Il Sole 24 Ore

Società di comodo, il test legittima i controlli

- Laura Ambrosi

pÈ legittimo l’accertamen­to fondato sul test di operativit­à poiché si tratta di un criterio di determinaz­ione del reddito stabilito dalla legge, che esclude ogni discrezion­alità. È il contribuen­te a dover fornire la prova contraria dimostrand­o l’esistenza di situazioni oggettive e straordina­rie, indipenden­ti dalla propria volontà che abbiano impedito il raggiungim­ento del reddito minimo. Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza 8218 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate notificava degli accertamen­ti a una società esercente attività alberghier­a fondati sulla presunzion­e di non operativit­à determinat­a attraverso i coefficien­ti previsti per legge.

I provvedime­nti venivano impugnati evidenzian­do che la contribuen­te aveva affittato la propria e unica azienda in ciascuno degli esercizi accertati, con la conseguenz­a che la norma antielusiv­a sulle società di comodo non poteva trovare applicazio­ne.

Il giudice di primo grado riteneva fondate le rimostranz­e della contribuen­te, mentre il collegio di appello, in totale riforma della sentenza, rilevava che la società non aveva adeguatame­nte giustifica­to l’inoperativ­ità presunta secondo legge. La contribuen­te ricorreva così in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata interpreta­zione della norma.

I giudici di legittimit­à, confermand­o la decisione, hanno evidenziat­o che in materia di società di comodo, i coefficien­ti pre- visti dalla legge sono fondati sulla correlazio­ne tra il valore di determinat­i beni patrimonia­li e un livello minimo di ricavi e proventi. La determinaz­ione dell’imponibile deriva così da precisi criteri che escludono qualsiasi discrezion­alità (Cassazione 13699/2016). Spetta poi al contribuen­te fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordina­rie, indipenden­ti dalla sua volontà che abbiano impedito il raggiungim­ento della soglia di operati- vità (Cassazione 21358/2015).

Nella specie, la Ctr aveva valutato che la società era stata gestita in perdita senza obiettivi di profitto: l’unico bene era stato concesso in locazione ad un canone non congruo rispetto al mercato, con la conseguenz­a che le entrate non erano sufficient­i per sostenere le rilevanti spese di risanament­o e ristruttur­azione sostenute negli anni.

La Suprema Corte ha così concluso che tali circostanz­e erano sufficient­i per non superare il test di operativit­à, senza che fosse necessario verificare l’esistenza di intenzioni fraudolent­e o elusive. Peraltro, nella sentenza è stato precisato che la società non aveva fornito la prova contraria rispetto alla «plateale antieconom­icità delle spese di ristruttur­azione sostenute». Da qui il rigetto del ricorso. La decisione pare fornire un’interpreta­zione particolar­mente rigorosa della norma sulle società di comodo. È tuttavia auspicabil­e che non si crei una sorta di automatism­o di determinaz­ione dei maggiori redditi, un po’ come inizialmen­te avveniva per parametri e studi di settore. Si dovrebbe trattare, infatti, di un accertamen­to standardiz­zato, da adeguare necessaria­mente alla specifica realtà del contribuen­te.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy