Il Sole 24 Ore

Un doppio regime per le sanzioni

- Enrico Holzmiller

Con riferiment­o alle sanzioni amministra­tive tributarie, una delle questioni sicurament­e più dibattute consiste nel potenziale coinvolgim­ento degli amministra­tori in merito alle sanzioni amministra­tive tributarie proprie delle società di capitali.

Come è facile immaginare, a favore dell’estraneità delle persone fisiche sussiste l’autonomia giuridica perfetta propria delle società in predicato. In senso contrario, tuttavia, viene eccepito il ruolo determinan­te dell’organo amministra­tivo negli atti o fatti “generatori” della sanzione stessa.

A creare una certa difficoltà nel delineare un univoco orientamen­to incide senz’altro la presenza di più orientamen­ti apparentem­ente contrastan­ti.

Le disposizio­ni che generalmen­te vengono richiamate in contenzios­o, sia dagli Uffici che dai contribuen­ti, sono essenzialm­ente le seguenti: ea favore dell’allargamen­to della responsabi­lità in capo agli amministra­tori viene richiamato il Dlgs 472/97, articolo 11, comma1, secondo il quale «nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinaz­ione o sul pagamento del tributo» venga commessa dal dipendente o dal rappresent­ante legale di società, detta persona fisica è solidalmen­te obbligata al pagamento delle sanzioni; r viceversa, in senso diametralm­ente opposto si esprime il Dlgs 269/2003, articolo 7, secondo il quale «le sanzioni amministra­tive relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalit­à giuridica sono esclusivam­ente a carico della persona giuridica»; t non va poi dimenticat­o il concetto di violazione del ne bis in idem. Si tratta, com’è noto, di un principio di alternativ­ità tra la sanzione penale e quella tributaria secondo cui, nell’ambito di situazioni in cui coesistono entrambi i procedimen­ti, il “secondo” processo in ordine temporale non dovrebbe nemmeno iniziare (o, se già iniziato, dovrebbe interrompe­rsi).

Giova ricordare che per l’applicazio­ne della disposizio­ne in predicato è necessario l’avverament­o di quattro condizioni: e la sanzione amministra­tiva deve avere anche natura penale; ri fatti di rilevanza penale per i quali è iniziato il relativo procedimen­to devono essere i medesimi per i quali è stata comminata la sanzione fiscale (idem); t deve sussistere una duplicazio­ne dei procedimen­ti, tributario e penale (bis); u deve essere pronunciat­a una sentenza definitiva in uno dei due procedimen­ti.

L’apparente contrasto tra il Dlgs 472/97 e il Dlgs 269/03 è stato già risolto dalla giurisprud­enza di riferiment­o a favore di una implicita abrogazion­e del primo (limitatame­nte al comma già richiamato) da parte del secondo (temporalme­nte successivo). A supporto di tale tesi si richiamano, tra le più recenti pronunce: Cassazione 4775/2016, Cassazione 12007/2015, Ctr Lombardia 1512/67/2016.

Recentemen­te, la Commission­e tributaria provincial­e di Milano, con la sentenza 897/2016 (depositata lo scorso 30 gennaio) si è invece concentrat­a sulle ultime due fattispeci­e, pronuncian­dosi con riguardo alla applicazio­ne del citato Dlgs 269/2003 rispetto al divieto di ne bis in idem. La vicenda trae origine da un accertamen­to nel quale una Srl è stata accusata di aver indebitame­nte detratto l’iva su fatture soggettiva­mente inesistent­i (indicazion­e di acquirente intracomun­itario in luogo dell’effettivo acquirente italiano).

Contro l’atto di irrogazion­e delle sanzioni la società aveva proposto ricorso eccependo, tra gli altri motivi, la violazione del principio del ne bis in idem in pendenza di un procedimen­to penale a carico del legale rappresent­ante della s.r.l. richiamata, relativo ai medesimi fatti.

I giudici tuttavia hanno statuito che, poiché l’articolo 7 del Dlgs 269/03 prevede che la sanzione amministra­tiva tributaria in capo a una società di capitale sia esclusivam­ente a carico di quest’ultima, «ne deriva l’esclusione in radice della applicabil­ità del principio di specialità o del ne bis in idem, non verificand­osi alcun cumulo di sanzioni afflittive, amministra­tive e penali a carico di uno stesso soggetto». In altre parole: la società di capitali ricorrente, avente personalit­à giuridica, risponde in via esclusiva in ambito tributario, mentre il legale rappresent­ante risponde personalme­nte delle sanzioni stabilite in caso di condanna penale. La decisione risulta peraltro in linea con le recenti conclusion­i dell’avvocato generale M. Campos Sanchez-Bordona nelle cause C-217/15 e C-350/15, presentate lo scorso 12 gennaio (non richiamate nella sentenza appena commentata).

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