Regole e deroghe da Roma a Bruxelles
Regole e deroghe. Una prassi che ben conosciamo, abituati come siamo a individuare nelle pieghe della legislazione di casa nostra tutti i possibili varchi interpretativi. Il punto è che questa prassi sembra affermarsi anche a Bruxelles. Regole scolpite nelle tavole dell’armamentario tecnico/giuridico che guida scelte e raccomandazioni di politica economica rivolte a tutti i Paesi membri, che poi vengono inevitabilmente reinterpretate in sede politica e “derogate”, appunto.
Un caso che ci investe direttamente, ora che il Governo sta per approvare il Documento di economia e finanza e il Piano nazionale di riforma. Va benissimo la flessibilità di cui peraltro il nostro paese ha già fruito per 19 miliardi nel biennio 2015/2016, cui vanno ad aggiungersi circa 7 miliardi per l’anno in corso. E pare sacrosanto anche avviare una discussione su ulteriori margini da spuntare nel 2018, nel confuso intreccio di parametri contabili comunque da rivedere: deficit strutturale, deficit nominale, calcolo del Pil potenziale e rispetto della regola del debito, tanto per citarne alcuni.
Il punto è che bisognerebbe avere il coraggio e la volontà politica di cambiarle, quelle regole, evitando così di farle diventare materia di defatigante trattativa su qualche decimale in più o in meno di flessibilità. Fino a che non si metterà mano seriamente a una modifica del set di regole definito per gran parte negli anni della grande crisi (dal Fiscal compact, al Six Pack e al Two Pack), fino a spingersi a rivedere anche i famosi parametri di Maastricht, ci troveremo tra breve nuovamente a fare i conti con numeri e stime macroeconomiche inevitabilmente ad alto tasso di variabilità, anche perché basati su scenari in progress. Il tutto andrà ricalibrato in settembre, quando si comincerà a definire l’ossatura della prossima manovra di bilancio.
Già, ma allora non ha molto senso che in maggio la Commissione Ue si pronunci sui conti pubblici del nostro Paese (brandendo l’arma della procedura per disavanzo eccessivo, motivato dal mancato rispetto della “regola del debito”), quando appare chiaro fin d’ora che occorrerà trattare nuovamente sul percorso di riduzione del deficit strutturale.