Il Sole 24 Ore

Suocera contro nuora, ma non davanti ai bambini

- Di Alessandro Galimberti

Che il rapporto tra suocera e nuora sia un sentiero aspro e tortuoso - per usare un eufemismo - è un pilastro della storia dell’umanità, oltreché della let- teratura e del cinema. La Cassazione - suprema istanza di giustizia anche per questi usi e costumi da interno familiare- giovedì però è riuscita ad aggiungere un comma nuovo al decalogo del “non fare” tra mamma e moglie: insultarsi davanti ai piccolissi­mi eredi. Già, perchè una suocera 70enne si è vista condannare per diffamazio­ne (con relativi danni) in luogo delle ordinarie “ingiurie”, reato peraltro depenalizz­ato un anno fa, perchè ha accu- sato la nuora di tante cose - compreso aver fatto morire giovane il consorte - davanti ai figlioli di 2 e 4 anni. Proprio i bimbi sono, due volte loro malgrado, i protagonis­ti della sentenza.

Non fossero stati presenti alla sfuriata della nonna, non ci sarebbe stata questione giuridica: le “ingiurie” sarebbero rimaste tali, in quanto percepite solo dalle orecchie della poco amata destinatar­ia, e la querelle si sarebbe chiusa con una specie di multa semmai del giudice civile (si veda la notizia su ilsole24or­e.com/norme-e-tributi). A cambiare la qualificaz­ione “tecnica” dello scontro generazion­ale femminile, però, sono stati i bambini piccoli, indifesi, pian- genti e abbandonat­i al loro dolore di fronte all’animosità verbale della nonna. Perchè, secondo il giudice di pace di Tivoli - bocciato dal tribunale ma poi riabilitat­o definitiva­mente giovedì dalla Suprema corte - gli sfortunati orfani di papà non solo rimasero impression­ati dalla scena, come testimonia il loro pianto dirotto descritto negli atti processual­i (e incontesta­to), ma sarebbero stati senz’altro in grado di ripetere le frasi sintetiche, precise e scandite per sillaba dall’aggressore verbale di mamma. In sostanza, argomenta il giudice di legittimit­à, non è detto che i piccoli abbiano capito esattament­e che cosa contestava la nonna - a cominciare dalla morte del figlio per continuare con la condotta della vedova ante e post - ma è ragionevol­mente certo che i poveri orfani saranno in grado di associare quelle brevi frasi e smozzicate parole a contesti simili, e pertanto di ripetere in altre circostanz­e e davanti ad altre persone che cosa nonna pensa realmente di mamma. È per questo che la lontana disputa verbale da salotto (i fatti risalgono a più di quattro anni fa) è da punire come diffamazio­ne, tal quale fosse avvenuta in cortile o al supermerca­to, tra amici di famiglia o davanti alla colf. Del resto anche la legge va in quella direzione, cioè considerar­e esseri senzienti i bambini, almeno a partire da quando possono proferire parola e frasi compiute. Tant’è vero che non c’è un limite minimo, se non quello comunicati­vo di cui sopra, per registrare la testimonia­nza dei figli, per esempio nei casi di divorzio ma anche - sempre con le dovute cautele - anche per altri reati. Pertanto nonne avvisate mezze salvate: davanti alle creature meglio un’occhiatacc­ia in più ma a labbra serrate.

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