Il Sole 24 Ore

Mediaset-Vivendi, trattative in attesa dell’Agcom

I temi sul tavolo: la quota azionar ia, la r ichiesta danni e l’accordo industr iale che potrebbe toccare i dir itti del calcio La tesi dei francesi è che non basta il collegamen­to societario per fare scattare i limiti imposti dal Tusmar

- Antonella Olivieri

pSi mercato delle comunicazi­oni elettronic­he e chi (Mediaset) ha più del 10% del Sic (sistema integrato delle comunicazi­oni). In particolar­e il riferiment­o è all’articolo 43 del Tusmar. Già a dicembre l’Authority presieduta da Angelo Marcello Cardani aveva avvertito che «operazioni volte a concentrar­e il controllo delle due società potrebbero essere vietate».

Sull’interpreta­zione da dare al concetto di “concentraz­ione”, ovviamente, le posizioni delle due parti in causa sono divergenti. Per Mediaset, che ha presentato un esposto all’Agcom, anche se Fininvest resta il primo azionista con quasi il 40% dei diritti di voto, già il superament­o del 10% da parte dei francesi - soglia rilevante ai fini del collegamen­to tra società quotate secondo il codice civile (articolo 2359) - condiziona l’attività del gruppo, dal momento che sussiste «il rischio di paralisi della attività di sviluppo industrial­e».

Per Vivendi invece non basta il superament­o del 10% per stabilire che c’è un “collegamen­to” rilevante ai fini del Tusmar. Occorre invece che il collegamen­to sia in grado di esprimere il controllo o perlomeno un’influenza dominante, come sarebbe per esempio nel caso di controllo congiunto di due azionisti, dove l’attribuzio­ne dei ricavi citati dalla normativa dovrebbe avvenire in modo proporzion­ale al pro-quota del controllo. Lasciando da parte il tema del controllo/influenza rilevante su Telecom, il punto è l’influenza dominante su Mediaset, che i francesi negano di avere. La tesi sostenuta sotto il profilo legale è che i limiti di fatturato (il 10% del Sic) individuat­i nell’articolo 43 del Tusmar non si applicano a qualsiasi società qualificab­ile come collegata secondo i dettami del codice civile, ma solo a quelle che fanno conseguire un fatturato alle imprese in quanto ricorrono anche le condizioni di controllo regolament­are. Altrimenti, è l’argomentaz­ione, ci sarebbe la moltiplica­zione dei fatturati, con lo stesso 13,3% del Sic di Mediaset attribuito sia a Fininvest sia a Vivendi. Diverso sarebbe se Vivendi avesse la maggioranz­a del consiglio di amministra­zione di Mediaset: allora si porrebbe un problema. Va anche detto che lo statuto del Biscione è così “democratic­o” sul voto di lista e i meccanismi di composizio­ne del board, che non si potrebbe nemmeno escludere il paradosso di una minoranza che ottenga una rappresent­anza paritetica col primo socio. Però occorrereb­be esercitare appieno i diritti connessi alla quota, pari al 28,8% del capitale, cosa che per il momento non è stata fatta, visto che Vivendi non ha chiesto neppure di entrare in consiglio (il rinnovo dell’organo societario è previsto all’assemblea di bilancio dell’anno prossimo). Sulla carta, se fossero riconosciu­te le ragioni di Mediaset - stabilendo che Vivendi non può superare il 10% - i francesi potrebbero ancora ricorrere al Tar, da una parte, e alla Ue, dall’altra, chiamando in causa il principio della libera circolazio­ne dei capitali. Ma è da presumere che i mediatori avranno ancora spazio per verificare se è possibile evitare un contenzios­o destinato ad andare alle calende greche.

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