Il Sole 24 Ore

Regole e deroghe da Roma a Bruxelles

- Dino Pesole

Il paradosso è che ora Bruxelles impone all’Italia una correzione dello 0,2% del Pil, quando è già sostanzial­mente scritto che il tragitto previsto dalle regole europee (un taglio di almeno lo 0,5% del Pil l’anno fino al raggiungim­ento del pareggio) non potrà essere rispettato, perché richiedere­bbe in ottobre una manovra correttiva sui saldi di almeno 20 miliardi.

Un’altra deroga all’orizzonte? Probabilme­nte si, ma la Commission­e Ue potrà comunque presentare in maggio ai riottosi governi rigoristi europei (Germania in testa) il “prezioso” esito del negoziato in atto con Roma da mesi: la correzione di 3,4 miliardi che il Governo varerà a metà di questo mese di aprile. Il tutto pur mantenendo una qualche riserva sull’esito della flessibili­tà già concessa, in particolar­e attraverso la clausola sugli investimen­ti.

Spostiamo l’attenzione sull’Iva. È la stessa commission­e Ue a sollecitar­e da tempo il trasferime­nto del prelievo dai fattori produttivi ai consumi. L’occasione è offerta dalle prossime clausole di salvaguard­ia: 19,6 miliardi sotto forma di incremento di Iva e accise, pronti a scattare dal prossimo anno. Aumenti che il Governo (come peraltro già avvenuto nel 2015 e 2016) intende disinnesca­re. Ma il problema è che per evitare l’aumento dell’Iva occorrerà mettere in campo nuovamente l’arma del maggior deficit. Dunque non più l’1,2% previsto dalla Nota di aggiorname­nto del Def del settembre 2016, ma l’1,82%, fermo restando che andranno comunque individuat­e ulteriori risorse compensati­ve per finanziare gli interventi “espansivi” in agenda, a partire dal taglio del costo del lavoro. Vi è dunque da attendersi un altro, acceso round negoziale tra Roma e Bruxelles. Tanto varrebbe riconoscer­e che quei parametri (in primis il deficit struttural­e) andrebbero rivisti per cedere il passo a nuovi e più manovrabil­i indicatori (ad esempio l’andamento della spesa). L’istruttori­a avviata in anno fa all’Ecofin informale di Amsterdam è tuttora ferma ai blocchi di partenza.

Nel menu della manovra 2018 rispunta anche il dossier delle agevolazio­ni fiscali. Il taglio selettivo rispetto alle attuali 444 tax

è stato finora regolarmen­te rinviato a tempi migliori. Ma in questo caso, l’Europa c’entra poco. Se non fosse che per verificarn­e l’impatto, la Commission­e Ue applica il criterio del “sistema fiscale vigente”, valutando se ciascuna spesa fiscale rappresent­i o meno un elemento di carattere struttural­e. Per il Governo è sempliceme­nte uno degli addendi possibili della prossima manovra. Gli 80 concessi dal governo Renzi ai redditi medio-bassi sono classifica­ti peraltro come maggiori spese e non come minori entrate. Non sarà giunto il momento di semplifica­re drasticame­nte tutta questa complessa architettu­ra contabile europea?

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