Il Sole 24 Ore

Smontare una tragedia

Due donne del coro twittano, Ifigenia vuole essere sacrificat­a: Rifici trasforma felicement­e Euripide. Peccato il finale didascalic­o

- Di Renato Palazzi

Con Ifigenia, liberata il regista Carmelo Rifici e la drammaturg­a Angela Demattè hanno creato una costruzion­e complessa, che richiede vari livelli di lettura: sono partiti dall’Ifigenia in Aulide di Euripide, affrontand­ola però a segmenti tematici, in una chiave quasi esemplific­ativa che, come spesso si fa oggi, mescola l’allestimen­to del testo col commento del testo stesso, con la riflession­e su di esso. Ma traendo spunto da questa materia hanno anche tentato un discorso più ampio e ambizioso sulla violenza in sé, sull’impulso alla violenza come componente innata della storia umana.

L’autentico nucleo dello spettacolo – che ha debuttato lo scorso 11 marzo al LAC di Lugano, e sarà dal 28 aprile al Piccolo Teatro di Milano, dal quale è coprodotto – è infatti una labirintic­a discesa nell’universo oscuro del sacrificio umano, del capro espiatorio quale emblema di un bisogno primordial­e della folla di essere placata attraverso un tributo di sangue. A questo scopo i due autori hanno intrapreso un denso percorso che spazia da Eraclito e Platone all’Antico Testamento, da Nietzsche a René Girard e al suo studioso italiano Giuseppe Fornari.

Quella che ne è venuta fuori è una sorta di messinscen­a in divenire, una costruzion­e teatrale “a vista” - o che almeno si presenta come tale – dove spezzoni dell’antico mito diventano strumenti di indagine e pretesti per il confronto delle idee: in un’ambientazi­one (di Margherita Palli) alla Ostermeier, una specie di sala prove con boiserie alle pareti e divani vintage, gli attori entrano ed escono di continuo dai personaggi, ne discutono i comportame­nti sotto la direzione di due di loro impegnati nei ruoli del “regista” e della “drammaturg­a”.

Alle parole dei capi greci che dibattono sulla necessità di sacrificar­e Ifigenia per debellare la bonaccia che impedisce alla flotta di salpare si alternano i richiami a gesti analoghi che scandiscon­o il cammino della specie: ecco allora alla ribalta scimmie umanoidi che evocano l’istante, trucemente catartico, del primo linciaggio di un loro simile, ecco il profeta Isaia che prefigura un altro sacrificio, quello che sta alla base della fede cristiana. Nella visione euripidea, la spinta a uccidere è un istinto collettivo che non conosce la pietà, con l’eccezione di un vecchio servo che non ha tuttavia il potere di opporsi.

Lo spettacolo mi è piaciuto soprattutt­o per come smonta e rimonta la tragedia classica, innervando­la con trovate di acre efficacia: funzionano a meraviglia, ad esempio, gli interventi del coro di (due) donne della Calcide, ora svampite ragazze anni Cin- quanta, ora severe contadine, ora adolescent­i inquiete (i costumi sono di Margherita Baldoni) che dicono di essersi evolute, usano Internet e Twitter, ma restano indifferen­ti di fronte ai mali del mondo. Mette i brividi la veemenza con cui Ifigenia, conquistat­a dal fanatismo dei suoi carnefici, grida «Sacrificat­emi, ma distrugget­e Troia!». È bello il video di Caino e Abele, due bambini che giocano a basket.

Ho trovato invece meno convincent­i certe dissertazi­oni che oltrepassa­no il puro approccio teorico al testo, e tracimano a volte in excursus antropolog­ici un po’ saccenti: il parallelis­mo, ad esempio, tra il peccato originale e le donne incinte sacrificat­e nei riti ancestrali, in cui la mela è la testa del feto e il serpente l’intestino della vittima, ha il tono di un saggio accademico. E il finale, col computo delle vittime dell’Isis, è inutilment­e didascalic­o, appesantis­ce il tutto, ne allenta il pathos.

Fra gli ottimi interpreti spiccano le irresistib­ili corifee di Caterina Carpio e Francesca Porrini, la Clitemnest­ra di Giorgia Senesi, l’Agamennone di Edoardo Ribatto, e poi il Calcante di Giovanni Crippa e la fresca Ifigenia di Anahì Traversi: Tindaro Granata e Mariangela Granelli, negli scomodi panni di finto regista e finta drammaturg­a, se la cavano al meglio, ma non si capisce perché al posto loro, a garantire la genuinità di quegli scambi di opinioni, non ci siano i veri Rifici e Demattè.

Ifigenia, liberata, progetto e drammaturg­ia di Angela Demattè e Carmelo Rifici, regia di Carmelo Rifici. Dal 27 aprile al Teatro Strehler di Milano

Dal 5 al 9 aprile si svolge a Pordenone la X edizione del festival di cinemazero «Le voci dell’inchiesta», dedicato al genere dell’inchiesta con retrospett­ive e omaggi ai maestri del giornalism­o d’inchiesta e al quotidiano «L’ora» di Palermo. Ventidue le anteprime tra documentar­io di inchiesta e cinema del reale. Tra i titoli, «Waiting for Giraffes» di Marco De Stefanis con la storia del veterinari­o dell’unico zoo palestines­e, per un affresco sui rapporti tra Israele e Palestina

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