tra Usa e Ue sulle restrizioni europee all’import di carne bovina trattata con ormoni. Risalgono al 1999, quando la Wto riconobbe che le restrizioni introducevano un’effettiva distorsione del commercio internazionale e autorizzò gli Stati Uniti a rivalersi, con dazi sui beni importati dall’Europa. Nel gennaio 2009 i dazi vennero aboliti sulla base di un accordo in cui l’Europa si impegnava a importare quantitativi crescenti di bovini americani di alta qualità non trattati con ormoni. I produttori americani sostengono che in realtà il mercato europeo non si è mai aperto e chiedono all’amministrazione di applicare nuovamente i dazi. Essendosi persa l’occasione della Transatlantic trade and investment partnership (Ttip), dove la questione sarebbe stata regolata una volta per tutte, ora gli americani hanno mano libera. Per quanto assai dolorosi per gli esportatori del settore (vedi le moto Piaggio, Ktm o Husqvarna, o gli esportatori di tartufi), i dazi autorizzati dalla Wto sono limitati, non possono generare introiti per più di di 116 milioni di dollari l’anno.