Salvare l’Irlanda su un taxi
dei martiri, scritto nel Cinquecento da John Foxe per ricordare e celebrare gli evangelici uccisi dalla monarchia cattolica. L’antipapismo del prete se ne nutre ancora al punto da accusare l’Unione europea d’essere niente altro che una macchinazione del Vaticano.
Meno apodittica e fanatica è la posizione di McGuinness, che ha nel suo passato la responsabilità d’aver fatto morire uomini,
donne e bambini (come del resto la parte protestante, di cui il film ricorda l’orrore del Bloody Sunday). È l’ex combattente – così si dichiara, non terrorista – che sente la necessità di superare l’odio e di trasformarlo in accordo politico. Ma l’altro sembra rifiutare ogni dialogo.
Come se fossero l’uno un gatto e l’altro un topo, ma entram-bi, volta per volta, gatto e topo – bravissimi Spall e Meaney –, i due si studiano, si attaccano, fingono di aprirsi, si chiudono, e poi tornano a studiarsi... Sono politici nel senso radicale e migliore del termine. Sanno entrambi che su quell’auto sono stati messi per tradire la loro gente, come il protestante dice al cattolico. Cioè, per arrivare a un accordo che la loro gente potrebbe giudicare un tradimento. Ma entrambi, anche se in maniera diversa, sanno che è questa un’occasione storica. Sanno che il tradimento vero sarebbe mancarla, e che all’accordo devono arrivare. E sono politici furbi, oltre che grandi. All’accordo arriveranno solo affermando ognuno le proprie ragioni. Soprattutto, senza mai chiedere scusa.
Alla fine, c’è una stretta di mano. Come anni dopo dirà il vero Paisley ringraziando McGuinness, il loro remarkable journey non ha solo salvato molte vite, ma le ha rese migliori. E con la saggezza del Patterson cinematografico possiamo aggiungere che ha consegnato l’uno e l’altro alla storia. %%%%%