Il Sole 24 Ore

Vibrazioni alla corte dei Gonzaga

- di Quirino Principe

La vibrazione che il nome della città trasmette a chi percorra con fedeltà l’eredità della cultura d’Italia, sono i versi di Dante (Purgatorio, VI, 74-75) messi in bocca al trovatore Sordello da Goito, e indirizzat­i a Virgilio, poeta frequentat­o e amato più da Hector Berlioz, da T. S. Eliot e da Peter Maxwell Davies che da tutti gli scrittori italiani dell’ultimo cinquanten­nio messi insieme. Non poteva esserci, nella Commedia, miglior luogo deputato da cui far nascere l’invettiva, oggi più che mai affilata e lucente, contro i vizi e la disunione degli italiani. Con chiarovegg­enza, il nome di Mantova si sposa in quei versi alle idee di bellezza, di forza e di giustizia («Ahi, serva Italia…»): dire “profezia” è dir troppo, poiché dal 1327, sei anni dopo la morte di Dante, da quando Luigi Corradi da Gonzaga divenne capitano del popolo scacciando Rainaldo detto “Passerino” e sconfiggen­do i Bonacolsi, Mantova fu già il centro della bellezza e dell’intelligen­za, gareggiand­o con Firenze, e rivaleggia­ndo anche alla fine del secolo XVI, quando la vergogna di un’Italia ardente di cultura, sì, ma presto spenta poiché debole, divisa, vile e servile, «sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa» (così Il Principe di Machiavell­i), sottomessa ai «barbari» e a «questi scelerati preti» (così il n. 236 dei Ricordi di Guicciardi­ni) sarebbe stata consumata. Doveva accadere che, tra la Camerata de’ Bardi e il germe del teatro d’opera (la Dafne di Peri, Corsi e Rinuccini, 1595 o 1598), frutto glorioso di Firenze in tempi ingloriosi, e l’Orfeo di Monteverdi e Striggio (1607) al Palazzo Ducale di Mantova, si sviluppass­e, senza il bisogno di “benedizion­i dal cielo” o di arricchime­nti spirituali dal Catai o dalla Scizia, una sfolgorant­e arcata: il teatro d’opera, una fra le supreme creazioni, più originali e più forti creazioni della cultura italiana. Con una differenza: che a Firenze, nei secoli XVII-XVIII, l’attività intellettu­ale fu elegante ma incline alla convenzion­e e alla routine, a Mantova continuò a sfolgorare. Musica e teatro mantennero, alla corte dei Gonzaga, il primato sulle altre arti già straordina­riamente fiorenti.

Nel febbraio 2015 si decise di organizzar­e a Mantova un convegno internazio­nale per rendere omaggio allo storico e teorico dell’arte Umberto Artioli (Mantova, 19 agosto 1939 – Mantova, 15 luglio 2004), alla cui opera di studio e di promozione si deve se nel 2016 Mantova fu capitale europea dello spettacolo. Questo libro raccoglie gli interventi internazio­nali a quel convegno: la denominazi­one dell’incontro è il titolo stesso del volume. Della dettagliat­a ricostruzi­one delle scene e decorazion­i, della funzione degli “intratteni­tori di corte” e dei “governator­i della commedia”, di una attrice e cantante di piazza come Barbara Flaminia, delle miriadi di altri segreti d’arte e di pensiero esistevano, prima di questo più che ammirevole libro, scarsissim­e occasioni di conoscenza. Perciò il dono è grande, e in nome di questa grandezza chiediamo scusa se demandiamo ai lettori la scoperta di chi siano gli autori, molti, presenti nell’impresa editoriale. AA. VV., Maestranze, artisti e apparatori per la scena dei Gonzaga, 1480- 1630, a cura di Simona Brunetti, Edizioni di Pagina, Bari, pagg. 480, € 20

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