Orologi e gioielli: Rolex al top in Italia
Le filiali dei gruppi stranier i nel nostro Paese arr ivano a 1,534 miliardi di r icavi Studio Pambianco: tra i rivenditori svetta Fratelli Pisa di Milano
sa quale arbiter elegantiarum abbia per primo decretato che «l’orologio è l’unico gioiello concesso a un uomo». Se è vero che l’Italia è il punto di riferimento dell’eleganza e dello stile, maschile forse ancora più che femminile, i dati di vendita di orologi confermano che nel nostro Paese gli uomini prendono molto sul serio quella massima.
Secondo i dati raccolti ed elaborati da Pambianco Strategie d’Impresa, le 15 principali filiali italiane dei gruppi stranieri di orologi e gioielli nel 2015 hanno raggiunto un fatturato di 1,534 miliardi, in crescita del 20,3% rispetto al 2014. «Per i dati 2016 occorre aspettare i bilanci consolidati, ma è ragionevole pensare che ci sia stata una crescita a una cifra – spiega David Pambianco –. Sia al Sihh di Ginevra sia a Baselworld (la più importante manifestazione europea di settore, che si è chiusa venerdì scorso, ndr) si respirava un cauto ottimismo».
Le aziende considerate da Pambianco sono, in ordine di fatturato: Rolex, Richemont, Pando-
ra, Swarovski, Patek Philippe, gruppo Swatch, Tiffany, Audemars Piguet, Fossil, Montblanc, Chopard, Lvmh, Citizen, Festina e Timex. Dei primi tre, a registrare la crescita maggiore è stata l’azienda danese Pandora, che nel 2016 (si veda Il Sole 24 Ore del 27 marzo) ha continuato a correre, superando i 200 milioni di fatturato. Pandora, che alcuni chiamano “lo Zara dei gioielli”, non produce però orologi, mentre Rolex fa solo quelli (oltre al marchio omonimo possiede Tudor, che assorbe circa il 5% dei ricavi) e ha un fatturato, solo in Italia, più che doppio.
Ragionamento analogo per Richemont, che tra i brand di punta ha Cartier e VanCleef&Arpels, molto forti nella parte gioielli. Bisogna arrivare al quinto posto di Patek Philippe per trovare un’altra maison specializzata solo in orologi, ma i ricavi (107 milioni) sono meno di un quarto di quelli di Rolex (446 milioni), anche se sono cresciuti di più (+15,5% contro l’11%). «Con Patek siamo nell’alto di gamma, i prezzi partono da circa 10mila euro, il doppio di Rolex – nota David Pambianco –. Un’ulteriore dimostrazione di quanto sia sofisticato il mercato italiano. Molte vendite vengono sicuramente fatte a turisti o clienti stranieri, ma gli italiani restano tra i più attenti consumatori e conoscitori di alta orologeria».
Un quadro confermato dai dati sull’export di orologi svizzeri, che valgono circa il 90% del mercato globale dell’alto di gamma: l’Italia è sempre tra i primi dieci mercati. Ma è anche in controtendenza: nel 2015 le esportazioni di orologi made in Swiss erano scese, complessivamente, del 3,3% a 21,5 miliardi di franchi (calo arrivato al 9,9% nel 2016). Il nostro Paese, come dimostrano le performance di Rolex, Patek e Audemars (tutti marchi che vendono solo orologi) è però una sorta di isola felice.
Tra i marchi italiani di orologi e gioielli, i primi tre sono Stroili Oro (262 milioni), Morellato (162) e Damiani (155 milioni). Tenendo conto che Stroili nello scorso anno è passato a un gruppo francese, in testa c’è ora Morellato (si veda anche Moda24 del 24 marzo).
Dal quarto al decimo posto ci sono Uno-A-Erre, Pomellato, Asolo Gold, Crivelli, Chrysos, Roberto Coin e Marco Bicego, per un fatturato complessivo 2015 di 1,173 miliardi, cresciuto del 3,7% sul 2014. Interessante pure la classifica elaborata da Pambianco sui rivenditori di settore: l’Italia è famosa per avere i migliori “multimarca” di orologi e collezionisti di tutto il mondo visitano i negozi più noti di Milano e Roma. Non stupisce quindi che al primo posto ci sia Fratelli Pisa, che nel 2015 ha visto i ricavi salire del 42,6% a 74 milioni. Seguono Hausmann e Luigi Verga, con 49 e 33 milioni di fatturato.