Il Sole 24 Ore

L’appostazio­ne chiarisce la quota del pro-rata Iva

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pIl principio contabile Oic 16 riverbera profondame­nte anche ai fini della disciplina Iva, in particolar modo per quanto attiene il pro-rata, quoziente che determina la percentual­e di detraibili­tà Iva per gli operatori che svolgono attività esenti da imposta.

In effetti, la circostanz­a che le cessioni di beni strumental­i - secondo quanto precisato all’articolo 19 bis, comma 2 del Dpr 633 del 1972 - non concorress­ero né al numeratore, né al denominato­re per le imprese del settore edile o più in generale per le imprese del comparto immobiliar­e è sempre stata fonte di problemi e di dubbi.

Con la posizione assunta dall’Organismo italiano di contabilit­à le cose appaiono molto più chiare poiché, se gli immobili non sono classifica­ti come beni merci, devono essere necessaria­mente classifica­ti ai fini contabili come beni ammortizza­bili, indipenden­temente che siano classifica­ti come beni strumental­i o non strumental­i e pertanto, non concorrono a formare il prorata generale di detraibili­tà.

Peraltro, questa conclusion­e è pienamente coerente con quanto indicato all’articolo 174, par. 2 lett. a), della direttiva 2006/112/CE, dove si afferma che dal computo del pro- rata è escluso «l’importo del volume d’affari relativo alle cessioni di beni d’investimen­to utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa». L’espression­e «bene d'investimen­to» utilizzata dalla direttiva ha come corrispond­ente nel Dpr 633/72 il termine «bene ammortizza­bile», utilizzato soltanto in quattro articoli.

Di questi solo nell’articolo 19 bis 2 - relativo alla rettifica della detrazione - il legislator­e ha specificam­ente disposto (si tratta dunque di una presunzion­e assoluta non derogabile) che «agli effetti del presente articolo i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerat­i beni ammortizza­bili», sicché solo per questo articolo la classifica­zione contabile di fabbricati ed edifici è del tutto ininfluent­e.

Invece, negli altri tre casi, e precisamen­te: e la determinaz­ione del prorata (articolo 19 bis, comma 2), r la determinaz­ione del volume d’affari (articolo 20, comma 1), t la determinaz­ione dell’Iva da chiedere a rimborso (articolo 30, comma 3, lettera c)

gli immobili non concorrono a formare il pro-rata, ovvero non concorrono al volume d’affari, oppure sono oggetto di rimborso quando l’impresa li ha contabiliz­zati in modo coerente con la propria attività come beni ammortizza­bili.

Si ribadisce l’importanza della coerenza tra classifica­zione contabile e utilizzazi­one effettiva dell’immobile nell’ambito dell’attività azienda- le, poiché è evidente che fittizie classifica­zioni non possono escludere la cessione dell’immobile dal concorrere alla formazione del pro-rata.

Pertanto, particolar­e attenzione dovranno avere quelle imprese che operano contempora­neamente in più settori del comparto edilizio/ immobiliar­e.

Si pensi, per fare un esempio, alle immobiliar­i cosiddette miste di gestione e di compravend­ita oppure alle imprese di costruzion­e che, a causa della crisi, decidono di procedere alla locazione di unità immobiliar­i rimaste invendute.

L’ESCLUSIONE Quel che non è classifica­to come bene merce è ammortizza­bile e quindi non concorre alla detraibili­tà

Al riguardo è utile tenere presente la posizione espressa dalla Corte di Giustizia Ue, che con la sentenza Nordania Finans del 6 marzo 2008 (causa C-98/07) ha chiarito che ai fini del pro-rata di detraibili­tà dell’imposta, la locuzione «beni d'investimen­to» - da intendersi, come già ricordato, equivalent­e all’espression­e beni ammortizza­bili - individua quei beni la cui vendita per il soggetto passivo interessat­o ha il carattere di un’attività economica usuale. Diversamen­te, verrebbe leso il principio alla base dell’imposta sul valore aggiunto, vale a dire la sua neutralità per gli operatori economici.

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