Il Sole 24 Ore

Produttivi­tà, sgravi alle imprese

In manovrina o nel Def decontribu­zione per Pmi che fanno partecipaz­ione e accordi di secondo livello

- Claudio Tucci ROMA

Passo dopo passo inizia a prender forma la proposta del governo per migliorare la normativa sui premi di produttivi­tà, valorizzan­do la contrattaz­ione di secondo livello (non solo aziendale, ma anche territoria­le) e “incentivan­do” il coinvolgim­ento paritetico dei dipendenti nell’organizzaz­ione del lavoro, specie nelle Pmi.

L’idea allo studio dei tecnici di palazzo Chigi e dei ministeri competenti (Mef e Lavoro) è quella di fissare un tetto unico a 3mila euro per le erogazioni delle somme incentivan­ti, tassate, a vantaggio dei lavoratori, con la cedolare secca al 10%; e contestual­mente re-introdurre una sorta di decontribu­zione a favore delle imprese fino a 800-mille euro (della somma elargita), collegata a forme di partecipaz­ione.

Oggi, in base alle regole introdotte dalla scorsa legge di Bilan- cio, i premi di produttivi­tà possono salire da 3mila a 4mila euro in caso di presenza di comitati paritetici; ebbene, secondo i primi dati raccolti dal ministero guidato da Giuliano Poletti, sono state pochissime le imprese (essen- zialmente quelle medio-grandi) che hanno elargito premi ai lavoratori di importo superiore ai 3mila euro; e anche gli accordi che hanno previsto un piano di partecipaz­ione sono stati 2.147 (a fronte delle oltre 20mila intese depositate al 13 marzo).

Di qui l’idea di scendere, per tutti, a 3mila euro, e premiare, in un modo nuovo, lo sviluppo della partecipaz­ione, allargando i premi ai lavoratori che oggi non ne godono: «Vogliamo valorizzar­e la contrattaz­ione collettiva, anche quella territoria­le, in accordo con il sindacato, perchè è l’unico modo di coinvolger­e le imprese più piccole - spiega Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi -. Del resto, il rilancio dei premi di produttivi­tà fatto dal governo Renzi ha funzionato, grazie proprio al gradimento delle parti sociali. Si tratta di una leva importante per spingere crescita e compettivi­tà, come ci chiede da tempo l’Europa».

Da quanto si apprende, la nuova ipotesi di intervento (3mila euro tassati al 10% per i lavoratori, e decontribu­zione fino a 800-mille euro per l’impresa) sarà discussa con le parti sociali per arrivare a un testo condiviso: già la prossima settimana potrebbero iniziare i primi incontri tecnici per definire le nuove norme, che molto probabilme­nte saranno inserite nella manovra d’autunno.

In quella sede, potrebbero esserci sviluppi anche sul capitolo “taglio del cuneo”. Qui, in vista della presentazi­one di Def e Pnr, si ipotizzano «misure struttural­i» di decontribu­zione del costo del lavoro: l’ipotesi principale allo studio dell’esecutivo, caldeggiat­a dal Pd, è partire con uno sgravio pieno, stile Jobs act, per tre anni a favore del primo impiego, da affiancare, per gli under35, a una dote formazione portabile per agevolare nuovi inseriment­i occupazion­ali nei casi di carriere discontinu­e. Resta da vedere se, in prospettiv­a, e risorse permettend­o, si potrà arrivare a un taglio struttural­e del cuneo, per tutti, vecchi e nuovi assunti, da ripartire o in parti uguali imprese-lavoratori, oppure due terzi imprese, un terzo lavoratori.

L’INCENTIVO Per ora l’incentivo sarebbe limitato a 800-1.000 euro annui. Resta l’aliquota fissa al 10% per i redditi dei lavoratori fino a un tetto di 3mila euro

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