Idee per salva re la fragile Europa
Nella ricorrenza dei sessant’anni dei trattati di Roma una riflessione si è aperta sul modo in cui fino ad oggi si è sviluppata l’integrazione europea e sul cammino nuovo verso cui è indispensabile avviarsi. Indispensabile perché i singoli stati nazionali europei non hanno più l’intrinseca forza di reggere alla concorrenza internazionale nel confronto con gli Stati Uniti e le nuove grandi potenze economiche.
Anche l’economia tedesca, nell’eurozona più dinamica e arroccata da un punto di vista nazionale, avverte le prime crepe con l’ingresso crescente di capitali, soprattutto americani e cinesi, nel suo assetto industriale. Tutta l’Europa sta diventando più debole di un tempo nel conservare le proprie posizioni e promuovere più solide strutture produttive. Il mercato comune delle merci ha determinato le economie di scala degli assetti produttivi, ma non la solidità necessaria che avrebbe dovuto derivare dalla liberalizzazione dei capitali, in assenza di politiche comuni di sviluppo economico. Né Centauro né Chimera, come recita il titolo del saggio di Armellini e Mombelli. Questa crescente fragilità europea rende più deboli gli stati nazionali, che non possono risalire la china da soli, ma soltanto con uno sforzo comune.
Alla circolazione intereuropea tra le persone si è frapposta la pressione dell’emigrazione asiatica e africana. La frontiera mediterranea è una valvola aperta, quanto e più di quella tra gli Stati Uniti e il Messico. Anche qui, senza uno sforzo congiunto, il risultato non può essere che quello di interrompere la stessa apertura delle frontiere. Su tutto pesa l’incompiuta realizzazione dell'euro. Una moneta comune che non poggia su di una risolta sovranità economica e che di per sè ha già configurato un’Europa a due velocità, tra quei paesi che ne sono rimasti fuori e quelli che vi aderiscono. Tra questi ultimi poi la sua natura anomala non sana, ma acuisce la diversità dei livelli di sviluppo. La “Brexit”, come notano gli autori di questo libro, non è venuta solo a nuocere, ma ha liberato gli altri paesi europei da un interlocutore, come la Gran Bretagna, che ha sempre ancorato l’idea stessa di Europa a un’area preminentemente di libero scambio, legandoli, nei problemi della politica estera e della difesa, indissolubilmente al vincolo atlantico. Parametri dai quali è, appunto, necessario oggi andare oltre.
Anche in questo libro si ragiona sull’ipotesi di più velocità. Ma la sua originalità sta nell’incardinare l’analisi nel processo storico dell’integrazione europea, du- rante il quale è stato perseguito il metodo “funzionalista”, di avanzare passo dopo passo senza un disegno complessivo, ed insieme il miraggio “federalista”. Delle due strade, la prima ha finito per creare squilibri che rimangono irrisolti, la seconda non è stata mai veramente perseguita, né sembra poterlo essere ora.
Quella che si impone dunque è una revisione radicale dei trattati che faccia perno su alcune premesse già poste e realizzi una soluzione non più “federale”, ma multipla e diversificata, che potremmo dire “confederale”. I paesi che hanno dato vita all’euro ne costituiranno la componente di integrazione politica più avanzata, sempre che risolvano l’ineguale distribuzione di benefici che la moneta unica determina. Così diversificati saranno gli impegni che verranno assunti anche dagli altri paesi, tenendo fermi alcuni temi pregnanti, in particolare, oltre il libero scambio, l’immigrazione, con il corollario del terrorismo, e la difesa.
La difesa fu il primo obbiettivo mancato dalla costruzione europea, nel 1954, con la rinuncia della Comunità europea di difesa, che ora torna al centro della scena. A sostituirlo allora fu il maggior vincolo atlantico, affidandone agli americani la garanzia di stabilità. Oggi, accanto al problema di una ridefinizione della Nato, sollecitata anche dalla nuova amministrazione americana, si pone necessariamente quello di un maggior impegno comune europeo. Ciò trascina con sè il tema della politica estera. L’attuale Unione europea è il prodotto finale di un precipitoso allargamento ai paesi dell’Est europeo, che ha palesato motivazioni di adesione preminentemente difensive, in particolare verso la Russia di Putin, mentre è mancata una politica mediterranea, assieme alla non risolta adesione della Turchia. Ci sono in questo libro analisi pregnanti sulla necessità di affrontare tutti questi temi e su come essi ineriscano alla stabilità stessa dell’Unione, nel radicale mutamento geopolitico rispetto al dopoguerra, quando nacque la Comunità europea.
Un’Europa nell’attuale fase di stallo genera, come noto, forti reazioni, così dette “populistiche”. Il populismo si mostra all’interno come una deriva egualitaria non democratica, all’esterno si manifesta come mero nazionalismo. È l’ora di affrontare i problemi in tutta la loro complessità, come fa questo libro, altrimenti saremo trascinati più di cinquant’anni in dietro, con un futuro incerto. Antonio Armellini, Gerardo Mombelli, Né Centauro, né Chimera. Modesta proposta per un’Europa plurale, Marsilio, Venezia, pagg. 191, € 14