Il Sole 24 Ore

Funambolic­o e onirico quadretto

- di Marinella Guatterini

Se Luciana Savignano volteggia, con la sua settantatr­eenne maturità, su di un palco mignon vuol dire che quello spazio - il Teatro Gerolamo - può essere adatto alla danza per piccoli ensemble e grandi étoile. Al risveglio di primavera di questa mascotte del balletto milanese e internazio­nale, sempre pronta, per la verità, a mettersi in gioco, hanno pensato la coreografa Emanuela Tagliavia e il compositor­e Giampaolo Testoni. Un dono per il suo fisico dinoccolat­o ed esilissimo, da ragazzina, è la ripresa di estratti dal fortunato Luminare Minus. Il balletto, nato nel 2007 al Museo della Scienza e della Tecnica, è intreccio tra mito e scienza: qui ne rimane un cameo dedicato a Galileo e uno stralcio da Selene ed Ecate. Lei, Savignano, la luna bianca e poi nera e ambigua, è circondata da cinque deliziosi compagni del successivo viaggio “funambolic­o”, ora creatole addosso.

Quadretto onirico, giocoso, con refoli melanconic­i, Funambolia ha sale e pepe per evitare quelle ovvietà in cui spesso s’incappa in siffatti omaggi. Perciò l’idea di una famigliola che mescola differenti età, vivaci costumi, e agevola digression­i senza capo né coda (in parte espunte da Neve, controvers­o racconto di Maxence Fermine) è indovinata. Rapinoso l’inizio “à la Bausch”: tutti seduti le braccia mosse dal vento di un

valzerino- bijoux di Sostakovič. Poi la diva si accascia sulla sedia e d'’mprovviso vi sale sopra, dopo averci raccontato, con voce suadente (registrata), di linee rette e gente “in equilibrio sul crinale della vita”.

Funamboli veri e propri non ce ne sono: però c’è chi cammina in punta su pesanti tasselli di legno buttati a terra con fragore; chi stende fili da un lato all’altro dei boccascena, chi resta guancia a guancia con chi ha fatto scoppiare tutti i suoi palloncini. Su ricordi balanchini­ani, un quartetto muliebre ha inizio da un passo a due (Poulenc) tra la coreografa Tagliavia e l’interprete d’eccezione. Sono appoggi e ritrosie, tira e molla sfumati in girotondi, giochi d’auriga, braccia incrociate.

Invece i duetti dell’étoile con il forte e distinto Luigi Boatti dettano il crescendo di una conoscenza amorosa dapprima necessaria (Messiaen), poi felice in sé, tanto che con Schumann e Liszt si tocca il cielo con le dita, in arditi lift e a terra si raccatta un fiore donato col sorriso anche a chi è già fuggito tra le quinte. Un breve sketch- musical maschile (Piaf) e l’arrivo della coreografa con valigia, preparano il terreno a

Grazie dei fior, voce di Nilla Pizza. La struggente canzone d’amore finito induce la protagonis­ta a cercare quel fiore già scelto e regalato senza esito. D’altra parte, Pina Bausch docet: in giapponese “amore” si dice “ai”. Però la famiglia funambolic­a cancella ogni pena di cuore: dopo un caos danzato-voluto, si ritrovano tutti seduti. È l’inizio dell’inizio…manca solo Savignano…lei arriva, pronta a ricomincia­re.

Luciana Savignano/ Tagliavia, Testoni/ Teatro Gerolamo; poi I Figli d’arte Cuticchio, La pazzia

di Orlando, 10,11 aprile

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acrobatici | Luciana Savignano

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