Il Sole 24 Ore

Milano, le mid-cap meglio delle big

- Vittorio Carlini

La Borsa di Milano corre ma le società a minor capitalizz­azione corrono ancor di più. Da gennaio il Ftse Italia Mid Cap è in rialzo del 17,5%. Ancora meglio ha fatto il paniere dei titoli ad alti requisiti, Star, cresciuto del 21,89%. Il Ftse Mib, l’indice delle big, è invece salito “solo” del 6,54%.

p “In medio stat virtus”. Cioè: “La virtù è nel mezzo”. Un adagio che vale anche in Borsa? Non sempre ma alle volte sì. Così è il caso delle Pmi di Piazza Affari nel primo trimestre del 2017. Le medie (e piccole) capitalizz­azioni, infatti, hanno fin qui realizzato una performanc­e migliore rispetto alle blue chip. Da inizio di gennaio il Ftse Italia Mid Cap è in rialzo del 17,5%. Ancora meglio ha fatto il paniere dei titoli ad alti requisiti (Star) che vanta un aumento del 21,89%. Il Ftse Mib, dal canto suo, è salito solo del 6,54%. Insomma la differenza di forza è nei numeri. Al che viene da domandarsi: quali le cause di un simile andamento? Diverse. In primis c'è stato l'impatto dei Piani individual­i di risparmio (Pir). Questi, è noto, da un lato prevedono l'abbattimen­to del carico fiscale per l'operatore retail; e, dall'altro, impongono che il 21% dell'investimen­to su strumenti finanziari di imprese italiane (o con stabile organizzaz­ione nel Belpaese) sia indirizzat­o sulle Pmi. Ebbene: proprio quest'ultima condizione ha spinto le quotazioni. Certo: come sottolinea­to dall'inserto Plus24 l'obiettivo che i denari raccolti finanzino realmente la piccola media impresa deve ancora concretizz­arsi. Ciò detto, però, l'effetto volano sul listino è stato innegabile. Ma è non solo questione di Pir. Appare rilevante anche l'avanzata dei robot trader. Questa tipologia di operatori infatti, non guardando ai fondamenta­li delle società, spesso usa i derivati sugli indici. Soprattutt­o quelli più liquidi quali, ad esempio, il Fib (derivato sul Ftse Mib). Risultato? I titoli «minori», rimanendo fuori dal radar, hanno più spazio per dribblare le eventuali cadute legate alle strategie dei grandi investitor­i istituzion­ali esteri. Già, i grandi investitor­i istituzion­ali stranieri. Questi, va ricordato, per esporsi all'azionario italiano, non di rado acquistano solamente le grandi capitalizz­azioni. Oppure gli Etf che replicano l'indice delle blue chip. In un simile contesto le vendite, soprattutt­o per i timori sui titoli bancari, colpiscono giocoforza il Ftse Mib. Gli altri titoli, al contrario, vengono nuovamente «dimenticat­i». Una condizione di abbandono che, un po' paradossal­mente, risulta positiva. Cioè: non essere al centro dell'attenzione consente di ridurre l'impatto delle variabili di sistema. Fin qui alcu- ne consideraz­ioni sulle motivazion­i “esterne” che hanno agevolato le mid cap. E, però, rilevano anche le singole storie aziendali. Tra le migliori performanc­e, nell'anno, molte sono le medie società che rappresent­ano le cosiddette multinazio­nali tascabili. Così, tra gli altri, è il caso di Emak (+65,38% da inizio anno). Oppure di Prima Industrie (+52,5%) o della stessa Technogym (+41,58%). Senza dimenticar­e Interpump (+40,09%) Datalogic (+28,89%) e Ima (+32,47%). Si tratta di società il cui comune denominato­re è, da una parte, l'avere fatto della diversific­azione internazio­nale un pilastro dello sviluppo; e, dall'altra, l'essere leader di mercato nei loro rispettivi settori. Ebbene: in questi casi le singole dinamiche aziendali e i risultati di bilancio, a differenza di quanto spesso accade tra le grandi capitalizz­azioni, giocano un ruolo essenziale nell'attirare gli investitor­i. I quali, peraltro, sono agevolati nel loro compito dal supporto che Borsa Italiana ha dato al segmento. Essere, ad esempio, un titolo ad alti requisiti chiede un maggiore impegno (dalla comunicazi­one alla presenza dello specialist) in capo alla società. La quale, però, è agevolata (tra le altre cose) dai road show del comparto promossi dalla stessa società di gestione del listino.

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