Produttività, sgravi alle imprese
In manovrina o nel Def decontribuzione per Pmi che fanno partecipazione e accordi di secondo livello
Passo dopo passo inizia a prender forma la proposta del governo per migliorare la normativa sui premi di produttività, valorizzando la contrattazione di secondo livello (non solo aziendale, ma anche territoriale) e “incentivando” il coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del lavoro, specie nelle Pmi.
L’idea allo studio dei tecnici di palazzo Chigi e dei ministeri competenti (Mef e Lavoro) è quella di fissare un tetto unico a 3mila euro per le erogazioni delle somme incentivanti, tassate, a vantaggio dei lavoratori, con la cedolare secca al 10%; e contestualmente re-introdurre una sorta di decontribuzione a favore delle imprese fino a 800-mille euro (della somma elargita), collegata a forme di partecipazione.
Oggi, in base alle regole introdotte dalla scorsa legge di Bilan- cio, i premi di produttività possono salire da 3mila a 4mila euro in caso di presenza di comitati paritetici; ebbene, secondo i primi dati raccolti dal ministero guidato da Giuliano Poletti, sono state pochissime le imprese (essen- zialmente quelle medio-grandi) che hanno elargito premi ai lavoratori di importo superiore ai 3mila euro; e anche gli accordi che hanno previsto un piano di partecipazione sono stati 2.147 (a fronte delle oltre 20mila intese depositate al 13 marzo).
Di qui l’idea di scendere, per tutti, a 3mila euro, e premiare, in un modo nuovo, lo sviluppo della partecipazione, allargando i premi ai lavoratori che oggi non ne godono: «Vogliamo valorizzare la contrattazione collettiva, anche quella territoriale, in accordo con il sindacato, perchè è l’unico modo di coinvolgere le imprese più piccole - spiega Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi -. Del resto, il rilancio dei premi di produttività fatto dal governo Renzi ha funzionato, grazie proprio al gradimento delle parti sociali. Si tratta di una leva importante per spingere crescita e compettività, come ci chiede da tempo l’Europa».
Da quanto si apprende, la nuova ipotesi di intervento (3mila euro tassati al 10% per i lavoratori, e decontribuzione fino a 800-mille euro per l’impresa) sarà discussa con le parti sociali per arrivare a un testo condiviso: già la prossima settimana potrebbero iniziare i primi incontri tecnici per definire le nuove norme, che molto probabilmente saranno inserite nella manovra d’autunno.
In quella sede, potrebbero esserci sviluppi anche sul capitolo “taglio del cuneo”. Qui, in vista della presentazione di Def e Pnr, si ipotizzano «misure strutturali» di decontribuzione del costo del lavoro: l’ipotesi principale allo studio dell’esecutivo, caldeggiata dal Pd, è partire con uno sgravio pieno, stile Jobs act, per tre anni a favore del primo impiego, da affiancare, per gli under35, a una dote formazione portabile per agevolare nuovi inserimenti occupazionali nei casi di carriere discontinue. Resta da vedere se, in prospettiva, e risorse permettendo, si potrà arrivare a un taglio strutturale del cuneo, per tutti, vecchi e nuovi assunti, da ripartire o in parti uguali imprese-lavoratori, oppure due terzi imprese, un terzo lavoratori.
L’INCENTIVO Per ora l’incentivo sarebbe limitato a 800-1.000 euro annui. Resta l’aliquota fissa al 10% per i redditi dei lavoratori fino a un tetto di 3mila euro