Rimborso Iva, basta la dichiarazione
In linea con la Corte Ue, nonostante l’omissione del modello VR entro il biennio, l’eccedenza va restituita Dieci anni per l’istanza se l’importo è inserito in Unico - Ufficio condannato alle spese
pP er il diritto al rimborso dell’Iva è sufficiente riportare il credito nella dichiarazione. La presentazione del modello VR – in aggiunta all’indicazione in dichiarazione, per i rimborsi fino al periodo d’imposta 2009 – oltre il termine biennale di decadenza (articolo 21, comma 2, Dlgs 546/92) non legittima il diniego del rimborso. Sul punto, infatti, si applica il termine decennale (articolo 2946 del Codice civile). Così si è espressa la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna con la sentenza 136/11/2017 (presidente Mancini, relatore Morlini).
Il caso
La vicenda riguarda la storia di un contribuente che, evidenziata l’eccedenza Iva nel rigo RX4 di Unico 2007 (riferito al 2006), ometteva di presentare l’istanza (modello VR), adempimento eseguito solo nel 2011 e, quindi, dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 21 del Dlgs 546/92.
La tesi dell’agenzia delle Entrate, secondo cui il comportamento del contribuente precluderebbe l’erogazione del credito, è disattesa dai giudici d’appello.
La Ctr, riprendendo alcuni precedenti della Corte di cassazione (fra le altre, sono richiamate la recente sentenza 19115/2016 e la più risalente 20039/2011), affermano che, ai fini del rimborso, è sufficiente la manifestazione di volontà contenuta nella dichiarazione annuale.
La presentazione del modello VR, infatti, rappresenta solo «un presupposto per l’esigibilità del credito» ed è, dunque, soggetta al più lungo termine prescrizionale (decennale) del Codice civile.
Il principio
Questo risultato interpretativo, del resto, è «pienamente armonico» con i principi fissati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale (nelle cause C-95-96/07 e C-590/13, citate dai giudici bolognesi) afferma l’intangibilità del principio di neutralità dell’imposta, di cui il diritto alla detrazione e quello al rimborso sono elementi fondamentali. E si tratta, di conseguenza, di principio che non può essere messo in discussione per l’inosservanza di
alcuni obblighi formali.
La condanna alle spese
Qualche ulteriore considerazione merita l’affermazione dei giudici secondo cui, a convalidare la decisione assunta, soccorre «l’ormai pacifica giurisprudenza di legittimità, consolidatasi in proposito da almeno anni» e che la Commissione tributaria pone alla base della scelta di condannare l’ufficio alle spese di lite.
In effetti, se è vero che l’orientamento favorevole alle ragioni dei contribuenti appare in via di consolidamento, è altresì vero che non mancano arresti di segno contrario, anche relativamente recenti (ordinanze da 6775 a 6778 e 6782 del 2014).
Inoltre, se le
indicazioni 7 Il sistema comune dell’Iva è volto a garantire la piena neutralità dell’imposizione fiscale delle attività economiche soggette a imposta. È necessario che il soggetto passivo possa esercitare il diritto alla detrazione del tributo. Il rimborso dell’eccedenza a credito consegue direttamente a quello di detrazione, così che il diniego del rimborso finisce per tradursi nella negazione del diritto di detrarre, in violazione del principio di neutralità. della stessa amministrazione finanziaria (si veda la risposta all’interrogazione parlamentare 5-05400/2015), secondo cui la gestione delle controversie in materia doVRà essere adeguata all’evoluzione giurisprudenziale pro-contribuente, sono disattese dagli uffici periferici (come dimostra la sentenza in esame), è probabilmente da ritenere che i tempi siano più che maturi per una pronuncia definitiva da parte della Cassazione che, a Sezioni unite, chiuda finalmente l’annosa questione.