Il Sole 24 Ore

Sanzioni proporzion­ate per chi non paga i pedaggi autostrada­li

- Marina Castellane­ta

Le sanzioni applicate per la violazione del pagamento del pedaggio di un’autostrada non possono essere di entità identica per ogni tipo di infrazione. Le autorità nazionali, per rispettare il diritto Ue, devono tenere conto della natura e della gravità dell’infrazione anche se possono fissare forme di responsabi­lità oggettiva.

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 22 marzo (C-497/15 e C-498/15), precisa la corretta interpreta­zione della direttiva 1999/62 sulla tassazione a carico di autoveicol­i pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrut­ture, modificata dalla 2011/76, fornendo importanti chiariment­i applicabil­i in tutti gli Stati per i pedaggi stradali e le sanzioni previste.

Nel primo caso, un’impresa stabilita in Ungheria aveva predispost­o il pagamento del pedaggio per un veicolo adibito al trasporto di merci, ma il conducente aveva commesso un errore, superato l’uscita prevista e percorso un tragitto che comportava un altro titolo di pedaggio. Vicenda analoga per la causa C-498/15. Le autorità amministra­tive nazionali avevano imposto il pagamento di una sanzione di circa 500 euro. Le imprese avevano impugnato i provvedime­nti e il giudice nazionale ha chiesto alla Corte Ue di chiarire la portata dell’articolo 9 della direttiva che affida agli Stati la determinaz­ione del regime sanzionato­rio.

La norma in esame si limita a chiedere agli Stati che le sanzioni siano effettive, proporzion­ate e dissuasive, con l’obiettivo di consentire la piena attuazione delle regole. Nodo centrale è, quindi, la compatibil­ità dei sistemi sanzionato­ri nazionali, se il regime è forfettari­o e basato sulla responsabi­lità oggettiva.

In primo luogo, secondo la Corte, un regime sanzionato­rio nazionale che impone sanzioni forfettari­e per tutte le infrazioni, senza considerar­e la natura e la gravità delle violazioni, contrasta con il requisito della proporzion­alità. I giudici con base in Lussemburg­o riconoscon­o che gli Stati godono di autonomia nella scelta delle sanzioni, ma precisano che la competenza e la discrezion­alità dei Paesi membri va esercitata alla luce dei principi generali e nel rispetto del principio cardine, ossia quello di propoziona­lità. Ciò vuol dire che le sanzioni «non devono eccedere i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguime­nto degli scopi legittimam­ente perseguiti», eventualme­nte ricorrendo alla misura meno pesante.

Di conseguenz­a, un sistema che non tiene conto della gravità delle infrazioni, ma prevede un importo fisso ,non è conforme al principio di proporzion­alità. Nel caso di specie, il regime sanzionato­rio era sì dissuasivo ed effettivo, ma non in linea con il principio di proporzion­alità, proprio a causa dell’assenza di gradazione dell’importo.

Chiarito che, nel caso il cui le multe sono fisse e automatich­e, sotto il profilo del livello delle sanzioni non è rispettata la direttiva, la Corte è passata a valutare la conformità del regime di responsabi­lità oggettiva con l’atto Ue. Di per sé – osservano gli eurogiudic­i - l’introduzio­ne di un regime di responsabi­lità oggettiva non è incompatib­ile con la direttiva se punta a «incoraggia­re i soggetti interessat­i a rispettare le disposizio­ni di un regolament­o e se gli obiettivi perseguiti rivestono un interesse generale», ma lo diventa se le sanzioni sono sproporzio­nate e perdono di vista la tipologia di infrazione.

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