Il Sole 24 Ore

Il rebus-prescrizio­ne condiziona la scelta

- Rosanna Acierno

Oltre alla effettiva disponibil­ità economica, il fattore che forse sta influenzan­do maggiormen­te la scelta di aderire o meno alla rottamazio­ne è la prescrizio­ne. Sapere, infatti, se un carico rottamabil­e sia o meno prescritto risulta fondamenta­le, laddove è noto che, secondo quanto stabilito dall'articolo 2490 del Codice civile, l'eventuale versamento spontaneo del debito prescritto relativo a imposte, sanzioni e tributi, non potrà essere chiesto a rimborso.

Secondo un consolidat­o orientamen­to giurisprud­enziale, ai fini della riscossion­e le imposte sui redditi, l'Iva e l'Irap soggiaccio­no all'ordinario termine di prescrizio­ne di dieci anni previsto dall'articolo 2946 del Codice civile (da ultimo, Corte Cassazione, sentenza n. 12715/2016). Inoltre, anche per l'imposta di registro e l'imposta sulle succession­i vale il termine decennale di prescrizio­ne ai fini della relativa riscossion­e. Sono invece soggetti al più breve termine di prescrizio­ne di cinque anni, i contributi previdenzi­ali ed assistenzi­ali, i tributi locali (Tarsu, Tosap, Ici ecc.) e i contributi consortili, così come pure le sanzioni tributarie, anche se comminate dall'agenzia delle Entrate per l'omesso, tardivo o carente versamento di un tributo per cui è previsto il termine decennale.

Generalmen­te, la prescrizio­ne decorre dalla data in cui il diritto può essere fatto valere e, in particolar­e, dal giorno successivo a quello in cui il tributo o la sanzione avrebbero dovuto essere pagati. Tuttavia, i suddetti termini prescrizio­nali si interrompo­no qualora, prima del loro decorso, dopo la notifica della cartella di pagamento o dell'accertamen­to esecutivo o dell'avviso di addebito Inps, l'agente della riscossion­e notifichi atti successivi alla prima richiesta di pagamento delle somme come, ad esempio, il preavviso di fermo di beni mobili registrati, l'intimazion­e ad adempiere, la comunicazi­one di iscrizione di ipoteca o direttamen­te atti esecutivi, quali il pignoramen­to. In tal caso, appunto, se notificati prima del decorso del termine di dieci o cinque anni a seconda dei casi, si determina l'interruzio­ne e il termine per la prescrizio­ne ricomincia a decorrere. Inoltre, la prescrizio­ne è interrotta anche dallo stesso contribuen­te in caso di impugnazio­ne dell'atto in commission­e Tributaria e fino alla formazione del giudicato.

La scelta di presentare o meno l'istanza di rottamazio­ne dipende dunque dalla “ragionevol­e” certezza che, dalla notifica del primo atto con cui l'amministra­zione finanziari­a ha reso nota la pretesa e fino ad oggi (o comunque prima del termine di presentazi­one del modello DA1) siano trascorsi più di dieci anni (in caso di carichi relativi ad imposte) o cinque anni (in caso di carichi previdenzi­ali o di sanzioni o di tributi locali) e che, nel frattempo, non siano stati notificati atti interrutti­vi.

In caso di dubbio, inoltre, potrebbe essere opportuno presentare ad Equitalia un'istanza di accesso agli atti amministra­tivi per acquisire informazio­ni circa la notifica di eventuali atti successivi all'atto originario, anche se ormai i tempi per un'eventuale risposta sono estremamen­te ridotti.

In ogni caso, nel caso in cui l'istanza di rottamazio­ne dovesse riguardare carichi previdenzi­ali prescritti, è ragionevol­e ritenere che Equitalia non ne pretenda il pagamento in forza dell'articolo 3 della legge 335/1995 secondo cui, in caso di intervenut­a prescrizio­ne, il debito è automatica­mente estinto e non ne è ammesso il pagamento.

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