Il Sole 24 Ore

Rientro capitali, voluntary in affanno

Ancora poche le istanze presentate - L’obiettivo di gettito da 1,6 miliardi resta lontano

- Alessandro Galimberti

A più di cinque mesi dalla riapertura dei termini per la regolarizz­azione fiscale dei capitali - la cosiddetta voluntary disclosure 2.0 - l’obiettivo di recuperare altri 1.600 milioni di gettito, dopo i 4,2 miliardi del primo giro, appare quantomai lontano. Se è vero che ogni valutazion­e oggi potrebbe rivelarsi prematura, visto che la finestra chiuderà solo il prossimo 31 luglio, i segnali di emersione registrati dal 22 ottobre scorso, quando la Vd/2 partì, sono molto timidi a voler essere ottimisti.

Numeri ufficiali non se ne fanno, ma le nuove istanze presentate agli uffici dell’agenzia delle Entrate si conterebbe­ro sulla punta delle dita. Qualcosa in più, molto poco secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, sta accadendo negli studi profession­ali che si occupano di emersione e regolarizz­azione dei capitali. I potenziali “emergenti” disposti a uscire oggi allo scoperto, dopo aver bellamente ignorato la campagna della Vd/1 del 2015, sono ancora pochi, ma hanno patrimoni mediamente “importanti” e, quasi sempre, li hanno sottratti al fisco utilizzand­o strutture economico/giuridiche se non sofisticat­e, senz’altro molto complesse. Ma questa platea di potenziali contribuen­ti e soprattutt­o i loro consulenti hanno alcune, sinora decisive, riserve mentali nei confronti dell’adesione.

I dubbi e le criticità

Chi scegliesse oggi di “rientrare”, per come è congegnata la legge, finirebbe per pagare due annualità fiscali in più rispetto a chi ha regolarizz­ato nel 2015 con la Vd/1 (peraltro l’incidenza media della tassazione è stata il 7% del capitale, più bassa dell’ultimo scudo), retroceden­do fino al 2009. Questo accade perché il Parlamento non ha voluto avvantaggi­are i ritardatar­i della voluntary disclosure, inserendo un meccanismo di “congelamen­to” biennale dell’accertamen­to (prescrizio­ne) tributario. Ammesso e non concesso che superi il vaglio di legittimit­à, questa norma finora è il vero deterrente per una platea che già si accosta di malavoglia e con molti pregiudizi alla regolarizz­azione.

Un’altra critica alla nuova Vd è sul meccanismo dell’autoliquid­azione dell’imposta. Il legi- slatore ha scelto questa strada - a differenza della passata edizione - perchè “invitando” il contribuen­te a farsi lui i calcoli e a pagare su quella base, l’Erario incassa a effetto immediato. Il problema è che per chi sbagliasse ad autoliquid­are sono previste sanzioni e interessi, non stratosfer­ici (dal 3 al 10%) ma comunque indigesti.

Ancora più ostico il terreno delle cassette di sicurezza e della voluntary “nazionale”, dove si stimano giacere qualcosa come 180 miliardi di nero. Fallita in pieno nella Vd del 2015, l’emersione “cassette di sicurezza” difficilme­nte sfonderà questa volta: la nuova legge impone l’apertura dello scrigno con il notaio, e poi di spalmare il contenuto/valore sulle dichiarazi­oni dei redditi dei cinque anni precedenti (cioè con l’aliquota del 43%). Il contribuen­te da sempre in fuga perché dovrebbe svelarsi oggi?

Lo scenario internazio­nale

La risposta potrebbe essere in una sigla, il Crs - common reporting standard - cioè i nuovi parametri di comunicazi­one (automatica) tra le amministra­zioni di più di 100 Paesi al mondo. Tra il settembre di quest’anno e il 2018 i dati di centinaia di migliaia di conti esteri, gestioni patrimonia­li, trust ecc saranno trasmessi alle Entrate dalle agenzie straniere, consentend­o al Fisco un controllo in tempo reale sulla fedeltà del contribuen­te. I dubbi sul funzioname­nto di questa rete internazio­nale sono vicini allo zero, quindi resta da chiedersi perché la grande evasione continui ad ignorare i segnali di guerra.

Le risposte ipotizzabi­li, osservando quello che sta accadendo, sono due. Decine di migliaia di contribuen­ti italiani hanno spostato la residenza (fiscale e fisica) nei cinque continenti, molti senza neppure notificarl­o all’Anagrafe italiana residenti all’estero. Un porto sicuro? Per qualche tempo forse sì, ma a breve con le nuove regole internazio­nali sull’antiricicl­aggio (IV direttiva) il gioco dell’ubiquità rischierà di trasformar­si in una trappola attraverso l’adeguata verifica del cliente, imposta a istituti finanziari, intermedia­ri e profession­isti (che sul punto rischiano sanzioni pecuniarie spaventose). Una nuova, emergente élite del “nero in fuga” sta invece dirigendos­i verso gli Stati più remoti degli Usa, contando su una legislazio­ne territoria­le spesso molto tollerante e sulla protezione del Fatca - il sistema di trattati in sostanza unidirezio­nali imposti da Washington a tutti i paesi partner. Ma non è detto che l’ospite si rivelerà così comprensiv­o al momento del divorzio, o della riscossion­e.

IL FENOMENO EMERGENTE Cresce l’appeal di alcuni Stati Usa dove la legislazio­ne territoria­le è molto tollerante e comunque vige la protezione del Fatca

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