Musei da leccarsi i baffi
Da Bartolini al Mudec a Scabin a Rivoli fino al re cente Myo di Angiolo Barni, quadri e installazioni circondano i piatti
La leadership italiana dei siti artistici è nota , così come quale paese della Bellezza (il Bel Paese) ma forse non è conosciuto il primato italiano dei ristoranti di eccellenza all’interno dei musei. Un medium forse sottovalutato ma in grado di diffondere al viaggiatore straniero la cultura gastronomica made in Italy. Un segno di contaminazione fra i diversi linguaggi della cucina, dell’arte e del design. Una leadership italiana raggiunta negli ultimi anni mentre altrove l’abitudine di pranzare in museo era già in auge da tempo ma sempre con modalità rapide (caffetteria, lunch, fast food).
In Italia, forse per mantenere la fama di Buon Paese dove cibo&vino sono di qualità, si è sviluppato un fenomeno unico che non trova riscontro se non nel Guggheneim di Bilbao. In questo museo basco progettato da Frank Gerhry da diversi anni lo chef dell’interessante ristorante minimalista Nerua è Josean Alija, ai vertici delle hit parade internazionali.Un esempio isolato nel mondo rispetto al panorama italiano dove, soprattutto Milano è all’avanguardia a cominciare dal Museo delle Culture, il Mudec, dove ha aperto il suo primo locale milanese Enrico Bartolini, premiato con 2 stelle ma con altri locali stellati, sparsi per l’Italia (Bergamo, Venezia, Castiglione della Pescaia). Un locale, il Mudec Bartolini, dallo stile classico ed elegante dove Bartolini serve una cucina d’autore tra cui risotto alle rape rosse e salsa gorgonzola fotocopiato in altri molti locali.
Sempre a Milano «La Triennale», istituzione culturale internazionale ospitata all’interno del Palazzo d’Arte (dove è collocato anche il Museo del Design), che produce mostre ed eventi d’arte e di design dispone di una piacevole terrazza da cui si gode una vista inedita della città. Non a caso il ristorante si chiama Terrazza Triennale Osteria con vista il cui chef patron è Stefano Cerveni, patron anche altrove di un locale stellato.
Ancora a Milano, il prestigioso Museo del Novecento, all’interno del Palazzo dell’Arengario, dispone di un locale in stile decò con vista su piazza Duomo, gestito da Giacomo, un marchio molto conosciuto per la storica presenza in città con altri locali, affermati da tempo.
Torino, o meglio il Piemonte, non è da meno perché nel Museo d’Arte contempora-
nea di Rivoli ha trovato spazio uno dei più estrosi e intelligenti chef italiani, Davide Scabin con il suo Combal.0. Ebbene la cucina di Scabin è nota per i suoi piatti originali, frutto di ricerca e creatività che si fondono perfettamente con le opere d’Avanguardia che, prima o dopo cena, si possono ammirare nelle sale del Museo.
A pochi chilometri da Torino, a Venaria, si può ammirare La Reggia, all’interno della quale, al Dolce Stil Nuovo, si può gustare la cucina d’autore dello chef Alfredo Russo. Forse è l’arte che attira come una calamita nei ristoranti dei musei chef che fanno della creatività il loro punto di forza. A Lucca al Center of contemporary art, nel ristorante L’Imbuto, il vulcanico chef Cristiano Tomei serve agli ospiti circondati dalle opere d’arte piatti fantasiosi nell’androne e nelle varie salette del Palazzo Baccella.
Anche Roma ha il suo richiamo gastroartistico nel Palazzo delle Esposizioni dove uno chef di lungo corso, Antonello Col o n n a , d a a n n i a c c o g l i e n e l l ’ Open Colonna , un luogo non luogo polivalente ed eclettico, con una cucina in cui la romanità si sposa con la modernità.
L’ultimo nato nell’abbinamento museocibo è a Prato dove nel nuovo centro per l’arte contemporanea Pecci, trasformato in una navetta semi spaziale dall’olandese Maurice Nio, ha aperto da pochi mesi Myo. In cucina c’è Angiolo Barni, un personaggio cresciuto in una famiglia di panettieri della città che poi ha maturato significative esperienze come cuoco presso ristoranti stellati in Spagna e in Francia prima di aprire locali propri .
Le proposte del suo menu, che ho assaggiato recentemente con piacere, mi hanno colpito per l’equilibrio nei piatti con proposte che hanno il punto di forza nella ricerca accurata della materia prima. Così negli antipasti convivono la battuta di limousine e crostacei salsa di pastinaca alla curcuma e curry, con la tartare di ricciola profumata all’origano, maionese alla bottarga di Cabras (una chicca). I classici tortellini fatti a mano serviti in un brodo ristretto , profumato alla lavanda fanno da contrappeso agli originali ravioli di trippa, salsa di fagioli di San Ginese, scampi spadellati. Poi largo agli animali da cortile: un genere ormai introvabile, a cominciare dalla coscia di faraona arrostita, profumata al lime e pepe di Sarawak. Perfetta la cottura del piccione al forno con salsa di carote.
Questo chef patron così come fa ricerca per gli ingredienti, riversa la stessa passione nei vini da cui ha costruito una carta originale con una particolare attenzione ai cosidetti naturali. Così ho potuto assaggiare un rosso, Vinupetra (I Vigneri), vino mediterraneo di matrice vulcanica di un grande personaggio del mondo del vino, Salvo Foti, poco conosciuto al grande pubblico ma un pioniere dei vini dell’Etna, oggi alla grande ribalta internazionale. Sine qua non
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