Brembo, in Cina l’obiettivo è raddoppiare il fatturato
Nell’esercizio in corso la società prevede ricavi in aumento del 5-6% Dazi Usa: l’azienda esclude il rischio grazie ai suoi impianti americani
Fare partire in maniera efficace le iniziative industriali che hanno coinvolto la società. Poi: proseguire nell’integrazione di Asimco Meilian, acquisita lo scorso anno. Sono tra le priorità di Brembo a sostegno del business. L’attività nel 2016 ha visto sia i ricavi che la redditività salire.Al di là del bilancio il risparmiatore è però interessato alle strategie societarie. Un focus, per l’appunto, è sull’integrazione di Asimco e lo sviluppo in Cina. Qui, tra le altre cose, Brembo indica l’obiettivo di raddoppiare, in un biennio, i ricavi. Ma non è solo Pechino: oltre all’Europa essenziale è il Nord America. Su questo fronte, dove la società ha realizzato importanti investimenti produttivi, sorge un un dubbio: l’annunciata politica protezionistica della Casa Bianca, in particolare rispetto al Messi- co, può creare problemi. Il gruppo rigetta il timore. Dapprima, è l’indicazione, l’azienda ha altri impianti negli Usa. Quindi, se del caso, questi sarebbero sfruttati per servire il mercato locale. La capacità produttiva in Messico, invece, verrebbe messa al servizio di altre aree. Inoltre, viene ricordato, un impianto industriale ha una valenza strategica di lungo periodo che travalica il singolo mandato presidenziale. Infine la svalutazione del peso aiuta. Quindi, conclude Brembo, non c’è alcun particolare problema.
Fare partire in maniera efficace le iniziative industriali che hanno coinvolto la società. Poi: proseguire nell’integrazione di Asimco Meilian, acquisita lo scorso anno. Sono tra le priorità di Brembo a sostegno del business. L’attività nel 2016 ha visto sia i ricavi che la redditività salire. Il fatturato si è assestato a 2,279 miliardi in aumento del 9,9% rispetto all’esercizio precedente. L’utile operativo, dal canto suo, è aumentato del 30,3%. Mentre la marginalità, l’Ebit in rapporto ai ricavi, è passata dal 12,1% del 2015 al 14,4% dell’anno scorso.
Si tratta di un andamento estemporaneo? La risposta è negativa. Per trovare un rallentamento del business aziendale bisogna risalire al 2009 (ricavi in calo del 22,1% sul 2008). Cioè: l’annus horribilis dell’economia mondiale. Di lì in poi, nonostante la crisi del debito sovrano in Europa, il conto economico di Brembo è aumentato di anno in anno. Nel 2010 il fatturato era di 1,075 miliardi; successivamente è arrivato a 1,8 miliardi nel 2014 per oltrepassare la soglia dei 2 miliardi nel 2015. Analogo l’andamento dell’utile netto: calo nel 2009 e, via via, il rialzo negli esercizi successivi. Fino ai 240,6 milioni del 2016.
Al di là della dinamica storica del bilancio il risparmiatore è tuttavia interessato alle strategie societarie. Un focus, per l’appunto, è sull’integrazione di Asimco. Questa, consolidata a partire dal primo maggio 2016, da una parte, secondo quanto indicato da Brembo, non è diluitiva dei margini del gruppo; e, dall’altro, è un tassello importante nella crescita in Cina.
Già, la Cina. Il Paese del Dragone è tra le priorità della multinazionale italiana dei freni. L’incidenza percentuale dei ricavi generati in quel mercato è aumentata: nel 2012 si assestava al 4,3% mentre lo scorso anno si è arrivati all’8,9%. Un andamento che, fermo restando l’obiettivo d’incrementare il business in valore assoluto in tutte le aree geografiche, è destinata a proseguire. Non solo grazie al contributo di Asimco. Bensì anche, e soprattutto, per l’impegno industriale sul territorio da parte della società. Quello cinese si sa. nonostante l’attuale rallentamento, è il primo mercato mondiale dell’auto. Così: in coerenza con la strategia di produrre vicino ai propri clienti (costruttori di auto), Brembo ha investito parecchio sui suoi impianti nel Paese del Dragone. Dal 2013 almeno circa mezzo miliardo di euro. Esborsi che, da una parte, hanno contribuito all’attuale capacità produttiva (4 fabbriche compresa quello conseguente allo shopping di Asimco); e che, dall’altra, proseguiranno per completare (tra la fine del 2017 e inizio 2018) lo stabilimento dedicato alla realizzazione dei sistemi (pinze frenanti in alluminio cui si uniscono altre importanti parti del freno).
Uno sforzo finalizzato a servire in loco solo i «car maker» occidentali? Rebus sic stantibus in grande parte sì. E tuttavia l’azienda punta ad allargare la propria clientela. Il target è costi- tuito dal sempre più importante gruppo di costruttori cinesi. Il che, deve sottolinearsi, non significa l’ingresso di Brembo nella fascia media dei sistemi frenanti. La società infatti mantiene il suo posizionamento nell’«alto di gamma». L’obiettivo, in realtà, è cogliere la nuova produzione di top car che, via via, sta coinvolgendo le case automobilistiche locali. Veicoli non destinati non solo al mercato domestico ma anche, e soprattutto, all’export. Così, a fronte di un simile scenario, Brembo in Cina indica un obiettivo: raddoppiare i ricavi nell’arco di tempo di un biennio.
