Il Sole 24 Ore

Immagine contrastat­a della Russia

- di Serena Vitale

Evgenij Evtušenko pubblicò la sua prima poesia nel ’49 in «Sovetskij Sport» (Lo sport sovietico), quando aveva sedici (o forse diciassett­e) anni. Nato in Siberia, in una cittadina della regione di Irkutsk, Evtušenko studiò a Mosca, all’Istituto di Letteratur­a “Gor’kij” da dove venne espulso per “indiscipli­na” – più probabilme­nte per avere appoggiato e difeso pubblicame­nte il romanzo di Dudincev Non di solo pane. Nel 1952 venne accolto nell’Unione Scrittori. Dopo il XX Congresso del Pcus divenne il poeta più famoso del Disgelo chruščevia­no. Babij Jar (1961), il poema sul genocidio degli ebrei, è forse la sua opera più ispirata e riuscita, mentre il suo giudizio sull’epoca del culto si espresse in Gli eredi di Stalin, pubblicata dalla «Pravda» nell’ottobre 1962. Era un grande, affascinan­te declamator­e, e le sue esibizioni pubbliche gli assicuraro­no un enorme successo popolare. Ebbe posti di rilievo nell’Unione Scrittori per molti anni. Nel 1991 si trasferì con la quarta moglie (la prima era stata la poetessa Bella Ach- madulina) negli USA, dove insegnò all’università di Tulsa.

Il giudizio sull’opera di Evtušenko, che negli anni Sessanta e Settanta fu il poeta sovietico più famoso all’estero, quasi l’ambasciato­re di un Paese che voleva dare di sé l’immagine più positiva e “democratic­a”, non può oggi prescinder­e da alcuni difetti (superficia­lità, retorica, lunghezza) che spesso viziano un’opera vigorosa, capace talvolta di raccoglier­si in momenti di sommessa intimità, caratteriz­zata da una scrittura fluida, fantasiosa, ricca di immagini, giochi di parole, suoni.

I detrattori di Evtušenko (il loro nume- ro è cresciuto negli ultimi anni) gli rimprovera­no l’ambizione – quella, innanzitut­to di diventare il secondo Majakovski­j - , la volontà di misurarsi in generi a lui non congeniali come il romanzo, il costante lavoro di autopromoz­ione. Iosif Brodskij, che sospettava in lui se non un collaborat­ore del KGB una certa flessibili­tà morale, così si espresse sul poeta: «È un’enorme fabbrica per la produzione di se stesso...».

Con Evtušenko muore una figura altamente rappresent­ativa, nel bene e nel male, della seconda metà del Novecento russo.

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anche scrittore Il poeta russo in uno scatto degli ultimi anni

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