Orban vuole la chiusura dell’università di Soros
L’Ungheria di Viktor Orban sta per introdurre una legge sulle università che costringerebbe George Soros a chiudere la Central European University. Il provvedimento del governo attacca direttamente, ancora una volta, le attività di Soros, considerato dal premier Orban «un nemico della patria» al servizio «dei poteri forti». Per il rettore della Ceu, Michael Ignatieff, «le nuove regole sono inaccettabili, minacciano la libertà accademica in Ungheria e prendono di mira con volontà punitiva la nostra università». Del tutto inutile l’incontro di ieri mattina nel quale Ignatieff ha chiesto al ministro dell’Istruzione Laszlo Palkovics di ritirare le norme.
La Central European University è stata fondata da Soros 26 anni fa dopo il crollo dell’Unione sovietica. È considerato uno dei migliori atenei dell’Europa centro-orientale, offre corsi in inglese a 1.800 studenti provenienti da 117 Paesi. I suoi titoli sono riconosciuti in Ungheria e negli Usa. Le nuove regole imporrebbero alla Ceu una serie di condizioni che renderebbero di fatto impossibile ogni sua attività nel Paese: uno specifico accordo bilaterale tra Ungheria e Usa (e quindi con Donald Trump che si è spesso scontrato duramente con Soros); la realizzazione di un campus nel Paese d’origine, quindi negli Usa (una richiesta difficile da soddisfare per l’ateno che ha un’unica sede a Budapest). «Non si tratta di un’azione contro la Ceu e nemmeno contro Soros», ha assicurato il ministro Palkovics ribadendo che la legge verrà approvata presto. Ma quella del governo nazional-populista contro il miliardario di origini magiare sembra un’ossessione.
George Soros, nato a Budapest nel 1930, è emigrato a Londra nel 1947 dove ha studiato alla London School of Economics per poi prendere la cittadinanza americana. Finanziere miliardario, attivista politico, filantropo, con la sua Open Society Foundations ha speso, negli ultimi trent’anni, più di 1,6 miliardi di dollari per sostenere la democrazia e lo sviluppo nell’Europa dell’Est. In Ungheria finanzia oltre 60 organizzazioni non governative «che promuovono l’informazione indipendente e si battono contro la corruzione». Oltre alla Ceu Soros aiuta i giovani ungheresi con numerose borse di studio per studiare all’estero: lo stesso Orban nel 1989, quando era uno dei leader della protesta contro la Russia comunista, riuscì a studiare alla Oxford University grazie a una di queste borse.
Già a metà gennaio Szilard Nemeth, numero due di Orban nel Fidesz, il partito che governa l’Ungheria dal 2010, era stato chiaro: «Verranno usati tutti i mezzi per spazzare via» le organizzazioni di Soros, aveva detto, rimarcando la congiuntura favorevole tra populismi europei in ascesa e l’ingresso di Trump alla Casa Bianca. Janos Lazar, ministro che ha la responsabilità dell’Ufficio del premier, aveva spiegato: «È evidente che dobbiamo avere maggiori informazioni sui bilanci e sui finanziamenti di queste organizzazioni. Soros è un cittadino americano che ha deciso di opporsi a Viktor Orban nella politica ungherese e per questo ogni cittadino ungherese ha il diritto di sapere attraverso quali strumenti agisce». L’Ungheria segue così l’esempio della Russia di Vladimir Putin che già dal 2015 ha messo sotto osservazione le organizzazioni non gradite al regime.
Orban guarda anche alle elezioni generali del 2018 e non vuole intralci nella sua deriva autoritaria. «Orban ha riscritto la Costituzione accentrando i poteri, controlla tutti i media, le scuole, le università, tiene in pugno anche la Corte costituzionale», dice Ferenc Gyurcsany, la figura più carismatica dell’opposizione. «Non c’è dubbio che quello del governo sia un attacco diretto alla Ceu. Ma noi abbiamo sempre agito in modo corretto, questa università non si piegherà di fronte alle intimidazioni e alla forza», ha detto il rettore Ignatieff, già leader del Partito liberale canadese. In un comunicato ufficiale l’Open Society Foundation denuncia come il governo ungherese stia cercando di «ridurre al silenzio la libertà accademica in un’università privata e indipendente», mettendo a rischio «la credibilità dell’Ungheria».
RESA DEI CONTI Per il premier nazionalista, il miliardario di origine magiara è un nemico della patria oltre che un ostacolo in vista del voto del 2018