Il refuso c’è ma il Pir si attiva con l’interpretazione dell’Ade
Lo scorso 11 febbraio in un articolo di «Plus24» avete segnalato la presenza di un refuso nel comma 101 dell’articolo 1 della Legge bilancio 2017 con cui sono stati introdotti nel nostro ordinamento a far tempo dal 1° gennaio 2017 i Piani individuali di risparmio a lungo termine - i cosiddetti Pir. In sostanza la legge, così come scritta, poneva dubbi sulla possibilità di investire anche in obbligazioni per questi strumenti. Pochi giorni fa poi è stata segnalata, nel corso di un incontro Aifi, l’intenzione del Governo di estendere incentivi Pir a strumenti di debito e ciò fa sorgere il dubbio che perdurando il refuso l’investimento azionario risulti oggi l’unica via perseguibile. Da consulente e da cittadino vorrei delle risposte prima di sottoscrivere, o consigliare, un Pir. Riuscite a darmi qualche indicazione di massima.
Come il lettore ha giustamente notato, lo scorso 11 febbraio Plus24 evidenziava la presenza di un refuso nel comma 101 dell’articolo 1 della Legge bilancio 2017 con cui sono stati introdotti nel nostro ordinamento a far tempo dal 1° gennaio 2017 i Piani i ndividuali di risparmio a lungo termine - Pir : in tale comma viene i mpropriamente richiamato il comma 90 dello stesso articolo 1 al fine di identificare gli “investimenti qualificati”, vale a dire la tipologia di investimenti verso cui il legislatore ha inteso indirizzare le risorse finanziarie.
Purtroppo il comma 90 parla di redditi e non di investimenti. Negli atti del Senato in sede di approvazione della legge di Bilancio si legge che il rinvio al comma 90 va letto “rectius 89 “e se così fosse gli i nvestimenti qualificati da inserire nel Pir sarebbero solo gli azionari mentre è di comune lettura che nel Pir possano inserirsi la più ampia gamma degli strumenti finanziari non solo quelli azionari.
Quanto all’affermazione che pochi giorni fa è stata segnalata da delle agenzie di stampa circa l’intenzione del Governo di estendere incentivi Pir a strumenti di debito effettivamente come nota lei fa sorgere il dubbio che perdurando il refuso l’investimento azionario sia il solo che i Pir possono fare. Abbiamo girato le sue considerazioni al fiscalista di riferimento che risponde alle lettere di Plus24 per capire che scenario si apre. «Non vi è dubbio che la correzione del refuso sia la soluzione che chiude ogni osservazione tuttavia si ritiene che anche i n via i nterpretativa si possa cogliere la reale volontà del legislatore», spiega Renzo Parisotto, consulente fiscale del gruppo Ubi. Dapprima se conveniamo che il richiamo al comma 90 sia in radice improprio (e tale è) ci chiediamo quali siano gli i nvestimenti qualificati di cui si parla. Posto che il Pir può svilupparsi sia in via di investimento diretto - commi 101/103 - che indiretto attraverso l’acquisto di quote Oicr (secondo il comma 104) ebbene proprio in questo secondo caso è espressa- mente richiamato il comma 102 che fa invece correttamente rinvio al più ampio mondo degli strumenti finanziari e non solo ai titoli azionari». Detto in altre parole, secondo Parisotto, posto che il legislatore ha un obiettivo univoco (ossia la crescita del sistema i mprese) non si comprenderebbe il motivo di una diversa individuazione della tipologia di investimento a secondo del canale utilizzato.
«Ancor più nel successivo comma 106 quando, a prescindere dal canale di investimento, si è in presenza di un rimborso nel quinquennio si prescrive il reinvestimento in strumenti finanziari di cui al comma 102 che sarebbe incoerente con un iniziale investimento ai soli strumenti azionari. Infine il comma 107 nell’individuare le situazioni che fanno decadere dai benefici Pir si richiama sempre il comma 102 e non anche il comma 90», spiega Parisotto.
In conclusione, secondo l’esperto di materie fiscali, l a correzione è altamente opportuna e «diremmo necessaria visto il palese refuso e tuttavia le considerazioni interpretative sopra vista rendono confidente il comportamento nel frattempo tenuto di considerare qualificato l’investimento non solo in azioni ma anche in strumenti finanziari».
Le considerazioni di cui sopra, secondo Parisotto, dovrebbero auspicabilmente trovare autorevole conferma nella imminente circolare che l’Agenzia delle Entrate emanerà, come anticipato da suoi esponenti nel corso di recenti incontri con gli operatori.