Messaggi di Messager
Annette Messager a Villa Medici è la prima di una serie di mostre che l’Accademia di Francia ha deciso di dedicare alle grandi donne della storia dell’arte. Il programma, voluto dalla direttrice Muriel Mayette –Holtz e curato da Chiara Parisi, prevede l’avvicendarsi di artiste del calibro di Elizabeth Peyton e Camille Claudel - la tormentata allieva e amante di Rodin - Tatiana Trouvé, Yoko Ono. La Messager è peraltro alla sua prima mostra personale italiana, se si esclude il Leone d’Oro che vinse sul nostro territorio rappresentando la Francia alla Biennale di Venezia del 2005.
Moglie di un altro grande dell’arte contemporanea, Christian Boltansky, Messager è una di quelle figure che vive per l’arte e di cui è impossibile separare la storia personale dall'opera. Per Villa Medici ha pensato una mostra totale, che si amal-
gama con gli spazi e, anzi, da questi prende spunto per nuove suggestive opere.
La sua arte, come quella di altre artiste donne della sua generazione, Carol Rama, Louise Bourgeois, ma in parte anche Rebecca Horn o Nancy Spero, proviene, come una nascita, da un rito di passaggio. Vi trapela la forza della materia, la sua sofferenza per stare al mondo come opera. In Messager sono fili tirati, manichini ricoperti di cartapesta, pupazzi mutilati e disarticolati in cui i punti di sutura sono molto evidenti, mucchi di cuscini fatti con il pattern delle stoffe deportati, tute acriliche da bebè che rimandano a corpi esanimi, forme senza il loro contenuto o, al contrario, materiali che prendono forme che non gli appartengono, come gli uccelli mascherati. La morte, l’assenza, il trascorrere del tempo, la memoria sono temi che certamente ha portato avanti anche per comunanza di visioni con suo marito, ma in lei, essendo donna, trapela una storia più intima, fatta di frammenti; una storia non lineare che può permettersi il lusso di mescolare a riferimenti diversi, come il teatro e la narrativa, di decorare, di raccontare, di fare poesia. Così il Mercurio di Giambologna, sotto la loggia, gioca con una parrucca femminile che ondeggia al vento – scalpo di una donna? - e la fontana poco più in là è avvinghiata da innumerevoli serpenti – riferimento alla morte di Messalina che fu strangolata proprio lì? Il titolo Messaggera è un gioco che rimanda alla parola, ma il messaggio non c’è, è il visitatore che lo deve trovare secondo il suo percorso. E al mitico Balthus che peraltro aveva conosciuto durante un soggiorno negli anni Sessanta, dedica anche l’ultima opera della mostra, proprio lì dove lui amava stare, nell’Atelier del Bosco, dove Messager ha installato una carta da parati dai toni giocosi, acquarellata, che riproduce uteri femminili che lei chiama in fiore. Assomigliano però a fiori minacciosi, che portano i segni della sofferenza, nascondendo teschi e altri segni come simbolo di ogni vita e di ogni donna. Annette Messager, Messaggera , a cura di Chiara Parisi, Roma, Accademia di Francia, fino al 23 aprile