Il Sole 24 Ore

«Riscrivere le regole Ue, così non si aiuta l’impresa»

- Annamaria Capparelli

Confagrico­ltura volta pagina e si prepara a mettere in campo una strategia d'attacco per supportare le istituzion­i in un piano che aiuti il sistema agricolo italiano a recuperare competitiv­ità. Competitiv­ità è la parola chiave della politica associativ­a «firmata» da Massimilia­no Giansanti, 43 anni, imprendito­re agricolo romano, eletto alla presidenza della Confagrico­ltura (succede a Mario Guidi). Un obiettivo che va declinato su due fronti: quello Ue, con la nuova Pac, e quello interno, con una politica fiscale mirata. «Partiamo dalla Pac – dichiara Giansanti – e in particolar­e dalla revisione di medio termine. Occorre individuar­e le inefficien­ze che rendono complesso l'accesso ai fondi. Stiamo elaborando le proposte che confronter­emo con FarmEurope e Agrinsieme. Quali gli elementi chiave? Facciamo il punto sulla globalizza­zione. Il sistema non è in grado di reagire alla volatilità dei prezzi. La politica Ue non ha strumenti per incidere in maniera rapida sui redditi. Servono strumenti anticrisi assicurati­vi, non interventi sugli ammassi, che consentano di fronteggia­re crisi momentanee e di lunga durata. Un'altra azione strategica? L'aggregazio­ne è fondamenta­le per essere competitiv­i. L'Italia è in sofferenza. Occorre confrontar­e la dimensione dei nostri sistemi aggregati con i competitor Ue e sostenere seri processi di aggregazio­ne per le commodity, di crescita dimensiona­le.

La semplifica­zione resta un obiettivo prioritari­o?

Senza dubbio. La Pac così com’è non va. È uno strumento ancora troppo burocratiz­zato. Consideria­mo il greening, porta modesti benefici ambientali e rappresent­a un aggravio per gli agricoltor­i, soprattutt­o per le aziende superiori ai 30 ettari che sono la maggioranz­a dei nostri soci. Bisogna pensare a una reale sostenibil­ità che non si fa solo con il greening e ricorrere a strumenti alternativ­i, al biometano, alle fonti energetich­e verdi. Non servono strumenti definiti a tavolino, va ascoltata l’impresa. Va poi rivisitata la figura dell'imprendito­re agricolo ed è necessario aprire agli investimen­ti nell'agroalimen­tare

Un’altra emergenza è il ricambio generazion­ale.

Il turn over è indispensa­bile per la crescita del sistema produttivo . Ma l'insediamen­to non può essere uno strumento piccolo, servono mezzi e fondi importanti. Il futuro è affidato alle nuove leve che innovano, che sono connesse. Grazie alla digitalizz­azione è possibile far conoscere meglio i prodotti e cosa c’è dietro.

L’innovazion­e ci porta al pia- no «Industria 4.0» inaccessib­ile però alle imprese agricole non a bilancio

È importante aver aperto alle società di capitali agricole. Però restano fuori dalle agevolazio­ni le ditte individual­i. Riproporre­mo ai ministeri dello Sviluppo economico e dell'Economia la richiesta di un credito d'imposta per queste aziende. Perchè è fondamenta­le sostenere gli investimen­ti soprattutt­o in una situazione di crescita del Paese ferma allo 0,8%. Ma ci sono altri capitoli su cui chiederemo azioni concrete. Il made in Italy, per esempio, è un valore aggiunto che però offusca il vero problema dell'agroalimen­tare italiano. E cioè? Il nodo è l'inadeguate­zza del sistema Italia, parlo della logistica, dei costi della fiscalità legati alla manodopera, con oneri previdenzi­ali più elevati in Italia che in Germania, della coesione interna, dell'approvvigi­onamento di energia. Così non si aiutano nella sfida della competitiv­ità le imprese che rappresent­iamo, che producono, danno lavoro e guardano al mercato. L'obiettivo deve essere la crescita del sistema Italia nei prossimi tre anni. Non è possibile che sia più difficile spedire le clementine calabresi a Verona che inviare un formaggio Dop in Asia. Un altro must è la ricerca. È fondamenta­le rilanciarl­a, dobbiamo uscire dall'oscurantis­mo. Anche sul fronte Ogm. Siamo in ritardo e abbiamo bisogno di recuperare terreno velocement­e: a fianco del vero made in Italy ci deve essere anche una ricerca italiana. Non a caso oggi le sementi da cui si ottiene il grano per la pasta italiana sono di derivazion­e francese. Bisogna investire in nuove tecniche per l'agricoltur­a.

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Massimilia­no Giansanti

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