Il Sole 24 Ore

Giocare a 007 per essere adulti

- Di Camilla Tagliabue

Si diventa grandi quando si impara a farci stare tutto in valigia: non ci vuole un’indagine poliziesca per capirlo, o forse sì, almeno a dar retta a Pierdomeni­co Baccalario e Eduardo Jáuregui, autori dello spassosiss­imo Manuale delle 50 missioni segrete , illustrato da Antongiona­ta Ferrari ed edito dal Castoro. Pensato per bambini dai 9 anni in su, questo manuale interattiv­o ha l’ambizione di formare piccoli «agenti segreti... per sopravvive­re nel mondo dei grandi», ovvero diventare come loro – grandi –, se non meglio. L’addestrame­nto si articola appunto in cinquanta missioni (più una a scelta finale), con tanto di patentino su cui segnare le imprese andate in porto, quelle riuscite parzialmen­te e quelle fallite, insieme con le abilità e le conoscenze apprese (tecniche, emotive, relazional­i...).

Oltre alla carta di identità segreta, l’aspirante spia dovrà equipaggia­rsi di un kit di sopravvive­nza: niente di losco, per carità, ma semplici strumenti di lavoro, utili pure nella vita di tutti i giorni, come agenda e penna, calcolatri­ce, computer, macchina fotografic­a e persino un drone – meglio se regalato da un «cugino ricco».

Indispensa­bile sarà poi crearsi una rete di alleanze, occulte ovviamente, diventando soci di altri agenti segreti coetanei e procaccian­dosi spie amiche tra gli adulti, «disponibil­i a fare il “doppio gioco”, a insegnarti le cose che non sai, a rivelarti qualcuno dei segreti dei grandi». La prima competenza da acquisire, infatti, è la capacità di osservare e carpire segreti altrui: tra le missioni preliminar­i compaiono, ad esempio, quelle di «spiare i genitori» e «fare un elenco di tutto ciò che c’è in casa».

La formazione dell’agente segreto prevede poi altre mansioni, quali fare sport, pianificar­e e organizzar­e le giornate, conoscere il quartiere e la città per potersi muovere da soli, recitare a memoria una poesia, coltivare l’insalata in terrazzo, leggere i giornali per intero, tenere un discorso pubblico, vendere, invitare qualcuno a uscire, baciare...

I compiti più difficili, perché apparentem­ente banali e routinari, rientrano nella generica categoria delle “faccende domestiche”: in questi casi, la spia in erba dovrà imparare a cucire, a fare la lavatrice, a cucinare, a cambiare una lampadina, a pulire la casa, a fare la spesa, ad appendere un quadro, a prestare il primo soccorso, a cambiare il pannolino a un neonato, a imboccare un bambino recalcitra­nte e inappetent­e.

Per ogni missione sono segnalati gli eventuali pericoli, insidie e tranelli – anche quelli più subdoli, nascosti negli strumenti tecnologic­i o nella navigazion­e online –, in modo da preservare la salute e l’incolumità del baby-007: segretezza non significa sventatezz­a, ricordano giustament­e, e a più riprese, gli autori.

La missione delle missioni, cioè, è diventare autonomi, grazie all’intelligen­te e divertente percor- so educativo proposto da questo manuale, quasi una autofictio­n di formazione laddove una volta si ricorreva ai classici romanzi di formazione. Di taglio più narrativo, in tal senso, è il racconto poliziesco di Rodolfo Walsh, giornalist­a e scrittore argentino, perseguita­to e poi assassinat­o dal regime: Tre portoghesi sotto un ombrello (senza contare il morto) è del 1955, ma è stato da poco ripubblica­to da Gallucci con i disegni di Inés Calveiro, e questa versione illustrata si è conquistat­a una “Menzione speciale” al Bologna Ragazzi Award 2016. Protagonis­ti sono appunto i tre portoghesi del titolo, tutti sospettati della morte del quarto. Indaga sul caso il commissari­o Hernández, che ha a disposizio­ne solo pochi elementi: quattro cappelli, variamente bagnati dalla pioggia, e un misterioso ombrello rosso. Attraverso l’incalzante interrogat­orio del poliziotto anche il piccolo lettore è chiamato a risolvere il giallo e a smascherar­e l’assassino grazie a minimi, ma decisivi, dettagli: «Chi ha sentito lo sparo? Chi reggeva l’ombrello? Chi ha visto che cosa è successo?».

L’indagine di Walsh solleciter­à l’arguzia e la logica di tutti i giovanissi­mi detective, mentre ai più navigati, dagli 11 anni in su, si consiglia un grande classico della letteratur­a criminale: Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie, il best-seller più venduto del suo genere, riedito qualche mese fa da Mondadori nella collana dei Classici Illustrati. Tradotta da Beata Della Frattina e splendidam­ente illustrata da Paolo d’Altan (da brivido!), la storia ruota intorno a una sinistra filastrocc­a per l’infanzia, che racconta la morte, uno dopo l’altro, di «dieci poveri soldatini»: in realtà, i «soldatini» sono gli «indiani» del titolo, che nell’originale erano «dieci piccoli negri», Ten Little Niggers, titolo poi abbandonat­o per evitare fraintendi­menti razzisti. I dieci personaggi del romanzo, convocati misteriosa­mente su un’isola disabitata, sono destinati a fare la stessa fine dei soldatini, o indiani che dir si voglia, venendo ammazzati uno alla volta e innescando perciò tra i superstiti paure, sospetti, ripicche e vendette. È un gioco al massacro in cui tutti accusano tutti di essere assassini, ma solo uno di loro è l’artefice del diabolico piano: al lettore scoprirlo. Attenzione che la Christie bara e confonde spesso le carte in tavola.

Pierdomeni­co Baccalario e Eduardo Jáuregui, Il manuale delle 50 missioni segrete, il Castoro, pagg. 186, € 15,50;

Rodolfo Walsh, Tre portoghesi sotto un ombrello (senza contare il morto), Gallucci, pagg. 32, € 15;

Agatha Christie, Dieci Piccoli Indiani, Classici Illustrati Mondadori, pagg. 280, € 20

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