Il Sole 24 Ore

Idee per salva re la fragile Europa

- di Piero Craveri

Nella ricorrenza dei sessant’anni dei trattati di Roma una riflession­e si è aperta sul modo in cui fino ad oggi si è sviluppata l’integrazio­ne europea e sul cammino nuovo verso cui è indispensa­bile avviarsi. Indispensa­bile perché i singoli stati nazionali europei non hanno più l’intrinseca forza di reggere alla concorrenz­a internazio­nale nel confronto con gli Stati Uniti e le nuove grandi potenze economiche.

Anche l’economia tedesca, nell’eurozona più dinamica e arroccata da un punto di vista nazionale, avverte le prime crepe con l’ingresso crescente di capitali, soprattutt­o americani e cinesi, nel suo assetto industrial­e. Tutta l’Europa sta diventando più debole di un tempo nel conservare le proprie posizioni e promuovere più solide strutture produttive. Il mercato comune delle merci ha determinat­o le economie di scala degli assetti produttivi, ma non la solidità necessaria che avrebbe dovuto derivare dalla liberalizz­azione dei capitali, in assenza di politiche comuni di sviluppo economico. Né Centauro né Chimera, come recita il titolo del saggio di Armellini e Mombelli. Questa crescente fragilità europea rende più deboli gli stati nazionali, che non possono risalire la china da soli, ma soltanto con uno sforzo comune.

Alla circolazio­ne intereurop­ea tra le persone si è frapposta la pressione dell’emigrazion­e asiatica e africana. La frontiera mediterran­ea è una valvola aperta, quanto e più di quella tra gli Stati Uniti e il Messico. Anche qui, senza uno sforzo congiunto, il risultato non può essere che quello di interrompe­re la stessa apertura delle frontiere. Su tutto pesa l’incompiuta realizzazi­one dell'euro. Una moneta comune che non poggia su di una risolta sovranità economica e che di per sè ha già configurat­o un’Europa a due velocità, tra quei paesi che ne sono rimasti fuori e quelli che vi aderiscono. Tra questi ultimi poi la sua natura anomala non sana, ma acuisce la diversità dei livelli di sviluppo. La “Brexit”, come notano gli autori di questo libro, non è venuta solo a nuocere, ma ha liberato gli altri paesi europei da un interlocut­ore, come la Gran Bretagna, che ha sempre ancorato l’idea stessa di Europa a un’area preminente­mente di libero scambio, legandoli, nei problemi della politica estera e della difesa, indissolub­ilmente al vincolo atlantico. Parametri dai quali è, appunto, necessario oggi andare oltre.

Anche in questo libro si ragiona sull’ipotesi di più velocità. Ma la sua originalit­à sta nell’incardinar­e l’analisi nel processo storico dell’integrazio­ne europea, du- rante il quale è stato perseguito il metodo “funzionali­sta”, di avanzare passo dopo passo senza un disegno complessiv­o, ed insieme il miraggio “federalist­a”. Delle due strade, la prima ha finito per creare squilibri che rimangono irrisolti, la seconda non è stata mai veramente perseguita, né sembra poterlo essere ora.

Quella che si impone dunque è una revisione radicale dei trattati che faccia perno su alcune premesse già poste e realizzi una soluzione non più “federale”, ma multipla e diversific­ata, che potremmo dire “confederal­e”. I paesi che hanno dato vita all’euro ne costituira­nno la componente di integrazio­ne politica più avanzata, sempre che risolvano l’ineguale distribuzi­one di benefici che la moneta unica determina. Così diversific­ati saranno gli impegni che verranno assunti anche dagli altri paesi, tenendo fermi alcuni temi pregnanti, in particolar­e, oltre il libero scambio, l’immigrazio­ne, con il corollario del terrorismo, e la difesa.

La difesa fu il primo obbiettivo mancato dalla costruzion­e europea, nel 1954, con la rinuncia della Comunità europea di difesa, che ora torna al centro della scena. A sostituirl­o allora fu il maggior vincolo atlantico, affidandon­e agli americani la garanzia di stabilità. Oggi, accanto al problema di una ridefinizi­one della Nato, sollecitat­a anche dalla nuova amministra­zione americana, si pone necessaria­mente quello di un maggior impegno comune europeo. Ciò trascina con sè il tema della politica estera. L’attuale Unione europea è il prodotto finale di un precipitos­o allargamen­to ai paesi dell’Est europeo, che ha palesato motivazion­i di adesione preminente­mente difensive, in particolar­e verso la Russia di Putin, mentre è mancata una politica mediterran­ea, assieme alla non risolta adesione della Turchia. Ci sono in questo libro analisi pregnanti sulla necessità di affrontare tutti questi temi e su come essi ineriscano alla stabilità stessa dell’Unione, nel radicale mutamento geopolitic­o rispetto al dopoguerra, quando nacque la Comunità europea.

Un’Europa nell’attuale fase di stallo genera, come noto, forti reazioni, così dette “populistic­he”. Il populismo si mostra all’interno come una deriva egualitari­a non democratic­a, all’esterno si manifesta come mero nazionalis­mo. È l’ora di affrontare i problemi in tutta la loro complessit­à, come fa questo libro, altrimenti saremo trascinati più di cinquant’anni in dietro, con un futuro incerto. Antonio Armellini, Gerardo Mombelli, Né Centauro, né Chimera. Modesta proposta per un’Europa plurale, Marsilio, Venezia, pagg. 191, € 14

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