Il Sole 24 Ore

Sul debito di Roma il peso dei creditori ignoti

- M.Per.

Sul debito non finanziari­o residuo di Roma Capitale è nebbia fitta. Il 60% dei creditori commercial­i, per un importo di circa 2 miliardi, «è riferito a soggetti non identifica­ti». Le partite da circa 1,5 miliardi relative a contenzios­i ed espropri sono raggruppat­e in macrovoci, il cui valore deriva da mere valutazion­i e stime. Il risultato è «la mancata disponibil­ità di una massa passiva definita e certa» che inficia sia la quantifica­zione definitiva del debito sia l’obiettivo del superament­o della gestione commissari­ale.

A certificar­e il fallimento e, neanche tanto velatament­e, a sollecitar­e gli uffici del Campidogli­o ad accelerare il lavoro per fare chiarezza sulla nebulosa dei creditori è la commissari­a straordina­ria per il piano di rientro del debito pregresso, Silvia Scozzese, nella relazione al Parlamento depositata martedì scorso.

Questa è la premessa per addentrars­i nelle cifre, a cominciare dai quasi 9 miliardi di debiti finanziari (di cui 3,9 di soli interessi), riferiti ai 1.469 contratti di mutuo accesi con Cassa depositi e prestiti e agli ultimi due derivati rimasti in pancia. Una voce il cui valore mark to market ha più che raddoppiat­o il passivo, passando da 19 milioni del 2011 ai 41 milioni del dicembre scorso. Altri quattro swap sono stati chiusi tra il 2011 e il 2012 con una modalità che Stefano Fassina, consiglier­e capitolino di Si ed ex viceminist­ro dell’Economia, continua a bollare come «inspiegabi­le», chiedendo subito un’assemblea straordina­ria sul debito. Al conto vanno aggiunti gli 1,2 miliardi di «saldo commercial­e» e che sono il frutto del “dare e avere” tra i 3,2 miliardi di debiti commercial­i avvolti nella nebbia e degli 1,8 miliardi di massa attiva.

In che misura e fino a quando tale situazione finanziari­a saràe sostenibil­e? Nella relazione Scozzese prova a fornire una risposta: fino al 2018. Al momento il valore annuo netto tra le risorse finanziate (10,9 miliardi) e la somma di debito finanziari­o e saldo commercial­e è positivo per 638 milioni. Tuttavia dal 2019 potrebbe sopraggiun­gere una «crisi di liquidità». Il perché è presto detto. Dei 500 milioni che la gestione commissari­ale ottiene ogni anno per ripagare il debito (di cui 300 milioni a carico dello Stato e 200 dai cittadini tramite la più addizional­e comunale Irpef d’Italia e la sovratassa commissari­ale sui diritti d’imbarco dei passeggeri in volo dalla capitale) circa 180 annui se ne andranno fino al 2040 per ripagare l’operazione di attualizza­zione del debito decisa nel 2011. Quando si è scelto di monetizzar­e in una volta sola 6,4 dei 15 miliardi assicurati dallo Stato per tutto il trentennio, incassando liquidità per 4,5 miliardi con un costo netto di 2. E un introito per la gestione commissari­ale che scende a 320 milioni. Un fattore di rischio aggiuntivo è la scadenza nel 2048 del Buono ordinario comunale (un titolo bullet, che andrà rimborsato in un un’uni- ca soluzione) acceso in tre tranche a partire dal 2003 per affiancare i derivati poi chiusi. Per scongiurar­e il pericolo, Scozzese mette nero su bianco l’avvio di una gara pubblica per reperire uno strumento finanziari­o che permetta di recuperare l’equilibrio di liquidità.

E in Campidogli­o? L’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo assicura di aver offerto a Scozzese «la massima collaboraz­ione degli uffici per la ricognizio­ne della massa passiva» perché «fare chiarezza sulle disastrose amministra­zioni del passato è anche un nostro obiettivo». Ma aggiunge: «Resta giuridicam­ente insormonta­bile l’autonomia del commissari­o che ha tutti i poteri per verificare lo stato della massa passiva. Non solo. Il problema della gestione e della sostenibil­ità del debito pregresso è del governo, che deve mettere in campo tutte le misure normative idonee, anche con una rinegoziaz­ione dei mutui troppo onerosi».

LA REPLICA DELL’ASSESSORE Mazzillo: «Massima collaboraz­ione ma spetta al governo trovare soluzioni, anche con la rinegoziaz­ione di mutui troppo onerosi»

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