Un fronte comune sulla tutela dei beni
Un fronte comune nella lotta alla distruzione e al traffico del patrimonio, perché da quell’impegno esca rafforzata la volontà di tutelarlo in tutte le sue forme (materiali e immateriali, mobili e immobili), considerato che la cultura è un «nesso straordinario tra il passato, il presente e il futuro dell’umanità» e contribuisce «a preservare l’identità e la memoria dei popoli e favorisce il dialogo». È quanto si legge nel documento sottoscritto ieri a Firenze dai ministri della Cultura dei sette Paesi più sviluppati nel corso del primo G7 dedicato al tema, incontro che proseguirà oggi. Un appuntamento voluto dall’Italia, che a gennaio ha assunto la presidenza del G7, e in particolare dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, e che precede il summit che si terrà a Taormina a fine maggio.
Per un simile debutto non si poteva immaginare scenario più appropriato: Firenze è stata, infatti, culla, tra il Trecento e il Cinquecento, delle arti e questo importante passato si è riaffacciato anche ieri con l’apertura del percorso del Principe, il collegamento progettato da Vasari che unisce Palazzo Vecchio agli Uffizi e che era finora chiuso.
Ci sono, però, beni che nel mondo corrono seri pericoli, minacciati e distrutti dalla furia dei terroristi, come è avvenuto, per esempio, a Palmira, in Siria. La dichiarazione di Firenze firmata ieri ha richiamato, pertanto, l’attenzione di tutti gli Stati perché vengano adottate «misure robuste ed efficaci per contrastare il saccheggio e il traffico di beni culturali dal loro luogo d’origine, in particolare dai Paesi in situazione di conflitto e di lotte intestine». Impegno che si deve estendere al divieto dei beni trafugati, che in questi ultimi tempi sono spesso serviti per foraggiare il terrorismo.
In questo senso, i ministri del G7 hanno chiesto all’Onu, che la settimana scorsa ha votato una prima risoluzione in tale direzione, di includere nelle missioni di pace una componente dedicata alla salvaguardia dei beni artistici. L’Italia, al riguardo, fa da battistrada perché è già operativa una task force di 60 persone, formata da 30 carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio e altrettanti funzionari dei Beni culturali, pronta a intervenire nelle zone di conflitto per mettere al sicuro i beni a rischio. In attesa di intervenire sugli scenari internazionali (le prime destinazioni potrebbero essere Iraq e Siria), i Caschi blu della cultura stanno operando sulle zone del terremoto. Si tratterà di estendere anche ad altri Paesi una simile esperienza. Un tema che ritornerà nei prossimi G7 della cultura, perché l’esortazione dei ministri è a fare in modo che l’incontro di questi giorni non resti un caso isolato.
Ai ministri stessi è però arrivata ieri un’altra esortazione, con una lettera-appello per difendere l’industria digitale creativa dalla pirateria online. «Lanciamo una richiesta di aiuto e supporto nella consapevolezza che la battaglia si può vincere solo se guidata dai leader europei», aveva detto in mattinata il ceo di Sky Italia Andrea Zappia durante un convegno, anticipando l’appello firmato anche dai vertici di altri soggetti tra cui Bbc, Canal Plus, Mediaset, Fox, Vivendi, Sony Pictures. Insomma, un appello a difesa di un settore dell’industria culturale che contribuisce all’economia globale con 2,25 mila miliardi di dollari, garantendo «decine di milioni di posti di lavoro altamente qualificati» e assicurando «investimenti vitali a sostegno dello sport, delle arti e della cultura».
Ci sono stime che parlano di un 30% di utenti di internet in tutto il mondo che accedono a contenuti illegali. È lì, recita la lettera-appello che si annidano i rischi per miliardi di investimenti e la minaccia per decine di milioni di posti di lavoro. Da qui la richiesta di interventi concreti contro il dannoso fenomeno della pirateria su Internet: «Siamo di fronte a un problema di forte impatto tanto quanto il traffico di opere d’arte, che danneggia il nostro settore al pari delle grandi sfide internazionali e che, giorno dopo giorno, sta prendendo sempre più piede. Parliamo della sistematica, diffusa e sofisticata violazione online della nostra proprietà intellettuale da parte di imprese commerciali che cercano di generare profitti illeciti sfruttando il nostro lavoro e la nostra creatività».