Frammentazione e legge elettorale: prossima legislatura ad alto rischio
La cronaca politica lo dice chiaramente: la prossima legislatura sarà la peggiore della Repubblica. Più di quella, scombinata, che sta per finire: a lungo incapace di eleggere un capo dello stato, mai in grado di produrre un governo o una maggioranza in linea con gli impegni elettorali; incapace di mettere in piedi una legge elettoralepurchessia. Del tutto indifferente, infine, alla più colossale migrazione parlamentare che si ricordi (457 passaggi di gruppo tra Camera e Senato, quasi la metà dei parlamentari): in sintesi, elezioni falsate, elettori traditi, democrazia irrisa.
Sul piano istituzionale, emerge il male sottile che pervade i partiti, la corrosione che li assottiglia: il fallimento del compito di gestire le istituzioni senza brutalizzarle, rendendole indistinguibili da sé. Quello che i francesi chiamano spirito repubblicano, e che noi chiameremo spirito costituzionale, è inghiottito dalle mediocri convenienze di un potere privatissimo. Cuore dell’impotenza diviene, non a caso, la legge elettorale: perché da lì, dalla restituzione agli elettori della loro sovranità attraverso la scelta dei propri rappresentanti, passa una cessione di potere che i partiti non sono in condizione di operare, pena lo stessa loro sopravvivenza.
Lo spappolamento progressivo dei partiti “costituzionali”, iniziato all’inizio degli anni ’90 , riceve un impulso, in queste settimane , con la rottura del Partito democratico. In parte destinata a rafforzare l’esperienza dei partiti personali, in parte avviata a dare vita all’ennesima diaspora a sinistra. La rottura ha questo segno: il dibattito all’interno del partito di governo aveva perso la fase della costruzione partecipata, per concentrarsi in quella, istantanea, di un voto nella sua direzione. Un voto che cristallizza l’obbligo di compattezza da quel preciso momento, anche in un parlamento che si confonde con il partito.
La scomparsa di uno zoccolo duro comune tra i partiti, di una “zona libera” dallo scontro totale, quella che dà le regole alla politica, è il segnale inequivocabile di una crisi di sistema. Del nostro sistema istituzionale. Spetterebbe agli elettori indicare una via di uscita, se non fossero stati abilmente e cinicamente imprigionati dentro un meccanismo auto-conservativo degli attuali partiti.
Sono in campo, dentro una confusa geografia e per semplificazione, una destra di tipo radicale, con due partiti, Lega e Fratelli d’Italia: forse la zona di maggiore chiarezza, se non si lascerà inquinare da innaturali proposte di coalizione. Temi, quelli comuni alla destra francese: l’immigrazione e la contrarietà all’unione e alla moneta europea: contrarietà a momenti strutturale, in altri contingente, desiderosa di un’imprecisata “altra Europa”.
Verso il centro, la zona è presidiata dall’ imprevedibile inventore di formule politiche e dalla sua azienda politicoelettorale. Già una volta gli è riuscito di far convivere - ad apparente, reciproca insaputa - secessionisti e federalisti da un lato, ipernazionalisti dall’altro. Una magìa, geniale per vincere, disastrosa per governare. Grande duttilità programmatica , tendenza populistica che esplode in campagna elettorale. Fluttua da qualche tempo in quest’area una proposta di inusitata qualità, lanciata dal quasi sindaco di Milano per il centro destra: di quelle che si vorrebbero nella politica di domani. Compatibilità complicata con gli altri, impossibile con i lepenisti di casa.
Il grande stratega ha, da par suo, un piano alternativo: la coalizione postelettorale con il partito democratico, purché a guida renziana. Un abile concorrente, l’ex segretario del Pd. Capace di portare il partito nel socialismo europeo - nessuno prima di lui aveva osato tanto - ma attratto da alleanze verso la propria destra, come si è visto.
Restano i movimenti alla sinistra del Pd, lasciando per ultimo il protagonista più atteso, il Movimento cinque stelle. Lì, a sinistra, per ora è un piccolo labirinto. Tanti frammenti di sinistra: a meno che non formino un unico movimento (unica mossa sensata, ma tutt’altro che automatica, quasi innaturale, a quella latitudine) , verso un altro più grande ancora . Un grande punto interrogativo, con personale politico di prim’ordine, o tanti, irrilevanti piccoli punti interrogativi, quasi invisibili sulle mappe politiche? Dipenderà anche dall'esito del congresso del Pd: sarà attratto dal centro se rivince l’ultimo segretario, guarderà a sinistra in caso contrario.
I Cinquestelle, ovvero Grillo, infine. Fosse sopravvissuto l’Italicum,
SPIRITO COSTITUZIONALE Ai partiti, inghiottiti dalle loro convenienze, manca la capacità di gestire le istituzioni senza brutalizzarle
pensato per la vittoria del Pd renziano, avrebbero il successo quasi in tasca. Gli altri hanno solo la forza attuale per non farli vincere, e poco più. Limite dei Cinquestelle è proprio Beppe Grillo: inesistente in qualsiasi organigramma, è per i suoi sopra le istituzioni, compreso il capo dello stato. Si lavora a scegliere un capo del governo e un programma: fossero anche eccellenti , l’uno e l’altro, può cancellarli entrambi, senza dare spiegazione. Va altresì riconosciuto che, a un sistema istituzionale male in arnese come il nostro, poteva capitare di peggio, in termini di avventure democratiche.
Di sfuggita, va ricordato un neonato partito centrista, che sembra proporsi, in natura si chiama parassitismo, a chi lo vorrà accogliere.
Questo il quadro, per il quale è difficile trovare tinte meno fosche. Compito improbo, quello degli elettori: se è difficile votare anche con il naso turato, attenti almeno a non cadere nella trappola dei facili specchietti per le allodole, qua e là disseminati. Abituarsi a riconoscere le promesse ad effetto placebo: ad esempio, infierire sui vitalizi degli odiati politici può dare un apparente sollievo momentaneo, ma finisce subito, e si sta come prima. Inoltre, nel ginepraio delle proposte di legge elettorale, tenere la barra dritta su quelle che consentono a chi vota di scegliere una persona e non solo una sigla. E che contrastano il turismo parlamentare infestante .
Che dio salvi l’Italia.