Ma non è solamente il Paese del Dragone. C’è anche il Nord America. Questo è il primo mercato per la multinazionale italiana. A ben vedere l’incidenza dell’area geografica in questione, nel 2016, è diminuita rispetto al 2015. Tuttavia, in primis, le vendite in termini assoluti sono salite (+5,9%). E poi il peso relativo, se confrontato con quello di alcuni anni fa (nel 2012 era il 22,5% contro il 28% del 2016), è comunque aumentato. Insomma: da un lato le aspettative sono improntate all’ottimismo; e, dall’altro, l’area (Messico, Usa e Canada) rimane essenziale come mostra, peraltro, l’impegno sul fronte industriale.
Nel 2016 c’è stata l’accensione ad Homer (Michigam) della nuova fonderia per la realizzazione di dischi in ghisa (prevista a pieno regime nel 2017); inoltre, lo scorso ottobre scorso, è stato inaugurato in Messico l’impianto per le pinze d’alluminio (cui seguirà una fonderia per i dischi in ghisa). Al che, però, il risparmiatore esprime il dubbio. Il timore è che l’annunciata politica protezionistica della Casa Bianca, in particolare rispetto al Messico, possa costituire un limite allo sviluppo del business di Brembo. Il gruppo rigetta la preoccupazione. Dapprima, è l’indicazione, l’azienda ha altri impianti negli Usa. Quindi, se del caso, questi sarebbero sfruttati per servire il mercato statunitense. La capacità produttiva in Messico, invece, verrebbe messa al servizio di altre aree geografiche. Inoltre, viene ricordato, un impianto industriale ha una valenza strategica di lungo periodo che giocoforza travalica l’arco temporale del mandato presidenziale. Ancora: come si è visto nel recente passato, contestualmente al dispiegarsi delle proposte di politica commerciale di Washington, la moneta locale si è svalutata verso il dollaro. Il che, evidentemente, è probabile si ripeta nel momento in cui si passasse dalle parole ai fatti. Una dinamiche che controbilancerebbe eventuali ipotetici dazi. Insomma, conclude, Brembo non c’è alcun particolare problema su questo fronte.
Dagli Stati Uniti al Vecchio Continente. L’Europa, sia quella dell’Ovest che dell’Est, vale a fine 2016 il 55,5% del fatturato. Un’area rilevante per il gruppo che, lo scorso esercizio, ha visto la Germania (secondo mercato di riferimento di Brembo) salire del 9,7%. La stessa Italia (+3,6%) e la Francia (+3,1%) sono aumentate. In tal senso non stupisce l’impegno del gruppo (circa 80 milioni) per ampliare la capacità produttiva dello stabilimento in Polonia. Uno sforzo finalizzato, da una parte, a servire meglio gli importanti clienti tedeschi; e, dall’altro, a rafforzare il ponte dell’export sull’Est Europa. Insomma: l’Europa, al pari del Nord America e Cina, è uno dei pilastri della strategia di crescita di Brembo.
Già, pilastro. Il risparmiatore, però, guarda anche alla Gran Bretagna. E qui, inevitabilmente, esprime il timore che la Brexit possa impattare sul business della società. Il gruppo non condivide il dubbio ed invita ad un’analisi più approfondita. L’azienda, viene sottolineato, è direttamente presente in Gran Bretagna solamente con la sua controllata Ap Racing il cui business è positivo. Per il resto il mercato in oggetto è servito attraverso l’export. Ebbene, è l’indicazione, nessun competitor ha impianti di produzione sul suolo inglese. Di conseguenza eventuali modifiche, in scia all’uscita di Londra dall’Ue, sul fronte delle regole commerciali riguardarebbero tutti i concorrenti. A fronte di ciò la dinamica di questo mercato, indica Brembo, continuerà ad essere legata alla capacità di fornire prodotti e servizi competitivi e di qualità. Una condizione che, come mostrano gli stessi ricavi in rialzo nel 2016 in UK (+12,4%), il gruppo indica di saper soddisfare.
Fin qui alcune strategie aziendali. Le quali, è chiaro, sono spesso collegate dal minimo comun denominatore degli investimenti nella capacità produttiva. Un’articolazione internazionale della struttura che non parte da oggi. E che tuttavia prosegue. Tanto che nel 2017 Brembo prevede Capex intorno a 300 milioni. Di questi circa 50-60 saranno destinati alla manutenzione, ad esempio in Italia, delle strutture esistenti. Il rimanente si «distribuirà», per l’appunto, sui nuovi progetti in via di realizzazione: dal completamento dell’impianto per sistemi in Cina alla fonderia in Messico fino all’allargamento della fabbrica in Polonia.
L’impegno previsto, inevitabilmente, induce a ipotizzare che la dinamica dell’indebitamento netto sarà, nell’anno in corso, di un incremento sul 2016. Ciò detto il rapporto tra il rosso della Posizione finanziaria netta e l’Ebitda, a fine dello scorso anno, era di 0,4. Un valore di totale tranquillità. Una tranquillità che, indica Brembo, rispetto al rapporto in questione verrà mantenuta anche nel 2017. Anno in cui la società stima ricavi in aumento del 5-6%.
SCENARIO Nello scorso esercizio il fatturato e la redditività sono aumentati In Europa al via la Brexit: il gruppo indica che il business in UK va bene e non c’è alcun particolare problema