Toghe in politica, arriva il sì della Camera: 3 anni di limbo dopo il mandato
Un primo passo. Forse ancora troppo timido però. Anche solo rispetto a quanto chiese il Csm. La Camera ha approvato ieri il disegno di legge che istituisce una serie di paletti nel rapporto tra magistrati e politica. Il testo ora torna al Senato che lo aveva già approvato in una versione differente anche su punti significativi. Le opposizioni, Movimento 5 Stelle e forze di centrodestra, non hanno partecipato al voto, mentre si sono astenuti Si e Mdp.
Nel dettaglio, il disegno di legge prevede condizioni sia in ingresso sia in uscita per le toghe interessate alla politica nelle istituzioni, dal Parlamento nazionale o europeo al Governo, agli enti locali. Interessati tutti i magistrati, ordinari, amministrativi, contabili e militari, in attività o fuori ruolo.
Il magistrato che si presenta alle elezioni non potrà candidarsi nella circoscrizione (o nell’ambito territoriale) elettorale dove ha svolto le funzioni nei 5 anni precedenti e dovrà essere in aspettativa da almeno 6 mesi. Nessun divieto se si è dimesso o è in pensione da almeno 2 anni. Il magistrato a fine mandato o a fine incarico sarà collocato in un distretto di Corte d’appello diverso da quello che comprende la circoscrizione dove è stato eletto. Per 3 anni non potrà ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi; non potrà svolgere la funzione di pubblico ministero, ma solo quelle giudicanti collegiali. Stop alla possibilità per sindaci o assessori in enti locali di svolgere insieme funzioni giudiziarie e funzioni politicoamministrative in ambiti territoriali diversi. La carica elettiva o l’ incarico di governo, a qualunque livello, obbliga all’aspettativa (con collocamento fuori ruolo).
Se non eletto, il magistrato rientra in un ufficio che non ricade nella circoscrizione di candidatura e per 2 anni non può esercitare funzioni inquirenti. Chi si candida o accetta incarichi di governo al di fuori delle regole verrà sanzionato sul piano disciplinare, rischiando una sanzione non inferiore alla perdita di anzianità per quattro anni.
Un anno e mezzo fa, nell’ottobre 2015, il Csm aveva invece sollecitato il Governo ad adottare misure più intransigenti soprattutto sul versante del reingresso in magistratura. Veniva infatti chiesto di disciplinare i casi in cui il prolungato svolgimento di attività politico istituzionali impone al magistrato di abbandonare la toga, alla fine della esperienza politica, e di entrare nei ranghi dell’Avvocatura dello Stato o della dirigenza pubblica.
Nella versione originaria del disegno di legge approvata al Senato era stata prevista, tra l’altro, una nuova causa di astensione o ricusazione del magistrato, da collocare nel Codice di procedura penale, che avrebbe evitato, per esem-
COSA È RIMASTO FUORI Nel passaggio a Montecitorio è saltata la norma che avrebbe evitato il caso Minzolini-Sinisi. Norme meno dure rispetto alle sollecitazioni del Csm
pio, un caso Minzolini-Sinisi (un parlamentare giudicato, tra gli altri, da un ex politico di parte avversa). Detto che Minzolini si guardò comunque dal ricusare Sinisi, la versione originaria del disegno di legge prevedeva un obbligo di astensione quando il magistrato, anche solo candidato a una consultazione politica, si fosse trovato a giudicare una parte che nei 5 anni precedenti aveva a sua volta partecipato a un’elezione.
Nullo l’impatto del disegno di legge sul presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, candidato alla guida del Pd. Oggetto della legge è l’esercizio dell’elettorato passivo e le relative conseguenze, mentre, per la partecipazione all’attività politica, come la segreteria di un partito, da parte di un magistrato resta in vigore il divieto previsto dall’ordinamento giudiziario. Proprio su questo punto lunedì si terrà al Csm l’udienza disciplinare su Emiliano, difeso dal procuratore di Torino Armando Spataro.