Congresso Pd, tra Renzi e Orlando è guerra di cifre
A un giorno dalla chiusura del congresso Pd nei circoli è guerra di cifre tra Renzi e Orlando. L’ex segretario è comunque avanti spinto dal ricambio di iscritti negli ultimi tre anni. Per Emiliano il rischio di non raggiungere la soglia del 5 per cento.
Un Partito democratico che ha cambiato pelle e connotati o un segretario che in quattro anni è riuscito a conquistare una base che inizialmente lo guardava con diffidenza? Sono vere entrambe le interpretazioni, se si leggono attentamente i dati del congresso tra gli iscritti. Mancano ancora 48 ore alla fine del voto nei circoli (un tempo, per i democratici che provengono dalla famiglia comunista-diessina, erano le sezioni) ma la tendenza è ormai consolidata: Matteo Renzi ribalta i pronostici della vigilia, che lo davano arrancante tra gli iscritti e veleggiante nel mare aperto delle primarie tra gli elettori, attestandosi attorno al 69%.
I dati ufficiosi
Questi i dati ufficiosi aggiornati a giovedì sera: Renzi 69,18%, il ministro della Giustizia Andrea Orlando 27,06%, Michele Emiliano 3,73% (voto in 2mila circoli con affluenza del 59,2%, superiore all’affluenza del 2013 che si assestò attorno al 53%, 7 punti in meno). Dati contestati da Orlando, che fa girare altre cifre - ossia la sua mozione al 30,4% e Renzi al 64,6% - e che annuncia che non partecipa per «irregolarità» ai congressi in 3 città (Crotone, Barletta e Cassino) e ai congressi di alcuni circoli dell’area vesuviana di Napoli. Polemiche sui dati a parte (sarà poi la commissione per le primarie, nella quale sono rappresentati tutti e tre i candidati, a dare il dato definitivo), la tendenza è chiara. Ed è anche chiaro che il terzo candidato, Emiliano, rischia di non partecipare alle primarie aperte del 30 aprile dal momento che lo statuto prevede che è escluso dai gazebo chi non raggiunge il 5% tra gli iscritti. E il governatore della Puglia è sul filo.
Renzi vince anche al Sud
Il buon risultato per il segretario uscente è evidente, se si confronta il voto odierno degli iscritti con quello di quattro anni fa: nel 2013 Renzi prese il 46,7% contro il 38,4% del candidato bersanian-dalemiano Gianni Cuperlo. Che cosa è accaduto? Un dato balza agli occhi guardando il turn over delle tessere a Largo del Nazareno: intanto negli ultimi tre anni gli iscritti sono cresciuti, passando da 370mila a 420mila, ma soprattutto c’è stato un vero e proprio ricambio stimabile attorno al 35%. Una parte dei vecchi iscritti non ha rinnovato la tessera ben prima della fuoriuscita dei bersaniani, mentre decine di migliaia di simpatizzanti si sono iscritti per la prima volta al partito o sono tornati a iscriversi dopo una vacatio di qualche anno. Nei quattro anni di Renzi a Largo del Nazareno e a Palazzo Chigi si è dunque formata una nuova generazione di democratici per così dire neo renziani o renziani della terza ora. Questa è una delle ragioni dell’inaspettato successo di Renzi (ma il vice Lorenzo Guerini, che ha seguito il partito passo passo in questi ultimi anni mentre Renzi era impegnato al governo, aveva non a caso previsto il dato in tempi non sospetti). L’altra ragione è spiegata da Andrea Romano con l’immagine del consolidamento della base attor- no al leader impegnato in prima fila nel partito e nella guida del Paese: molti iscritti che inizialmente non avevano appoggiato l’outsider Renzi si sono via via convinti della sua leadership. Anche per effetto paradossale del bombardamento continuo da parte dell’allora minoranza bersaniana - sempre secondo Romano - che avrebbe compattato la base attorno al proprio segretario in pericolo e risvegliato l’”orgoglio” dell’appartenenza.
La “presa” di Renzi sul partito è testimoniata anche da una prima analisi dei dati sul territorio: l’ex segretario è avanti
EMILIANO Il governatore della Puglia rischia di non raggiungere la soglia del 5%. Guerra di numeri tra renziani e orlandiani
anche al Sud, sua storica bestia nera, e soprattutto il dato è molto omogeneo. Anche nelle regioni “rosse” dove nel 2013 aveva perso tra gli iscritti, ossia Liguria ed Emilia Romagna, il risultato è ora attorno al 65%. Unica eccezione la Puglia, terra di Emiliano, dove pure Renzi risulta avanti: 41% contro il 37% di Emiliano e il 19% di Orlando. La roccaforte non espugnata è la città di Roma (a livello regionale la tendenza è in linea col dato nazionale): nella Capitale, da sempre ostile a Renzi, si sta assistendo a un testa a testa con Orlando.
Le primarie aperte
Paradossalmente il campo delle primarie aperte rischia di essere più periglioso per Renzi, anche se tutti i sondaggi lo danno comunque oltre il 60%. Per Nicola Piepoli, che ha sondato gli elettori del Pd negli ultimi giorni, Renzi si attesterà al 65% mentre il restante 35% andrebbe in parti quasi equivalenti ad Orlando ed Emiliano. L’affluennza stimata è tra un milione e mezzo e due milioni e 200mila. Si conferma dunque la notorietà del governatore della Puglia, che se dovesse superare in extremis il vaglio degli iscritti porterebbe a casa un risultato ben più alto ai gazebo del 30 aprile.