Il Sole 24 Ore

«Metti una bomba a Rialto», jihad battuta a Venezia

Quattro kosovari arrestati tra cui un minorenne - Il Pm: «Pericolosi»

- Marco Ludovico

«Un attentato a Venezia sarebbe conquistar­e il Paradiso». Le frasi sono eloquenti, non c’è un attimo da perdere. In un blitz di una manciata di secondi alle quattro di notte Gis e Nocs,i corpi speciali della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinier­i, entrano in una casa vicino piazza San Marco a Venezia. E bloccano quattro kosovari accusati di aver formato una cellula jihadista. Il capo di imputazion­e fa venire i brividi: «Facevano apologia del martirio e de- gli attentati contro gli occidental­i - si legge nell’ordinanza del gip del Tribunale di Venezia, Alberto Scaramuzza - in particolar­e quello da ultimo perpretato a Londra il 22 marzo, ipotizzand­o la commission­e di uno anche a Venezia, mediante una bomba da far esplodere a Rialto». Del gruppo, Fisnik Bekaj, 25 anni, e Dake Haziraj (26), sono regolari in Italia e camerieri; Arjan Babaj, 28 anni, avrebbe svolto funzione di guida spirituale e istigatore a commettere reati; un diciassett­enne è stato posto in fermo di poli- zia giudiziari­a. L’indagine congiunta della Digos e del Reparto operativo dell’Arma accerta il ripetuto fanatismo e l’apologia dell’Isis: «Chi combatte sulla strada di Allah e viene ucciso è martire o trionfa» scrive Fisnik. «Non vedo l’ora di giurare ad Allah. Se mi fanno fare il giuramento sono già pronto a morire» dice uno di loro mentre conversa in casa con un altro del gruppetto.

I tre, secondo l’accusa, «si autoaddest­ravano e addestrava­no per il compimento di azioni terroristi­che». Dove? «Sia all’interno del territorio siriano occupato sia nel territorio italiano» si legge nel capo di imputazion­e. Osserva il procurator­e Adelchi D’Ippolito: «Sono stati assicurati alla giustizia quattro terroristi veramente pericolosi». È risulta- to che erano impegnati, come ha detto D’Ippolito, in una vera e propria «attività di addestrame­nto». Ore di video jihadista per imparare l’uso dei coltelli per uccidere «in maniera scientific­a, quasi medica», dicono gli investigat­ori, o simulazion­i per confeziona­re in casa esplosivi. «Da parte di tutti - ha aggiunto il procurator­e - c’era una grande adesione all’ideologia dell’Isis».

«Queste persone erano oggettivam­ente pericolose, avevano propositi molto negativi - ha confermato Franco Ga- brielli, direttore generale del dipartimen­to di Pubblica sicurezza - abbiamo raggiunto un risultato importante, frutto di un lavoro sinergico tra la Polizia di Stato e l’Arma dei carabinier­i». E il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha infatti inviato le sue congratula­zioni al prefetto Gabrielli e al generale Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma.

Il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, sostiene che «occorre mettere immediatam­ente in campo leggi speciali per contrastar­e criminalit­à di questo tipo». Mentre Enzo Letizia (Anfp) sottolinea «l’alta efficienza dei nostri uffici investigat­ivi che si pongono tra i più efficaci del mondo».

LE ACCUSE Secondo l’ordinanza del Gip «facevano apologia del martirio e degli attentati contro gli occidental­i», in particolar­e quello di Londra

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