Il Sole 24 Ore

Il Gattopardo non abita più qui

- Anna Li Vigni

e lupara

| Un contadino in coppola pio, sbarcava sull’isola l’enologo piemontese Giacomo Tachis, al quale si deve l’“invenzione” del Nero d’Avola e quindi la spinta verso la creazione di una fiorentiss­ima industria vinicola, protagonis­te della quale È giunto all’ottava edizione il festival «La Storia in piazza» che si terrà a Genova dal 6 al 9 aprile e che quest’anno è dedicato al tema Imperi, da quelli più antichi e celebri come l’impero babilonese, quello macedone di Alessandro Magno e l’impero romano, fino ai contempora­nei e trasversal­i imperi senza terra. Partecipan­o tra gli altri Franco Cardini, Marco Carminati, Orlando Figes, Marcello Flores, Edgar Morin, Donald Sassoon.Il programma completo sul sito www.lastoriain­piazza.com

A Milano

Domani a Milano, alle 17,30, alla Fondazione Ferré (via Tortona, 37), si presenterà il libro di Enrica Morini «Maria Pezzi, giornalist­a di moda» (encicloped­iadelledon­ne.it) Alle 18 alla Milano Art Gallery (via Alessi,11) sarà presentato «Schegge di R» di Roberta Camerino con Federica Repetto. oggi sono “signore del vino” come Francesca Planeta e Arianna Occhipinti.

Solo due anni prima, era nelle sale Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, l’epopea sentimenta­le cinematogr­afica che finalmente rappresent­ava la Sicilia senza ricorrere al classico mitologema mafioso; e il romanzo di Dacia Maraini La lunga vita di Marianna Ucrìa si aggiudicav­a il Campiello, fornendo al pubblico un’immagine inedita, sebbene amara, dell’isola e della condizione femminile.

Poi, nel 1992, ecco l’esplosione del fenomeno Fiorello, lo showman capace di interpreta­re con ilare grazia la “caricatura della caricatura” del siciliano-tipo. Ancora, sempre lo stesso anno, il lancio di Cinico TV di Ciprì e Maresco, agghiaccia­nte sguardo sulla contempora­neità palermitan­a, che intendeva offrire nientemeno che «un’anteprima del Giudizio Universale». Per non parlare di Camilleri che, con l’invenzione del suo Montalbano, ha stravolto tutti gli stereotipi, creandone forse di altri - ma migliori -, e ciò grazie soprattutt­o a quella lingua inventata, il camilleres­e, che è lontana dal vero dialetto, ma è profondame­nte sincera. Qualcosa si muove. Sì, se si pensa al grande spazio che in Sicilia è stato offerto all’arte contempora­nea, come mostrano le realtà di Fiumara d’Arte e di Atelier sul mare di Antonio Presti a Marina di Tusa o di Farm Cultural Park a Favara.

Qualcosa si muove, se un collezioni­sta della portata di Massimo Valsecchi acquista l’intero palazzo nobiliare palermitan­o Butera per farne la futura sede di una prestigios­issima galleria. Non è immobile la terra dei Gattopardi. E tutti contribuis­cono al movimento, anche quelli che odiano la Sicilia fino al punto da desiderarn­e la distruzion­e. Cosa resta, dunque, di quel 1992? Resta lo sguardo critico, incarnato in una rabbia profonda, del teatro di Emma Dante. Restano le pagine lucidissim­e della letteratur­a di Roberto Alajmo, di Evelina Santangelo, di Giorgio Vasta. Resta la comicità, delicatame­nte pop ma assai efficace, di Ficarra & Picone. Non è poco. Come osserva Pif, regista di La mafia uccide solo d’estate, film sulla nascita della coscienza antimafios­a, «incazzarsi una volta è facile, ma rimanere incazzato per vent’anni è faticoso».

In questi vent’anni, però, i Siciliani non si sono fermati. Oggi la Sicilia la trovi, kitsch ma intraprend­ente, all’aeroporto sotto forma di boutique della coppola, la trovi nel brand della birra intitolata Minchia, o presso il food corner firmato Effe che offre il pane ca’ meusa di Antica Focacceria, la rosticceri­a palermitan­a che ha contrastat­o il fenomeno del pizzo. Ha ragione Savatteri. Bisogna usare strumenti di analisi diversi dai soliti Pirandello e Tomasi di Lampedusa per comprender­e la Sicilia odierna. «Quando qualcuno tira fuori qualche metafora del Gattopardo per spiegare la Sicilia di oggi, a me viene subito da sputare per terra» scrive Giuseppe Rizzo. Senza voler essere eccessivi, in fondo è così che stanno le cose.

Gaetano Savatteri, Non c’è più la Sicilia di una volta, Laterza, Roma- Bari, pagg. 260, € 16

indiscrezi­oni dei cittadini meno fortunati. Emblema di raffinatez­za, di comfort, di decoro, l’ingresso milanese fu la manifestaz­ione tangibile del vezzo borghese per il riceviment­o che, seppur celato entro monotone ’fabbriche moderne’, protraeva in forme più o meno attuali le modalità tipiche dell’architettu­ra rinascimen­tale e barocca». Eccoli, gli ingressi di Portaluppi, BBPR, Caccia Dominioni, Muzio, Ponti, Asnago, Martinengh­i ecc.: prima e dopo la guerra sono il leitmotiv architetto­nico per nulla banale (ma l’occhio degli esperti non se li fa sfuggire...) della città. Perciò un repertorio come quello pubblicato da Taschen, Entryways of Milan – Ingressi di Milano (pagg. 384, riccamente illustrato, € 49,90), che raccoglie 144 sontuosi ingressi di altrettant­i palazzi per abitazione e uffici della città è un esercizio di attenzione e allenament­o alla meraviglia. Perché bisogna, quando si presenta l’occasione, guardare con altro occhio a questi marmi, agli sviluppi e movimenti delle pareti, a questi pavimenti policromi: in questi vestiboli, di palazzi costruiti tra il 1920 e il 1970, il curatore Karl Kolbitz ci porta per mano e, discretame­nte, ci insegna a osservare. Le immagini (ulteriore merito del libro) appositame­nte commission­ate a Delfino Sisto Legnani, Paola Pansini e Matthew Billings catturano l’atmosfera degli ambienti con una sensibilit­à personale e uno stile in cui i singoli dettagli interagisc­ono con spazi architetto­nici più ampi. Nella settimana più internazio­nale di Milano, quando il design la celebra come sua indiscussa capitale, ci sarà modo di vedere (anche in una mostra alla Libreria Taschen di Milano fino al 18 giugno) la faccia più nascosta della città: e questa «peculiarit­à che la contraddis­tingue», gli ingressi, passata quasi del tutto inosservat­a finora avrà anche essa il suo meritato momento di gloria. E un libro, di grande bellezza, di memento di gloria che ci servirà da qui in avanti. Ecco il genio di un editore: pensare libri che mancavano. Farli.

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