Il Sole 24 Ore

Sos campi, serve l’esperto del manto erboso

Al via in Italia i primi corsi per diventare groundsman e imparare la manutenzio­ne dei prati da gioco

- Francesca Milano

L’erba del vicino è sempre più verde? Sì, se il vicino ha un groundsman. In Italia è una figura profession­ale che non esiste ancora, mentre all’estero le società calcistich­e già da anni si contendono i migliori esperti in campi da gioco.

Qualcosa, però, inizia a muoversi anche da queste parti: il neonato Istituto formazione groundsman Italia (Ifgi) sta per lanciare il primo corso profession­ale per esperti del manto erboso sportivo. Il corso base (quattro livelli) sarà aperto ad agronomi, agrotecnic­i, giardinier­i, custodi degli impianti e semplici appassiona­ti e permetterà di curare campi non profession­ali dalla Lega dilettanti alle categorie inferiori, che rappresent­ano il 75% dei campi italiani. Chi vorrà occuparsi dell’erba degli stadi dalla LegaPro alla Serie A dovrà, poi, frequentar­e i successivi quattro livelli, che saranno aperti a agronomi, agrotecnic­i, biologi e periti agrari.

I vantaggi

A suggerire questa suddivisio­ne nella formazione è stato Maurizio Francini, direttore Figc del centro tecnico di Coverciano, al quale l’Ifgi si è rivolto per ottenere un riconoscim­ento (non ancora arrivato) dalla Federazion­e: «Un campo ben tenuto dà diversi vantaggi - spiega Giovanni Taverna, tecnico del verde sportivo (Ifgi) -: minori spese per la manutenzio­ne, minori rischi di infortunio per i giocatori, maggiore qualità del manto e, di conseguenz­a, una resa televisiva migliore che significa più introiti dai diritti tv».

Che i campi italiani abbiano dei problemi è sotto gli occhi di tutti. «Colpa della cattiva manutenzio- ne - spiega Taverna -: i campi non sono tutti uguali e per curarli adeguatame­nte bisogna avere competenze tecniche e valutare il microclima, la posizione geografica, il terreno, la disponibil­ità idrica, le zone d’ombra delle strutture, le malattie presenti, la piovosità eccetera. Solo così è possibile ridurre i costi di manutenzio­ne e ottenere risultati migliori».

Le tipologie di manto

Chi pensa che il problema si potrebbe risolvere alla radice utilizzand­o erba sintetica al posto di quella naturale sbaglia: stando ai dati dell’European seed associatio­n i campi artificial­i hanno costi di realizzazi­one più elevati e una vita media più breve, il che li rende meno convenient­i. «Noi consigliam­o il manto naturale - spiega Taverna -, ma se i tempi di gioco superano le 5 ore di calpestio è preferibil­e utilizzare il tappeto rinforzato, dove la fibra sintetica (10%) viene cucita nel terreno (90%), così da avere un campo che resisterà allo stress tre volte di più».

«Un tappeto erboso naturale costa meno e dura di più - chiarisce Francesco Dotto, consulente e assistente al verde sportivo (Ifgi) -. A fronte di un investimen­to pari a circa un terzo del costo di costruzion­e di un campo sintetico, il tappeto erboso consente di giocare oltre il doppio, in media 25 anni». In realtà un prato naturale può durare in eterno se viene fatta una regolare manutenzio­ne, come la trasemina per rigenerare le zone danneggiat­e e migliorarn­e la densità. «L’erba naturale ha però bisogno di profession­isti in grado di curarne la manutenzio­ne - sottolinea Dotto - . Anche per tagliare il prato c’è bisogno di competenze: bisogna conoscere la specie piantata perché ogni varietà dimostra una diversa tolleranza al taglio». Stesso discorso per l’uso di fertilizza­nti e concimi, che usati con criterio possono essere ridotti del 50%, e per l’irrigazion­e che può portare a un risparmio del 70% se fatta negli orari giusti e con metodi innovativi.

L’OBIETTIVO L’istituto Ifgi ha presentato l’iniziativa alla Figc per ottenere un riconoscim­ento ufficiale All’estero è già così

All’estero

Nonostante costi più elevati, i campi misti all’estero hanno superato quelli naturali: in Inghilterr­a 43 dei 44 campi dei massimi campionati sono stati realizzati con fibre artificial­i cucite nel terreno. Per evitare il congelamen­to del suolo nei periodi più freddi gli inglesi utilizzano un sistema di riscaldame­nto sotterrane­o e un sistema di aspirazion­e dell’acqua in eccesso, che insieme determinan­o l’aumento dello scambio gassoso a livello radicale; condizione per cui nell’arco dell’intero anno si hanno terreni giocabili e in buone condizioni. Anche in Francia i campi ibridi piacciono di più: la classifica degli stadi elaborata in base ai voti di giocatori, allenatori e arbitri (“Championna­t des pelouses”) vede sul podio sempre i campi da gioco ibridi, con impianti di riscaldame­nto e aspirazion­e, mentre gli impianti completame­nti naturali vengono classifica­tisempre i peggiori.

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