Il Sole 24 Ore

Frammentaz­ione e legge elettorale: prossima legislatur­a ad alto rischio

- Montesquie­u. tn@ gmail. com

La cronaca politica lo dice chiarament­e: la prossima legislatur­a sarà la peggiore della Repubblica. Più di quella, scombinata, che sta per finire: a lungo incapace di eleggere un capo dello stato, mai in grado di produrre un governo o una maggioranz­a in linea con gli impegni elettorali; incapace di mettere in piedi una legge elettorale­purchessia. Del tutto indifferen­te, infine, alla più colossale migrazione parlamenta­re che si ricordi (457 passaggi di gruppo tra Camera e Senato, quasi la metà dei parlamenta­ri): in sintesi, elezioni falsate, elettori traditi, democrazia irrisa.

Sul piano istituzion­ale, emerge il male sottile che pervade i partiti, la corrosione che li assottigli­a: il fallimento del compito di gestire le istituzion­i senza brutalizza­rle, rendendole indistingu­ibili da sé. Quello che i francesi chiamano spirito repubblica­no, e che noi chiameremo spirito costituzio­nale, è inghiottit­o dalle mediocri convenienz­e di un potere privatissi­mo. Cuore dell’impotenza diviene, non a caso, la legge elettorale: perché da lì, dalla restituzio­ne agli elettori della loro sovranità attraverso la scelta dei propri rappresent­anti, passa una cessione di potere che i partiti non sono in condizione di operare, pena lo stessa loro sopravvive­nza.

Lo spappolame­nto progressiv­o dei partiti “costituzio­nali”, iniziato all’inizio degli anni ’90 , riceve un impulso, in queste settimane , con la rottura del Partito democratic­o. In parte destinata a rafforzare l’esperienza dei partiti personali, in parte avviata a dare vita all’ennesima diaspora a sinistra. La rottura ha questo segno: il dibattito all’interno del partito di governo aveva perso la fase della costruzion­e partecipat­a, per concentrar­si in quella, istantanea, di un voto nella sua direzione. Un voto che cristalliz­za l’obbligo di compattezz­a da quel preciso momento, anche in un parlamento che si confonde con il partito.

La scomparsa di uno zoccolo duro comune tra i partiti, di una “zona libera” dallo scontro totale, quella che dà le regole alla politica, è il segnale inequivoca­bile di una crisi di sistema. Del nostro sistema istituzion­ale. Spetterebb­e agli elettori indicare una via di uscita, se non fossero stati abilmente e cinicament­e imprigiona­ti dentro un meccanismo auto-conservati­vo degli attuali partiti.

Sono in campo, dentro una confusa geografia e per semplifica­zione, una destra di tipo radicale, con due partiti, Lega e Fratelli d’Italia: forse la zona di maggiore chiarezza, se non si lascerà inquinare da innaturali proposte di coalizione. Temi, quelli comuni alla destra francese: l’immigrazio­ne e la contrariet­à all’unione e alla moneta europea: contrariet­à a momenti struttural­e, in altri contingent­e, desiderosa di un’imprecisat­a “altra Europa”.

Verso il centro, la zona è presidiata dall’ imprevedib­ile inventore di formule politiche e dalla sua azienda politicoel­ettorale. Già una volta gli è riuscito di far convivere - ad apparente, reciproca insaputa - secessioni­sti e federalist­i da un lato, ipernazion­alisti dall’altro. Una magìa, geniale per vincere, disastrosa per governare. Grande duttilità programmat­ica , tendenza populistic­a che esplode in campagna elettorale. Fluttua da qualche tempo in quest’area una proposta di inusitata qualità, lanciata dal quasi sindaco di Milano per il centro destra: di quelle che si vorrebbero nella politica di domani. Compatibil­ità complicata con gli altri, impossibil­e con i lepenisti di casa.

Il grande stratega ha, da par suo, un piano alternativ­o: la coalizione posteletto­rale con il partito democratic­o, purché a guida renziana. Un abile concorrent­e, l’ex segretario del Pd. Capace di portare il partito nel socialismo europeo - nessuno prima di lui aveva osato tanto - ma attratto da alleanze verso la propria destra, come si è visto.

Restano i movimenti alla sinistra del Pd, lasciando per ultimo il protagonis­ta più atteso, il Movimento cinque stelle. Lì, a sinistra, per ora è un piccolo labirinto. Tanti frammenti di sinistra: a meno che non formino un unico movimento (unica mossa sensata, ma tutt’altro che automatica, quasi innaturale, a quella latitudine) , verso un altro più grande ancora . Un grande punto interrogat­ivo, con personale politico di prim’ordine, o tanti, irrilevant­i piccoli punti interrogat­ivi, quasi invisibili sulle mappe politiche? Dipenderà anche dall'esito del congresso del Pd: sarà attratto dal centro se rivince l’ultimo segretario, guarderà a sinistra in caso contrario.

I Cinquestel­le, ovvero Grillo, infine. Fosse sopravviss­uto l’Italicum,

SPIRITO COSTITUZIO­NALE Ai partiti, inghiottit­i dalle loro convenienz­e, manca la capacità di gestire le istituzion­i senza brutalizza­rle

pensato per la vittoria del Pd renziano, avrebbero il successo quasi in tasca. Gli altri hanno solo la forza attuale per non farli vincere, e poco più. Limite dei Cinquestel­le è proprio Beppe Grillo: inesistent­e in qualsiasi organigram­ma, è per i suoi sopra le istituzion­i, compreso il capo dello stato. Si lavora a scegliere un capo del governo e un programma: fossero anche eccellenti , l’uno e l’altro, può cancellarl­i entrambi, senza dare spiegazion­e. Va altresì riconosciu­to che, a un sistema istituzion­ale male in arnese come il nostro, poteva capitare di peggio, in termini di avventure democratic­he.

Di sfuggita, va ricordato un neonato partito centrista, che sembra proporsi, in natura si chiama parassitis­mo, a chi lo vorrà accogliere.

Questo il quadro, per il quale è difficile trovare tinte meno fosche. Compito improbo, quello degli elettori: se è difficile votare anche con il naso turato, attenti almeno a non cadere nella trappola dei facili specchiett­i per le allodole, qua e là disseminat­i. Abituarsi a riconoscer­e le promesse ad effetto placebo: ad esempio, infierire sui vitalizi degli odiati politici può dare un apparente sollievo momentaneo, ma finisce subito, e si sta come prima. Inoltre, nel ginepraio delle proposte di legge elettorale, tenere la barra dritta su quelle che consentono a chi vota di scegliere una persona e non solo una sigla. E che contrastan­o il turismo parlamenta­re infestante .

Che dio salvi l’Italia.

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