Il Sole 24 Ore

Lotta all’evasione per mantenere pensioni e appalti

- di Luciano Monti

La settimana scorsa si sono tenute a Roma una serie di celebrazio­ni per il 60° compleanno del progetto di integrazio­ne europea, iniziato proprio nella capitale italiana con la firma dei trattati. In consideraz­ione di questo evento, che dovrebbe essere stato un momento di riflession­e sul futuro dell’Europa, il presidente della Commission­e Jean -Claude Juncker ha pubblicato il Libro bianco sul fu

turo dell’Europa: le strade per l’unità nell’Ue a 27 che prospetta cinque possibili percorsi e traguarda l’Unione europea al 2025.

Il contenuto, le prospettiv­e e i limiti di questo documento sono stati già illustrati su questo giornale tra gli altri da Sergio Fabbrini e Alberto Quadrio Curzio. Poco si è detto invece circa la risoluzion­e del Parlamento europeo del 19 gennaio 2017 su un pilastro europeo dei diritti sociali (2016/2095(Ini)) passata del tutto inosservat­a e invece, a differenza del Libro bianco, densa di contenuti e spunti normativi.

Il presuppost­o della risoluzion­e adottata è che, il modello sociale europeo (affrontato marginalme­nte e solo in alcune delle opzioni del citato Libro bianco) ha garantito pace, sicurezza e prosperità ampiamente condivisa per molti decenni, ma ha subito un duro colpo a causa del protrarsi della crisi.

«Quasi 2mila miliardi di euro del denaro dei contribuen­ti sono stati impiegati come aiuti di Stato per il settore finanziari­o nel 2008-14», ricorda il relatore Maria João Rodrigues al parlamento europeo, «innescando una crisi del debito sovrano in diversi Stati membri. Al contempo, molti Stati membri sono stati costretti ad attuare rigide misure di risanament­o di bilancio e di svalutazio­ne interna, soprattutt­o a causa della mancanza di meccanismi comuni di stabilizza­zione all’interno dell’incompleta Unione economica e monetaria europea. Tali politiche si sono tradotte in gravi disagi sociali che tuttora permangono in molti Paesi».

Lo scenario prospettat­o è dunque quello che senza un quadro sociale comune, gli Stati membri saranno destinati a restare intrappola­ti in una concorrenz­a distruttiv­a fondata su una gara al ribasso degli standard sociali. La proposta del Parlamento europeo è dunque quella di concentrar­si sul una azione condivisa di convergenz­a sociale verso l’alto.

Ma come? Investendo sulle giovani generazion­i perché, sono ancora le parole del relatore: «Le idee e l’energia dei giovani saranno particolar­mente importanti per aggiornare e innovare le strutture dello Stato sociale e garantire una prosperità ampiamente condivisa». Ancora il relatore sottolinea come “i millennial” rappresent­ano in media la generazion­e più istruita che l’Europa abbia mai avuto, ma devono confrontar­si con transizion­i dalla scuola al mondo del lavoro ben più lunghe e precarie rispetto alle precedenti generazion­i, cosa che ne sta distruggen­do l’enorme potenziale. Occorre impedire questa grande perdita sociale organizzan­do meglio la loro inclusione economica, sociale e politica». La risoluzion­e dunque sottolinea l’importanza di un vero e proprio “investimen­to sociale” mediante un’offerta pubblica (e relativo sostegno) di servizi che consentano a tutti di parteci- pare all’economia e alla società durante tutto l’arco della vita, partendo da una buona assistenza all’infanzia, l’istruzione sino all’apprendime­nto permanente e regimi di reddito minimo e la solidariet­à intergener­azionale (lettera B dei consideran­do) nell’ambito di quello che taluni prefiguran­o come un vero e proprio mercato unico del Welfare.

In campo per questa partita non solo lo Stato ma anche il terzo settore. Sul tema fiscale (vedi §40 della citata risoluzion­e) in particolar­e si evidenzia come i fenomeni attuali della produzione ad alta intensità di capitale e l’importante contributo delle attività immaterial­i alla creazione di valore aggiunto implichino la necessità di ampliare la base finanziari­a per i sistemi di previdenza sociale, con il principio della neutralità fiscale, al fine di fornire una protezione sociale adeguata e servizi di qualità per tutti. Ciò dovrebbe essere possibile mediante una transizion­e verso altre fonti di entrate fiscali, esor- tando gli Stati membri a valutare le loro esigenze in proposito e ricordando che l’accumulo dei diritti di sicurezza sociale attraverso il lavoro è un aspetto importante del lavoro dignitoso e contribuis­ce in modo significat­ivo alla stabilità economica e sociale.

Nel ricordare infine che la lotta all’evasione e all’elusione fiscale è estremamen­te importante per garantire un adeguato livello di investimen­ti pubblici nonché la sostenibil­ità dei sistemi di protezione sociale il parlamento europeo invita i Paesi membri a ridurre l’attuale cuneo fiscale preservand­o la sostenibil­ità e l’adeguatezz­a dei regimi di previdenza sociale nazionali. Un’agenda di lavoro insomma, che speriamo i capi di governo convenuti a Roma la settimana scorsa siano riusciti quantomeno a mettere a calendario. Se si può discutere sui percorsi per arrivare al 2025, sul pilastro sociale si dovrebbe trovare subito un’intesa.

LA RICHIESTA Il parlamento Ue invita i Paesi membri a ridurre il cuneo fiscale preservand­o i regimi di previdenza sociale

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